“LE AUTORIZZAZIONI PAESAGGISTICHE ED IL PROCEDIMENTO SUAP” di Pippo Sciscioli*
La materia delle autorizzazioni paesaggistiche di cui al D.Lgs.42/04 e ss.mm.ii. si arricchisce di un nuovo contributo della giurisprudenza in ordine ai compiti della Soprintendenza per i Beni Artistici ed il Paesaggio ed al suo ruolo nella conferenza di servizi ex art.5 DPR 447/98 e ss.mm.ii. avente ad oggetto l’esame dei progetti edilizi per la costruzione di fabbricati industriali in variante agli strumenti urbanistici.
La suddetta disposizione normativa, infatti, che sarà a breve sostituita da quella contenuta nell’art.8 del recente D.P.R.160/10, stabilisce infatti che, se viene presentato al Comune un progetto per la costruzione di un impianto industriale in zona urbanisticamente difforme ed il territorio comunale non dispone di aree compatibili o non ne dispone in misura sufficiente per accogliere il nuovo insediamento, il responsabile del Suap può convocare la conferenza di servizi prevista dalla legge 241/90 cui intervengono tutti gli enti a vario titolo interessati a rendere i pareri di competenza per l’esame del progetto (per es. Vigili del Fuoco, Regione, Asl, Soprintendenza, ecc.).
I pareri assunti in conferenza, se favorevoli, determinano la conclusione positiva della conferenza di servizi che costituisce proposta di variante urbanistica, su cui poi si esprime il Consiglio Comunale per la definitiva approvazione, con conseguente successivo rilascio del titolo edilizio autorizzatorio da parte del responsabile del Suap.
Il nucleo centrale dell’intera procedura di cui all’art.5 del DPR 447/98 è proprio il funzionamento della conferenza di servizi.
In assenza di regolamenti regionali, vale la disposizione nazionale, per la verità molto lacunosa, contenuta nella sopra citata disposizione normativa, riproposta con ancora maggiori lacune nell’art.8 del DPR 160/10.
Non è per nulla agevole per il responsabile del Suap, che fra i suoi compiti ha quello di coordinare il funzionamento della conferenza, districarsi fra i pareri pervenuti dai vari enti o, ancora peggio, fra quelli non pervenuti o pervenuti nelle forme inappropriate.
In particolare, ci si riferisce al parere obbligatorio e vincolante della Regione- Settore Urbanistica, contitolare con il Comune in base alla Costituzione del potere di governo ed assetto del territorio e dello strumento urbanistico generale, e a quello della Soprintendenza per i Beni Artistici ed il Paesaggio, limitatamente ai casi in cui siano richiamate proprie competenze.
E’ questo il caso di progetti che riguardino la trasformazione di beni o aree incise da vincoli di cui al Codice Urbani, contenuto nel D.Lgs 42/04 e sue modifiche, per i quali va richiesta e rilasciata l’autorizzazione paesaggistica.
L’istituto del Suap convoglia nella conferenza di servizi, deputata all’esame complessivo del progetto in variante agli strumenti urbanistici generali, tutti gli endoprocedimenti e, fra questi, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, che segue il procedimento della competenza binaria Comune-Soprintendenza.
La questione spinosa, che spesso dà luogo ad un vero e proprio vulnus del procedimento, è il rilascio del parere contrario o, peggio ancora, il silenzio-assenso della Soprintendenza registrato in conferenza di servizi, cui può seguire, in una fase successiva alla deliberazione di approvazione del progetto edilizio da parte del Consiglio Comunale, il diniego formale della Soprintendenza al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte del Comune.
Come allora deve comportarsi il responsabile del Suap, chiamato a muoversi fra l’art.5 del DPR 447/98, l’art.14 ter della legge 241/90 ed il D.Lgs 42/04, lex specialis in materia di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche?
Ecco che, allora, la sentenza n.2378 del 18 aprile scorso della sesta sezione del Consiglio di Stato fornisce alcune indicazioni utili agli operatori interessati per risolvere veri e propri empasse procedimentali, riaffermando, sostanzialmente, il principio tutelato nell’art.9 della Costituzione della tutela del paesaggio, sovraordinato a qualsiasi altra esigenza pure garantita dall’ordinamento giuridico italiano, fra cui quella della accelerazione e semplificazione del procedimento amministrativo nonché di snellimento dell’attività della Pubblica Amministrazione.
La pronuncia dei giudici di secondo cure, oggetto di commento, è importante per un chiaro messaggio lanciato: è indeclinabile la funzione pubblica di tutela del paesaggio per la particolare dignità data dall’essere iscritta dall’art.9 Cost. tra i principi fondamentali della Repubblica, il che comporta che la sua cura faccia eccezione, se in conflitto, agli obiettivi di semplificazione e accelerazione amministrative (sulla prevalenza di tale cura, cfr. Corte cost., 29 dicembre 1982, n. 239; 21 dicembre 1985, n. 359; 27 giugno 1986, n. 151; 10 marzo 1988, n. 302).
Il principio scandito rischia, per così dire, di mettere in seria apprensione i responsabili degli uffici Suap comunali, ai quali, in effetti, non sarà sufficiente più solo istruire la pratica, indire la conferenza di servizi, munirsi in tale sede di tutti i pareri degli enti coinvolti, ma d’ora in poi, anche, acquisire sempre e comunque il parere favorevole della Soprintendenza, per i soli aspetti progettuali attinenti la tutela del paesaggio, anche se in una fase successiva alla conclusione della conferenza di servizi o, addirittura, all’approvazione del progetto da parte del Consiglio Comunale.
In sostanza, scrive Palazzo Spada, “L’autorità procedente dunque deve sì tener conto delle utili risultanze della conferenza per ciò che può concernere l’apporto conoscitivo di fatto circa gli elementi propri della sua valutazione, ma conserva nel merito il suo potere, perché la cura di sua competenza va esercitata con il provvedimento appositamente nominato dall’ordinamento e secondo il suo contenuto tipico.
È così che questo assetto - che pure ha riguardo alle meritevoli esigenze di semplificazione della complessità e di accelerazione amministrativa - corrisponde al limite del razionale esercizio dell’azione amministrativa, fondato sul principio di buona amministrazione (art. 97 Cost.) che presiede all’organizzazione per competenze degli uffici pubblici e che, per naturale implicazione, si manifesta nella loro corrispondente azione.
Consegue da quanto sopra che il modulo della conferenza di servizi c.d. decisoria, applicato alle vicende di autorizzazione paesaggistica, per quanto possa essere utile ad un esame contestuale e sollecito dell’istanza e possa comportare il raccordo con gli altri procedimenti, non è di suo idoneo a legittimare dal punto di vista paesaggistico l’intervento, se non è seguito da un autonomo, espresso e puntuale provvedimento di autorizzazione da parte dell’ente competente (nella specie: il Comune) e se la soprintendenza non ha poi esercitato in senso favorevole all’istanza stessa la sua susseguente funzione di cogestione del vincolo”.
Ed ancora, “si deve quindi escludere che con la formulazione del parere conclusivo nella conferenza di servizi sia stato consumato il potere di provvedere in ordine agli aspetti attinenti alla tutela paesaggistica. Al contrario, tale parere postulava, come detto, l’emissione di un formale provvedimento di autorizzazione da parte dell’amministrazione a ciò competente, e la conseguente fase di cogestione del vincolo da parte dell’ufficio statale. Nel contesto di tale sequenza, ben può la Soprintendenza, nella sua competenza, discostarsi dalla risultanze della conferenza di servizi”.
IL CASO
Il Consiglio di Stato con la sentenza n.2378/11 risolve un contenzioso fra la Soprintendenza per il Paesaggio della Provincia di Lecce ed il Comune di Salve relativamente ad un progetto approvato dal Consiglio Comunale per la realizzazione di una struttura ricettiva in variante al piano regolatore generale ai sensi dell’art.5 del DPR 447/98 sul funzionamento dello Sportello Unico per le Attività Produttive.
La deliberazione consiliare aveva fatto seguito alla seduta della conferenza di servizi convocata dal Responsabile del Suap, nella quale era stati assunti tutti i pareri endoprocedimentali favorevoli di competenza degli enti coinvolti, mentre era stata registrata l’assenza della Soprintendenza, che ai sensi dell’art.14 ter c.7 della L.241/90 equivaleva a silenzio assenso.
Quindi, a conclusione dell’iter procedimentale e dopo la deliberazione consiliare di approvazione del progetto, il Comune aveva rilasciato i relativi titoli edilizi autorizzatori, fra cui l’autorizzazione paesaggistica, poi inoltrata per il successivo controllo di legittimità alla Soprintendenza, così come sancito dal vecchio sistema scandito dall’art.146 del D.Lgs.42/04.
Quest’ultima, però, annullava l’autorizzazione paesaggistica comunale per contrasto con i valori paesaggistici ed archeologici della costa salentina oggetto di intervento.
Si contrapponevano perciò due posizioni: quella del Comune, che faceva leva sulla mancata partecipazione della Soprintendenza alla conferenza di servizi che determinava, conseguentemente, il suo silenzio assenso, e quella della Soprintendenza, secondo la quale il suo potere di controllo paesaggistico non si consuma nella conferenza di servizi.
Il Consiglio di Stato, nel comporre il conflitto, ha riconosciuto alla tutela del paesaggio una particolare qualificazione ed un valore assoluto che prevale sulle stesse esigenze di semplificazione e concentrazione del procedimento amministrativo proprio della conferenza di servizi del SUAP.
In sostanza, è importante sì la funzione istruttoria della conferenza di servizi, che raccoglie tutti i pareri endoprocedimentali degli uffici pubblici interessati, ma è ancora più importante il provvedimento autonomo della Soprintendenza per attestare la compatibilità paesaggistica dell’intervento, che rappresenta il profilo invalicabile ed ineludibile di un progetto edilizio.
O per meglio dire, è come se in materia di autorizzazione paesaggistica ci fosse un’eccezione alla decisorietà della conferenza di servizi, che, per quanto utile per un esame contestuale di un’istanza e per il raccordo con procedimenti e competenze di altri Enti, non è sufficiente a legittimare paesaggisticamente l’intervento se manca la formale e successiva autorizzazione paesaggistica.
In altre parole, al responsabile Suap non basterà più concludere la conferenza di servizi con i pareri favorevoli dei vari uffici competenti ma anche acquisire sempre il formale assenso della Soprintendenza per il legittimo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
A dire il vero, il quadro normativo in materia di autorizzazione paesaggistica potrebbe essersi semplificato dall’entrata in vigore del nuovo regime scandito dal D.Lgs.42/04, secondo il quale l’autorizzazione paesaggistica viene rilasciata definitivamente dal competente funzionario comunale dopo l’acquisizione dei pareri della Commissione Locale per il Paesaggio, ove prevista dalle regionali, e della Soprintendenza, che, tuttavia, ora esercita un controllo non solo sui vizi di legittimità ma anche su quelli di merito della precedente istruttoria comunale ed a monte.
Ancora, lo stesso Codice Urbani prevede che, in caso di mancato rilascio del parere di comptenza della Soprintendenza entro i termini previsti o in sede di conferenza di servizi, il Comune è tenuto a rilasciare senza ulteriori riserve l’autorizzazione paesaggistica, limitando temporalmente, quindi, il potere di veto della Soprintendenza stessa.
Non solo.
La modifica apportata dalla L.122/10 (quella che ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’istituto della S.C.I.A.) all’art.14 ter c.7 della L.122/10, secondo cui “….. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità, alla tutela paessaggistico-territoriale e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, il cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata.si considera acquisito”), ha espressamente esteso anche alla mancata partecipazione alla conferenza di servizi del titolare dell’amministrazione pubblica preposta alla tutela del paesaggio, cioè la Soprintendenza, il valore del silenzio- assenso.
Si tratta di importanti modifiche normative che, pur nel rispetto del supremo principio della tutela del paesaggio, introducono correttivi del procedimento amministrativo, evitando per esempio l’empasse oggetto della sentenza n.2378 del Consiglio di Stato, oltre che garanzie del privato istante per un migliore esercizio del potere di gestione del vincolo paesaggistico.
*dirigente SUAP Città di Corato
http://www.entilocali.provincia.le.it/nuovo/node/7570