PREAVVISO di rigetto ILLEGITTIMO se usato per integrazioni
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sezione I , 27 maggio 2014 n. 231
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FATTO
La società Immobiliare Limbara S.r.l. impugna gli atti in epigrafe indicati con i quali la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia si è pronunciata in senso contrario rispetto alla realizzazione di uno stabilimento balneare, articolato due lotti per complessivi mq. 14.800, lungo il litorale di Grado.
La società ricorrente, invero, è titolare di concessione demaniale di un tratto di arenile sul quale intende esercitare la suvvista attività economica: a tal fine chiedeva all’Amministrazione comunale l’autorizzazione stagionale all’installazione temporanea dei necessari impianti (consistenti in chioschi destinati a bar, servizi igienici, locale soccorso, spogliatoio, deposito di sdraio ed ombrelloni).
Il Comune di Grado si esprimeva favorevolmente, pur dettando prescrizioni: trattandosi, tuttavia, di intervento edilizio su area assoggettata a vincolo paesaggistico, il progetto veniva sottoposto alla valutazione della competente Soprintendenza per il rilascio del necessario parere.
L’Organo statale, di contro, inviava all’interessata preavviso di rigetto ai sensi dell’articolo 10 bis L. n. 241/1990, per carenza documentale e fotografica che rendeva incomprensibile il progetto. Ottenuta la richiesta integrazione da parte dell’interessata, la Soprintendenza emetteva il parere negativo qui impugnato, motivato con la rilevata incompatibilità dei manufatti progettati rispetto al contesto paesaggistico di pregio nel quale avrebbero dovuto inserirsi.
Avverso il suvvisto atto la società Immobiliare Limbara S.r.l. deduce tre motivi di impugnazione, e precisamente:
I^) la violazione degli articoli 1 e 2 D.P.R. n. 139/2010, per avere la Soprintendenza seguito nel caso di specie il procedimento autorizzatorio ordinario, in luogo di quello semplificato previsto, tra le altre, per le attrezzature amovibili destinate all’attività turistica, imponendo all’interessata un aggravamento istruttorio (la già ricordata integrazione documentale) non necessario;
II^) la violazione dell’articolo 4 del “Regolamento di semplificazione”, per avere la Soprintendenza chiesto l’integrazione documentale (non necessaria) con il preavviso di rigetto ex articolo 10 bis L. n. 241/1990 al solo scopo di interrompere il termine di conclusione del procedimento, e per non aver indicato nel predetto preavviso le ragioni dell’incompatibilità ambientale dedotte a fondamento del successivo parere negativo;
III^) l’eccesso di potere per travisamento degli atti, carenza di istruttoria e di motivazione, perplessità, illogicità manifesta, violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, per aver sostenuto la Soprintendenza nell’atto finale che all’esito dell’intervenuta integrazione documentale non risultavano superate le ragioni ostative manifestate nel preavviso di rigetto, il quale, di contro, sul punto tace, e ancora per non aver considerato la Soprintendenza che i progettati chioschi avrebbero occupato una porzione pari al 2‰ della superficie dello stabilimento balneare, che sarebbero stati collocati in prossimità della zona verde che delimita la spiaggia, che non sono difformi rispetto a quelli degli altri stabilimenti balneari del litorale di Grado, e che erano già stati autorizzati (essendo di seconda mano) per la spiaggia di Sisitiana.
Resiste con controricorso l’Amministrazione statale, la quale, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, chiede il rigetto del ricorso avversario. In particolare, evidenzia parte resistente come i chioschi per cui è causa inizialmente fossero stati collocati anche in assenza di un pronunciamento da parte della Soprintendenza a causa dell’erronea convinzione da parte del Comune di Grado che si trattasse di intervento non assoggettato ad autorizzazione paesaggistica. Questa situazione aveva determinato un mutamento dello stato dei luoghi che ha reso imprescindibile l’integrazione documentale, sicché solo all’esame delle nuove produzioni era stato possibile all’Organo statale di pronunciarsi con piena cognizione del dato fattuale.
La società Immobiliare Limbara S.r.l. formulava, unitamente alla domanda di annullamento, quella di sospensione cautelare degli atti impugnati: la tutela interinale è stata concessa da questo Tribunale.
All’udienza in data odierna la causa è trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Con riferimento al primo motivo di impugnazione, il Collegio concorda con la difesa di parte ricorrente. L’intervento edilizio che la società ricorrente intende realizzare sulla porzione di arenile di cui è concessionaria rientra indubbiamente tra quelli per i quali opera la procedura semplificata di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica disciplinata dal D.P.R. n. 139/2010, e segnatamente tra quelli individuati al punto 39 dell’Allegato al precitato regolamento, ovverosia «Strutture stagionali non permanenti collegate ad attività turistiche, sportive o del tempo libero, da considerare come attrezzature amovibili».
Irrilevante al riguardo risulta la circostanza dedotta dalla difesa erariale dell’intervenuto mutamento non autorizzato dello stato dei luoghi, mutamento che avrebbe reso impossibile alla Soprintendenza una valutazione del progetto in assenza della richiesta integrazione documentale. Tale esigenza, invero, avrebbe dovuto trovare soddisfacimento all’interno del perimetro tracciato dalla norma regolamentare di semplificazione, potendo l’Amministrazione statale pretendere esclusivamente la produzione della documentazione di cui all’articolo 2 D.P.R. n. 139/2010, e non anche di quella prevista per il rilascio in via ordinaria del parere di cui all’articolo 146 D.Lgs. n. 42/2004, o comunque quella indicata in proprie circolari.
Tale ingiustificato aggravamento procedurale ha determinato il superamento dei termini per la conclusione del relativo sub-procedimento (la domanda del Comune di Grado alla Soprintendenza per il rilascio del parere di competenza è stata ricevuta in data 16.10.2013, il parere negativo della Soprintendenza è stato reso in data 21.11.2013). Il che, tuttavia, non determina la consumazione del potere dell’Amministrazione di provvedere, ma giusta quanto dispone l’articolo 4, comma 9, D.P.R. n. 139/2010, configura silenzio-inadempimento e può tutt’al più rilevare ai fini risarcitori e/o indennitari.
In tale quadro, deve riconoscersi, in accoglimento anche del secondo motivo di impugnazione, che lo strumento della comunicazione dei motivi ostativi al rilascio del parere favorevole (che pure deve essere contenuto nel termine di cui all’articolo l’articolo 4, comma 8, del precitato Regolamento di semplificazione) non poteva essere utilizzato dalla Soprintendenza per chiedere all’interessata l’integrazione documentale. Fermo restando quel che si è detto in precedenza sull’estensione di tale potere da parte dell’Amministrazione statale, proprio l’assenza di sufficienti elementi di valutazione avrebbe dovuto impedire alla Soprintendenza di esprimersi – sia pure sotto forma di preavviso – sull’istanza presentata dalla società Immobiliare Limbara S.r.l.. Solo all’esame della nuova produzione documentale, l’Amministrazione resistente avrebbe potuto, se del caso, emettere preavviso di rigetto, esternando le ragioni di merito ostative dell’accoglimento dell’istanza del privato, e consentendo all’interessato di interloquire sul punto.
Invece, il preavviso di rigetto si è limitato a lamentare una carenza di documentazione, mentre il provvedimento finale ha motivato in ordine alla non compatibilità del progettato intervento rispetto al contesto paesaggistico. Tale macroscopica difformità di motivazione tra il preavviso di rigetto ed il provvedimento finale finisce per frustrare le finalità partecipative e di confronto che il preavviso è finalizzato a realizzare, e rende il parere negativo impugnato illegittimo (in questo senso si vedano T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. I^, sentenza n. 861/2013; T.A.R. Campania – Salerno, Sez. II^, sentenza n. 1950/2011).
Il che peraltro è tanto più vero quando, come nella fattispecie concreta che questo Collegio è chiamato ad esaminare, il potere esercitato dall’Amministrazione sia connotato da un ampio grado di discrezionalità, per cui l’apporto partecipativo dell’interessato può assumere un’importanza determinante.
Per converso, proprio la natura altamente discrezionale del parere soprintendentizio non consente l’accoglimento del terzo motivo di impugnazione, nella parte si risolve nella richiesta a questo Giudice di sostituire, in ragione degli elementi fattuali offerti all’esame (dimensione dei chioschi, percentuale della superficie coperta rispetto all’area in concessione, materiali utilizzati, collocazione, esistenza di altri finitimi stabilimenti balneari), la propria valutazione a quella della Soprintendenza.
Non vi è dubbio che quegli elementi dovevano poter essere inseriti nell’istruttoria procedimentale e poter per tale via divenire oggetto di apprezzamento da parte dell’Organo tenuto alla tutela paesaggistica. Ma questo significa solamente che il provvedimento impugnato è illegittimo per aver impedito il verificarsi di tale eventualità, e non anche per non aver valutato tali elementi nel senso cui aspira la società ricorrente.
Così come non assurge a vizio di legittimità la circostanza, pure dedotta dalla ricorrente, che i manufatti che si intendono installare sulla spiaggia di Grado erano già stati collocati in passato sulla spiaggia di Sistiana, non competendo a questo Giudice la comparazione tra i due siti. Spetterà semmai alla Soprintendenza, in ipotesi di riedizione del potere, dare ampia motivazione su tutti questi aspetti.
In definitiva, il ricorso viene accolto e per l’effetto viene annullato il parere negativo prot. 15.034/34.19.07 del 21.11.2013.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione resistente a rifondere alla società ricorrente le spese del giudizio, che liquida in complessivi €uro 3.000,00, oltre agli accessori di legge, e a rimborsare il contributo unificato, nella misura effettivamente versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore