Il caso è questo ...
In un locale fino a marzo 2013 è stata svolta una attività di vendita non alimentare, nella fattispecie una profumeria.
A maggio 2014 - dopo oltre un anno di chiusura - viene aperta una gelateria, e in questo locale viene dichiarata sia una attività di vendita che una attività produttiva (artigianale) vera e propria.
Sottolineo come nel [u]medesimo locale[/u], dove avviene l'accesso del pubblico, vi è la macchina per la produzione del gelato (il cosiddetto Trittico) che svolge tutte le funzioni di miscelatura, pastorizzazione e mantecatura e dalla quale si estrae il prodotto finito, il tutto alla presenza dei clienti (e spesso dei loro cagnolini).
Viene presentato regolarmente il Modello A, con tutte le dichiarazioni circa il possesso dei requisiti di destinazione d'uso, igienici e quant'altro.
Questi locali sono attualmente a destinazione C/1 - Negozi e botteghe.
Non viene presentata alcuna pratica di cambio di destinazione d'uso, non ottenibile perché i locali non presentano i requisiti previsti (soprattutto per altezze e aeroilluminanti).
E' possibile che Comune ed ASL considerino la nuova attività (commerciale ed anche produttiva) una specie di prosecuzione della precedente - cosa non vera in quanto vi è stata soluzione di continuità nell'esercizio per oltre 13 mesi - e quindi ritengano che, esattamente come capita nei casi di subentro Modello B, non rilevino eventuali carenza urbanistiche e sanitarie?
Non solo la nuova attività è diversa, riguardando ora la vendita di prodotti alimentari, ma soprattutto vi è anche una attività produttiva, sempre nel settore alimentare, che richiederebbe una particolare attenzione dal punto di vista della tutela igienico-sanitaria.
A me sembra che questa interpretazione faccia acqua da tutte le parti.
Seguendo il ragionamento dei due enti a questo punto - nelle medesime circostanze - verrebbe considerato subentro addirittura l'apertura di un bar, che pur essendo a tutti gli effetti un nuovo esercizio, verrebbe esercitato senza il rispetto dei vigenti requisiti igienico-sanitari.
Che ne pensate? Sbaglio?
Difficile rispondere non conoscendo la realtà.
Da quanto scrivi prima c'era un esercizio di vicinato.
Ora è stata aperta un'attività artigianale con annessa vendita al pubblico.
Salvo diversa disposizione urbanistica tale attività ben può essere svolta in aree destinate al commerciale in quanto di "produttivo" ha ben poco...
La destinazione catastale rileva poco.
Sotto il profilo igienico sanitario la questione è più delicata, ma i requisiti in termini di antibagno/bagno e servizi igienici ad uso del personale poco cambiano tra negozio e gelateria. Se poi si usa una macchina a ciclo chiuso...
Nel caso della somministrazione dubito che ASL sorvoli sul secondo servizio igienico...
Ma come in premessa, senza aver visto la documentazione e il locale...
... Difficile rispondere non conoscendo la realtà ...[/quote]
Facciamo un piccolo passo alla volta ...
Il subentro ... cosa si intende per SUBENTRO?
stando al ModelloB direi [i]compravendita, affitto azienda, successione, fusione e ipotesi simili[/i].
Di norma, in presenza di un [u]reale ed effettivo[/u] subentro, l'ASL non richiede al subentrante il rispetto dei requisiti igienici sanitari vigenti al momento del subentro.
Il ragionamento mi pare corretto: se prima l'esercizio era autorizzato in base alle precedenti normative urbanistiche ed igienico-sanitarie, sarebbe oltremodo penalizzante richiedere al subentrante un adeguamento per il successivo verificarsi di un evento, a volte (successione) nemmeno volontario, con il rischio della chiusura dell'esercizio in caso di impossibilità ad adempiere.
L'apertura invece di un esercizio di vicinato senza che vi sia stato un effettivo subentro - nel caso di specie dopo oltre un anno che il precedente esercizio ha definitivamente chiuso (non si tratta di sospensione) e quindi con soluzione di continuità nell'esercizio dell'attività - darebbe diritto al subentrante di non rispettare i vigenti requisiti urbanistici e igienico-sanitari richiesti per le nuove attività per il solo fatto che prima i locali erano autorizzati?
Se anche le attività fossero identiche direi di no.
Non essendo previsto dalla norma un termine massimo che permetta la riapertura senza il rispetto dei vincoli vigenti, potrebbe capitare il caso di un locale, magari una cantina umida e buia, in cui risultando storicamente ai tempi di Garibaldi l'esercizio di una attività (addirittura un ristorante), si dovrebbe riconoscere il diritto all'apertura in qualsiasi condizione urbanistica e igienica.
A maggior ragione se le due attività sono diverse per tiptologia merceologica, non alimentare prima, alimentare dopo, dove in gioco vi sono interessi di tutela della salute pubblica.
Se poi all'esercizio di vicinato subentra un [u]laboratorio artigiano[/u] - perché di fatto l'attività commerciale denunciata non è una vera e propria attività commerciale in quanto ciò che viene venduto è il solo prodotto (gelato) dell'attività artigiana (non si applicherebbe nemmeno il D.Lvo 114/1998) - ritengo che il rispetto dei vigenti requisiti debba assolutamente essere preteso.
Che ne pensi?
Forse mi sono espresso male, ma non ho mai detto che la nuova attività può essere avviata in assenza dei requisiti oggettivi di legge.
Ho solo detto che, in generale, bastano pochi accorgimenti per adeguare un esercizio di vicinato e renderlo idoneo all'esercizio dell'attività artigianale, soprattutto quando ci sono macchinari a ciclo praticamente chiuso.
Ciò premesso il tuo ragionamento è corretto: un conto è il subentro (trasferimento oggettivo tramite atto pubblico), un' altro la nuova apertura.
Se a tuo avviso l'attività è svolta in carenza/assenza dei requisiti di legge puoi segnalare il tutto alle autorità competenti.
Mi inserisco per una serie di considerazioni:
- La destinazione d'uso di un locale ancorché compatibile non giustifica l'utilizzo del medesimo allo svolgimento di una attività in assenza dei requisiti igienico sanitari;
- L'autorizzazione in deroga all'utilizzo viene rilasciata dall'ASL solo per locali interrati o seminterrati se le lavorazioni non danno luogo ad emissioni di agenti nocivi, se sono rispettate le norme del D. Lgs 81/2008 e se sono assicurate le idonee condizioni di aerazione, illuminazione e microclima;
- L'ASL e il Comune, anche nei confronti di attività esistenti, possono sempre richiedere adeguamenti igienico sanitari laddove siano giustificati e purchè siano ragionevolmente realizzabili;
- Rispetto al quesito, come diceva Alberto Valenti, ritengo che mancando continuità con le attività precedenti, l'avvio di una nuova attività può essere esercitata solo nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa sia sotto il profilo urbanistico che igienico sanitario.
... Se a tuo avviso l'attività è svolta in carenza/assenza dei requisiti di legge puoi segnalare il tutto alle autorità competenti.
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... ritengo che mancando continuità con le attività precedenti, l'avvio di una nuova attività può essere esercitata solo nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa sia sotto il profilo urbanistico che igienico sanitario.[/quote]
Il problema è che le due autorità ci sentono poco. Sembra infatti sia stato rilasciato un improvvido parere preventivo favorevole.
Volevo sapere se la mia posizione, che mi pare condividiate, possa essere supportata da qualche riferimento normativo o giurisprudenziale.
Se avete qualche spunto ...
E' sufficiente verificare che siano state rispettate le disposizioni del Regolamento Locale di Igiene. Se esiste un parere preventivo scritto dovrebbe essere supportato da una norma specifica.
riferimento id:19949
Se a tuo avviso l'attività è svolta in carenza/assenza dei requisiti di legge puoi segnalare il tutto alle autorità competenti.[/quote]
... Rispetto al quesito, come diceva Alberto Valenti, ritengo che mancando continuità con le attività precedenti, l'avvio di una nuova attività può essere esercitata solo nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa sia sotto il profilo urbanistico che igienico sanitario.[/quote]
Fatte le segnalazioni ed arrivata la risposta dalla Comunità Montana - ove ha sede lo SUAP - che cito testualmente:
"In riscontro nota del 09.07.2014 si comunica che le Autorità proposte ai controlli ed alle verifiche igienico sanitarie e urbanistiche non hanno segnalato a questo SUAP irregolarità relativamente alla SCIA presentata dal sig. *******, per la produzione e vendita di gelato in *******, via *******".
A voler essere polemici, un conto è dire che "le Autorità proposte [u]non hanno segnalato a questo SUAP irregolarità[/u] ..."
altro sarebbe stato dire che "le Autorità proposte [u]hanno segnalato a questo SUAP la regolarità[/u] ..."
Pare tanto un tentativo pararsi il didietro ...
Comunque, partiamo dal presupposto che le false dichiarazioni del privato concernenti la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge o dagli strumenti urbanistici, essendo destinate a dimostrare la verità dei fatti cui si riferiscono e ad essere "recepite" quali condizioni per la emanazione o per l'efficacia dell'atto pubblico, producendo cioè immediati effetti rilevanti sul piano giuridico, sono idonee ad integrare, se ideologicamente false, il delitto di cui all'art. 483 c.p. [Cass. pen., Sez. V, n. 5122 del 193.12.2005].
A questo punto la responsabilità di una Pratica SCIA incompleta, ma soprattutto per la quale è stata segnalata una falsità ideologica è contestabile al Responsabile Suap? al Comune? all'Asl?
Mi riferisco all'omessa denuncia di reato ex art. 361 cod.pen.
"Fatte le segnalazioni"...significa che sono state presentate ufficialmente al SUAP, al Comune ad all'ASL? Ognuno risponde per le proprie competenze, naturalmente se messi a conoscenza delle presunte irregolarità.
riferimento id:19949
"Fatte le segnalazioni"...significa che sono state presentate ufficialmente al SUAP, al Comune ad all'ASL? Ognuno risponde per le proprie competenze, naturalmente se messi a conoscenza delle presunte irregolarità.[/quote]
Certo ... ho depositato presso ogni Amministrazione [u]originale[/u] della segnalazione.
Ma Mi meraviglia non poco questa prima risposta dello SUAP che, [u]a distanza di 9 giorni[/u], mi dice di non aver ricevuto segnalazioni di irregolarità da parte degli altri Enti.
Sembra quasi voglia intendere di aver avuto comunicazione ufficiale da Asl e Comune.
Altrimenti perché rispondermi così?
Poteva benissimo dire "Questo SUAP non rileva, per quanto di competenza, irregolarità nella documentazione presentata".
Che poi se la smazzassero Comune ed Asl. Boh?
Mi accodo dicendo che è un esercizio inquadrato come "artigianato di servizio" (gelateria, calzolaio, pizzeria al taglio, orafo, ecc) e come tale è equiparabile ad un commerciale puro. Il carico urbanistico è lo stesso e identica è la compatibilità urbanistica in quanto sono attività a servzio dell'abitato. Qualora il comune imponesse un cambio d'uso sarebbe un cambio d'uso in semplice comunicazione e gratuito.
Per svolgere l'attività di produzione gelato e vendita diretta occorre una notifica sanitaria ex reg. Ce 852/2004 e il rispetto dei principi di cui allo stesso regolamento comunitario. I regolamenti di igiene comunali non sono altro che linee guida. Tutto dipende dall'effettivo ciclo produttivo. Se la macchina per il gelato assicura delle condizioni di igiene e un bassimo rischio allora va bene anche un mini laboratorio come quello di specie.