ITTICOLTURA - uso legittimo del territorio agricolo TAR 26/3/2014
T.A.R. Lombardia Brescia, Sezione II, 26 marzo 2014 n. 304
FATTO E DIRITTO
1. Il responsabile del SUAP Destra Secchia, operando per conto del Comune di Sustinente, ha rilasciato al controinteressato Alberto Basaglia, titolare dell’omonima azienda agricola, il permesso di costruire n. 42 del 7 settembre 2006 per la realizzazione di un allevamento ittico, destinato anche alla pesca sportiva, da localizzare su un terreno (mappale n. 58) a ridosso del Canal Bianco. Il Comune aveva espresso parere favorevole sul progetto con nota del responsabile del Servizio Tecnico del 7 giugno 2006 (peraltro con la precisazione che il titolo edilizio doveva rimanere condizionatamente sospeso in attesa dell’autorizzazione regionale alla commercializzazione degli inerti). Parere favorevole era stato espresso anche dalla ASL Distretto di Ostiglia con nota del 1 settembre 2006.
2. Il progetto prevede la realizzazione di un bacino trapezoidale, al centro del quale sono posizionate venti gabbie (5x10x5 metri) contenenti il pesce da allevare (tinca, storione, pesce gatto italiano, pesce gatto americano, persico-spigola, persico-trota, carpa, carpa erbivora). L’intervento comporta lo scavo di una superficie pari a 32.259 mq per una profondità di circa 12 metri, con l’asporto di 289.289 mc di inerti in tre anni (96.430 mc/anno). Dell’effettuazione dello scavo e della commercializzazione del materiale il controinteressato ha incaricato la ditta Sortini Franco e Marco srl. Il Comune con deliberazione giuntale n. 80 del 18 ottobre 2006 ha approvato lo schema di convenzione con tale ditta ai sensi dell’art. 15 della LR 8 agosto 1998 n. 14. Nella convenzione viene precisato in particolare il corrispettivo (secondo le tariffe stabilite dal consiglio regionale) che la ditta cavatrice si impegna a versare al Comune per le opere di ripristino ambientale. Lo schema di convenzione è stato poi modificato tramite deliberazione giuntale n. 30 del 2 maggio 2007, la quale ha individuato come contraente non più la ditta Sortini Franco e Marco srl ma direttamente il controinteressato Alberto Basaglia.
3. La commercializzazione del materiale derivante dall’attività di scavo è stata autorizzata dal responsabile dell’UO Attività Estrattive della Regione ai sensi dell’art. 36 comma 3 della LR 14/1998, con decreto n. 5393 del 24 maggio 2007, sulla base del parere favorevole del Comitato tecnico consultivo regionale per le attività estrattive del 5 aprile 2007 (in tale riunione la Provincia di Mantova si è pronunciata in senso negativo).
4. Contro i provvedimenti sopra indicati la Provincia di Mantova ha presentato impugnazione con atto notificato il 2 agosto 2007 e depositato il 30 agosto 2007, integrato da motivi aggiunti notificati il 14 novembre 2007 e depositati il 19 dicembre 2007. Le censure sono così sintetizzabili: (i) difetto di motivazione circa il rilievo e le conseguenze del progetto sul territorio circostante; (ii) sviamento, in quanto i costi di gestione di un allevamento come quello proposto dal controinteressato sono molto elevati, circostanza da cui si può desumere che il vero interesse economico dell’intervento è collegato alla commercializzazione del materiale scavato; (iii) difetto di istruttoria, in quanto non sarebbe stato valutato l’impatto dell’opera sul sistema idraulico della zona, e in particolare sul vicino canale Fissero-Tartaro (parte iniziale del Canal Bianco), che partecipa all’allontanamento della portata in esubero dei laghi di Mantova; (iv) ancora difetto di istruttoria, in relazione all’eccessiva pendenza delle scarpate (45°). Oltre all’annullamento degli atti impugnati è stato chiesto il risarcimento del danno in forma specifica o, in subordine, per equivalente (valore commerciale del materiale scavato).
5. Il Comune e il controinteressato Alberto Basaglia si sono costituiti in giudizio, eccependo l’inammissibilità e la tardività del ricorso e chiedendone la reiezione nel merito.
6. Questo TAR con ordinanza cautelare n. 177 del 22 febbraio 2008 ha sospeso i provvedimenti impugnati.
7. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:
Relativamente alle eccezioni preliminari
(a) per quanto riguarda la legittimazione attiva, si osserva che la Provincia può certamente contrastare iniziative di altri enti pubblici che interferiscano con la tutela ambientale e dell’assetto idrogeologico rimessa alla competenza provinciale. Si tratta della prosecuzione sul piano processuale delle funzioni svolte dalla Provincia sia attraverso la pianificazione urbanistica (l’art. 15 comma 3 della LR 11 marzo 2005 n. 12 attribuisce al PTCP la definizione dell'assetto idrogeologico del territorio) sia nelle specifiche procedure di autorizzazione (in particolare, la Provincia partecipa ai lavori del Comitato tecnico consultivo regionale per le attività estrattive quando quest’ultimo è chiamato a pronunciarsi sulla commercializzazione degli inerti);
(b) circa l’asserita tardività del ricorso rispetto alla data di conoscenza del permesso di costruire da parte della Provincia (9 novembre 2006) si osserva che il titolo edilizio è divenuto efficace, e dunque lesivo, solo dopo l’autorizzazione regionale alla commercializzazione degli inerti (24 maggio 2007), essendovi un’espressa condizione in questo senso (riprodotta anche nella convenzione stipulata tra il Comune e il controinteressato in data 30 giugno 2007 – v. art. 1 secondo paragrafo). L’interesse all’impugnazione è quindi sorto per la Provincia solo una volta ricevuta copia dell’autorizzazione regionale (14 settembre 2007). Di conseguenza, devono ritenersi tempestivi tanto il ricorso introduttivo quanto i motivi aggiunti;
Sull’inquadramento urbanistico
(c) l’attività di itticoltura, che rientra nell’ambito delle attività agricole descritte dall’art. 2135 comma 2 del codice civile, costituisce un uso legittimo del territorio agricolo;
(d) poiché la superficie interessata dall’intervento è classificata in zona agricola, sussistono sia la conformità urbanistica sia la compatibilità con la disciplina del PTCP. Non vengono in rilievo profili paesistici ex art. 142 comma 1-c del Dlgs. 22 gennaio 2004 n. 42, in quanto il bacino è progettato a oltre 150 metri dal Canal Bianco (canale Fissero-Tartaro);
Sul significato economico dell’intervento
(e) la vicenda in esame è caratterizzata dalla presenza di un’attività collaterale, di grande interesse economico, quale la commercializzazione in tre anni di 289.289 mc di inerti derivanti dallo scavo del bacino. Almeno nella fase iniziale è evidente che l’attività estrattiva è destinata a sovrastare economicamente quella agricola. In particolare, la Provincia stima in € 867.858 il ricavo complessivo della commercializzazione degli inerti, e in soli 15.000 €/anno l’utile dell’allevamento ittico. Per quest’ultimo la relazione del veterinario Giancarlo Mezzani del 30 marzo 2006, allegata alla richiesta di permesso di costruire, indica un importo quasi corrispondente (produzione lorda vendibile pari a 100.000 €/anno e spese di produzione stimabili in 80.000 €/anno, esclusi i costi di ripopolamento);
(f) la sproporzione esistente tra le utilità economiche dell’attività accessoria e di quella principale non costituisce però da sola un indice univoco di sviamento. La realizzazione del bacino è infatti un presupposto necessario per l’itticoltura, e lo sfruttamento commerciale del materiale scavato è un’utilità consequenziale del tutto lecita. Nell’equilibrio economico dell’intera operazione i proventi della commercializzazione degli inerti possono rivelarsi un elemento essenziale, in quanto coprono i costi dello scavo e della sistemazione del bacino, oltre alle spese iniziali della gestione. Per dare una base oggettiva al sospetto di sviamento sarebbe necessario dimostrare che lo scavo è stato progettato in dimensioni eccessive rispetto alle normali esigenze di un allevamento ittico;
(g) nello specifico, tuttavia, la relazione del veterinario allegata alla richiesta di permesso di costruire spiega che con un ricambio idrico di almeno 10 litri/sec in un bacino di circa 300.000 mc è possibile la produzione di 250 quintali di pesce all’anno. Questo quantitativo è ottenibile con gabbie aventi dimensioni di 5x10 metri e profonde 5 metri, da ancorare a mezz’acqua. La massa d’acqua disponibile consente una buona diluizione del mangime e dei cataboliti dei pesci, rendendo necessari interventi di manutenzione ambientale (in particolare contro l’eutrofizzazione) solo in un arco temporale abbastanza ampio (7-8 anni). Non sembra quindi, almeno sulla base dei dati disponibili, che vi sia un disegno imprenditoriale fittizio, il cui solo scopo sarebbe di fornire una giustificazione a uno scavo sproporzionato;
(h) è vero che vi sono altri modelli di allevamento ittico, come evidenziato dalla Provincia, nei quali le dimensioni delle gabbie sono minori e anche la profondità del bacino è ridotta. Questi bacini richiedono però normalmente la presenza di sistemi meccanici di ricircolo e di ossigenazione dell’acqua, il che aumenta i costi di gestione. Si tratta dunque di valutare la convenienza economica di ciascun modello di impresa, ma non è possibile affermare con certezza che un allevamento ittico basato su una grande massa d’acqua sia a priori un’opzione antieconomica e dunque sospetta;
Sulle questioni idrogeologiche e ambientali
(i) la grande quantità di acqua interessata dall’allevamento ittico rende però evidente la fondatezza della tesi della Provincia, nella parte in cui sottolinea la mancanza di approfondimenti circa le possibili interferenze del bacino sull’equilibrio idrogeologico e ambientale della zona;
(j) il bacino si trova infatti a poco più di 150 metri dall’idrovia del Canal Bianco, la quale costituisce uno degli elementi di regolazione del livello dei laghi di Mantova. In casi analoghi riguardanti il territorio della Provincia di Mantova questo TAR ha già sottolineato la necessità di un’attenta valutazione delle conseguenze che un nuovo bacino potrebbe avere sulla rete idrica (v. sentenze n. 426 del 29 gennaio 2010, e n. 521 del 2 febbraio 2010);
(k) occorre dare atto che alla richiesta di permesso di costruire il controinteressato ha allegato lo studio del geologo Marco Mantovani (marzo 2006), nel quale è esposta un approfondita descrizione geologica e idrogeologica dell’area, compresa la verifica della stabilità delle scarpate. Nello studio si afferma, tra l’altro, che la falda non risulta regolata dalle escursioni idrometriche dei corsi d’acqua (naturali e artificiali) situati nelle vicinanze, e che l’acqua destinata al bacino è idonea allo scopo, in quanto priva degli inquinanti normalmente utilizzati come presidi sanitari in agricoltura per la coltivazione di riso e mais. Un’ulteriore perizia del medesimo geologo (gennaio 2008), prodotta in corso di causa, esclude la possibilità di fenomeni di sifonamento tra il bacino e il Canal Bianco, in quanto il bacino sarebbe protetto da strati di materiale impermeabile e la falda resterebbe alimentata da sud mediante perdite di subalveo del Po;
(l) la vicinanza del Canal Bianco avrebbe però imposto fin dall’inizio l’effettuazione di studi specifici sulle interferenze tra la depressione creata dal bacino e il funzionamento di questa via d’acqua, sia sotto il profilo della sicurezza idraulica del deflusso delle piene dai laghi di Mantova, sia per quanto riguarda gli sversamenti di acque inquinate provenienti dal Canal Bianco. Studi mirati erano poi necessari con riferimento al rischio che il bacino possa costituire una via di diffusione degli inquinanti. Occorre sottolineare in proposito che l’intero territorio del Comune di Sustinente è stato classificato tra le aree vulnerabili ai sensi dell’art. 92 comma 4 del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152 a causa dell’esposizione a nitrati di origine agricola (v. DGR 11 ottobre 2006 n. 8/3297). Le integrazioni alla documentazione tecnica prodotte dal controinteressato in corso di causa non sono ancora sufficienti a coprire l’intero spettro delle analisi indispensabili per consentire una valutazione completa delle conseguenze negative dell’inserimento del bacino nel contesto idrografico e ambientale;
(m) benché la Regione abbia approvato solo successivamente alla proposizione del ricorso una disciplina organica delle valutazioni idrogeologiche e ambientali necessarie ai fini dell’autorizzazione di bacini idrici (per irrigazione, itticoltura, pesca sportiva) in aree agricole (v. DGR 30 dicembre 2008 n. 8/8830), l’analisi della sostenibilità dell’intervento sotto questi profili era certamente necessaria anche in precedenza, e doveva essere condotta sulla base dei criteri tecnici comunemente accettati e delle migliori tecniche disponibili.
Conclusioni
8. Il ricorso deve quindi essere accolto, con il conseguente annullamento degli atti impugnati. Tale pronuncia è per sé satisfattiva dell’interesse della Provincia, e non richiede ulteriori precisazioni circa il risarcimento in forma specifica. Deve poi essere respinta la domanda di risarcimento per equivalente, sia perché non sono stati evidenziati da parte della Provincia profili di danno patrimoniale, sia in considerazione della tempestività della pronuncia cautelare sospensiva.
9. Tenuto conto della complessità delle valutazioni in materia di tutela idrogeologica e ambientale, nonché della circostanza che le direttive regionali sono successive ai fatti di causa, appare ragionevole la compensazione integrale delle spese di giudizio.
10. Il contributo unificato è a carico dell’amministrazione soccombente, e quindi del Comune, ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando:
(a) accoglie il ricorso e conseguentemente annulla gli atti impugnati;
(b) respinge la domanda di risarcimento;
(c) compensa integralmente le spese di giudizio;
(d) dichiara che il contributo unificato è a carico del Comune.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Stefano Tenca, Consigliere