Illegittimi i divieti assoluti di sexy shop in centro
TAR LOMBARDIA - BRESCIA, SEZ. II - sentenza 7 maggio 2014 n. 480
N. 00480/2014 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 243 del 2013, proposto da:
Red Passion Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Veronica Giavazzi e Alessandra Toma, con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Brescia, Via Moretto n. 84;
contro
Comune di Bergamo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vito Gritti e Silvia Mangili, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Zima n. 3;
per l'annullamento
DELLA DELIBERAZIONE CONSILIARE IN DATA 18/12/2012 N. 207, RECANTE DISPOSIZIONI PER LA VALORIZZAZIONE DEL COMMERCIO NEGLI AMBITI DEL TESSUTO URBANO CONSOLIDATO, NELLA PARTE IN CUI INTRODUCE DIVIETI PER DETERMINATI ESERCIZI DI VENDITA.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bergamo;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2014 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Riferisce la ricorrente che, nei primi mesi del 2012, si è determinata ad aprire un esercizio commerciale in sede fissa per la vendita, con distributori automatici, di gadget e beni non alimentari in prossimità del Centro del Comune di Bergamo (Via Ghislandi n. 2). Espone altresì di aver sottoscritto, in data 1/6/2012, il contratto per l’istallazione e l’allestimento di distributori automatici, mentre il negozio di locazione del locale si perfezionava il 4/12/2012.
In data 21/12/2012 il legale rappresentante della ricorrente notiziava la Questura dell’apertura dell’esercizio di vendita in sede fissa. Con SCIA depositata il 9/1/2013 Red Passion comunicava l’inizio della nuova attività presso il locale di Via Ghislandi n. 2, specificando nella descrizione merceologica la tipologia di attività, consistente nel commercio al dettaglio di articoli per adulti (sexy shop).
Con nota 14/1/2013 il Responsabile comunale del Settore Attività Produttive e Commercio avviava il procedimento di diniego della SCIA per il supposto contrasto con le disposizioni regolamentari introdotte con la deliberazione consiliare 18/12/2012 n. 207. In sede di osservazioni Red Passion precisava di aver stipulato contratti per la nuova apertura in epoca anteriore all’entrata in vigore della novella regolamentare, mentre la DIA (seppur presentata il 9/1/2013) era stata sottoscritta il 21/12/2012.
La deliberazione impugnata stabilisce che negli ambiti individuati PR11 "ambiti storici per la valorizzazione del sistema commerciale" e per i beni vincolati ex D. Lgs. 42/2004 non sono ammesse talune attività quali "vendita ed erogazione di servizi attraverso distributori automatici in apposito locale ad esse adibito in modo esclusivo, lavanderie self service e a gettone, vendita di materiale erotico o pornografico (sex shop), …". Tali ultime attività devono stabilirsi nelle altre zone del territorio "rispettando la distanza minima di 400 metri da luoghi di culto, ospedali, case di cura, cimiteri, caserme e scuole di qualsiasi ordine e grado ed insediamenti destinati all’educazione ed allo svago di bambini e ragazzi". Dette attività commerciali sarebbero non compatibili con il rispetto dei valori architettonici e ambientali, del contesto sociale, del decoro, nonché con la salvaguardia degli ambienti. Si intende in tal modo favorire "l’insediamento di quelle attività che, ospitando da sempre funzioni commerciali urbane, rappresentano una preziosa testimonianza della vita materiale dell’organizzazione sociale della città, svolgono un servizio al cittadino residente, sia in termini di completezza di offerta che di presidio, mantengono l’autenticità del borgo che è patrimonio della città, favoriscono, infine, lo sviluppo di una cultura dell’accoglienza ricettiva e turistica legata ai valori identificativi della città".
Red Passion lamenta la disparità di trattamento tra operatori dello stesso settore, in quanto le previsioni restrittive valgono soltanto per le attività da intraprendere in futuro.
Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di gravame:
a) Violazione dell’art. 31 del D.L. 6/11/2011 n. 201 conv. in L. 22/12/2011 n. 214, inosservanza dell’art. 1 comma 1 lett. B) del D.L. 24/1/2012 n. 1 conv. in L. 24/3/2012 n. 27, violazione dell’art. 145 della L.r. 6/2010, degli artt. 1 e 3 della L. 241/90, eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà, visto che il divieto assoluto e immotivato di insediare talune specifiche attività commerciali nel Centro storico (che si affianca al limite perimetrale di 400 metri da osservare nell’intero territorio rispetto alle zone sensibili) eccede la previsione regionale che ammette la sottoposizione dell’esercizio di attività commerciali nelle zone di valore storico e artistico a "particolari condizioni";
b) Violazione dell’art. 1 comma 1 lett. B) del D.L. 24/1/2012 n. 1 conv. in L. 24/3/2012 n. 27, degli artt. 1 e 3 della L. 241/90, eccesso di potere per disparità di trattamento e perplessità, dato che non si comprende l’ambito temporale di applicazione del divieto;
c) Violazione dell’art. 123 della direttiva UE 12/12/2006 (artt. 1-9 e 14) e degli artt. 1, 12, 14 del D. Lgs. di recepimento n. 59/2010, eccesso di potere per carenza di motivazione e sviamento, in quanto il regime limitativo dell’esercizio di attività commerciali può essere giustificato soltanto da motivi imperativi di interesse generale.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, sollevando un’eccezione in rito e chiedendo nel merito la reiezione del gravame. Ha sottolineato che la motivazione è sviluppata nel testo della proposta di deliberazione, e investe l’importante funzione di aggregazione sociale svolta dai negozi di vicinato e di prossimità presenti nel centro, l’interscambio e incontro tra cittadini favorito dalle attività commerciali storiche, il sostegno alle attività locali e il rilancio delle identità dei luoghi e delle caratteristiche specifiche del territorio, della sua storia, delle traduzioni e dei costumi. Si intende evitare attività di vendita che snaturano – con l’eliminazione del rapporto sociale tra negoziante e cliente – le caratteristiche essenziali dei negozi di prossimità. È stata condotta un’istruttoria approfondita, iniziata sin dal 2011, con l’approvazione dello statuto dell’Associazione del distretto urbano del commercio, l’approvazione di una specifica variante al piano delle regole del PGT per individuare gli ambiti storici in cui favorire l’insediamento di attività commerciali, artigianali e di pubblici esercizi compatibili con le caratteristiche ambientali, storiche, culturali e di decoro del territorio, l’adozione del regolamento per la concessione di contributi alle attività commerciali e artigianali in aree urbane da rivitalizzare, la creazione di un gruppo di lavoro per la modifica del regolamento edilizio con specifici requisiti per le attività commerciali insediate nel centro storico.
Con ordinanza n. 146, adottata nella Camera di consiglio del 4/4/2013, è stata parzialmente accolta la domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 9/4/2014 il ricorso introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
La ricorrente censura la deliberazione consiliare con la quale il Comune di Bergamo ha dettato nuove disposizioni per la valorizzazione del commercio negli ambiti del tessuto urbano consolidato.
0. Deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva di Red Passion Srl, la quale non trarrebbe alcuna utilità dall’accoglimento della domanda in presenza di un atto regolamentare generale e della ricezione di una mera comunicazione di avvio del procedimento. Infatti il regolamento impugnato – nel sancire il divieto di insediamento dell’attività svolta – racchiude prescrizioni precise e puntuali suscettibili di arrecare un immediato vulnus nella sfera giuridica di Red Passion, alla quale è precluso l’insediamento nel Centro storico. In altri termini le disposizioni gravate hanno una portata precettiva capace di incidere direttamente sulle situazioni giuridiche rappresentate, e assume connotati preclusivi della stessa possibilità di svolgere l’attività di impresa nello specifico settore.
1. Nel merito parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 31 del D.L. 6/11/2011 n. 201 conv. in L. 22/12/2011 n. 214, la violazione dell’art. 1 comma 1 lett. B) del D.L. 24/1/2012 n. 1 conv. in L. 24/3/2012 n. 27, l’inosservanza dell’art. 145 della L.r. 6/2010, degli artt. 1 e 3 della L. 241/90, l’eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà, visto che il divieto assoluto e immotivato di insediare talune specifiche attività commerciali nel Centro storico (che si affianca al limite perimetrale di 400 metri da osservare nell’intero territorio rispetto alle zone sensibili) eccede la previsione regionale che ammette la sottoposizione dell’esercizio di attività commerciali nelle zone di valore storico e artistico a "particolari condizioni". Inoltre la normativa nazionale richiamata afferma la piena libertà di apertura degli esercizi commerciali senza limitazione alcuna, salvo che per la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente e dei beni culturali (art. 31 del D.L. 201/2011), e l’art. 1 del D.L. 1/2012 dispone l’abrogazione di ogni norma che ponga divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati e non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite: introduce il concetto di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità per i vincoli alla libertà di iniziativa economica.
La ricorrente ravvisa inoltre la violazione dell’art. 1 comma 1 lett. B) del D.L. 24/1/2012 n. 1 conv. in L. 24/3/2012 n. 27, degli artt. 1 e 3 della L. 241/90, l’eccesso di potere per disparità di trattamento e perplessità, dato che la disposizione applicata sembrerebbe imporre un divieto assoluto di esercitare le attività individuate negli ambiti del Centro, e per contro nell’avvio del procedimento il diniego sembrerebbe fondato sulla data posteriore della DIA (9/1) rispetto all’efficacia della deliberazione innovativa (7/1): non si comprende dunque l’ambito temporale di applicazione del divieto, e inoltre le norme impediscono nuove attività, con irragionevole trattamento differenziato rispetto agli esercizi già presenti sul mercato ed operanti in contesti analoghi.
Infine deduce la violazione dell’art. 123 della direttiva UE 12/12/2006 (artt. 1-9 e 14), e degli artt. 1, 12, 14 del D. Lgs. di recepimento n. 59/2010, l’eccesso di potere per carenza di motivazione e sviamento, dato che il regime limitativo dell’esercizio di attività commerciali può essere giustificato soltanto da motivi imperativi di interesse generale.
Il gravame è parzialmente fondato, per le ragioni di seguito esplicitate.
1.1 L’art. 31 comma 2 del D.L. 6/11/2011 n. 201 conv. in L. 22/12/2011 n. 214 statuisce, in ossequio alla normativa comunitaria e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, che "costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali". A sua volta il D.L. 24/1/2012 conv. in L. 24/3/2012 n. 27 stabilisce l’abrogazione di ogni norma che ponga "divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, …" (comma 1 lett. b), e dispone che "le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ed all'esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica" (comma 2).
1.2 Come anticipato nell’ordinanza cautelare, rispetto alla predetta cornice normativa tesa alla massima apertura alla concorrenza, la totale preclusione introdotta dalla deliberazione impugnata con riguardo al Centro storico risulta irragionevole e sproporzionata, ove rapportata ad un’attività economica quale è quella concretamente intrapresa dalla ricorrente (vendita di materiale erotico o pornografico mediante apparecchi automatici). Il Comune ha diffusamente illustrato le ragioni sottese alla scelta, con la valorizzazione della funzione di aggregazione sociale degli esercizi di vicinato, la possibilità di interscambio e incontro tra cittadini, il presidio dell’integrità del territorio, il sostegno alle attività locali, la salvaguardia dell’identità dei prodotti e delle peculiarità dei luoghi, lo sviluppo di un turismo di qualità. Tuttavia difetta totalmente il bilanciamento dei predetti interessi con il valore comunitario della concorrenza e la spinta alla piena liberalizzazione delle attività economiche promossa dalla normativa comunitaria e nazionale. Gli obiettivi da perseguire, seppur meritevoli, non appaiono integrare le "gravi ragioni di interesse generale" che dovrebbero sostenere la previsione regolamentare totalmente ostativa all’insediamento, perché in questo senso non risultano compiuti approfondimenti istruttori, attraverso un’analisi puntuale di dati economici delle attività già insediate nel centro storico ovvero l’elaborazione di relazioni aggiornate sul contesto socio-ambientale. L’amministrazione locale è in buona sostanza tenuta a compiere un accurato bilanciamento tra le esigenze di liberalizzazione e di tutela della concorrenza e la tutela di valori quali la salute, l’ambiente ed i beni culturali, potendo in teoria concludere per l’introduzione di vincoli e divieti per zone territoriali laddove nessun’altra misura meno restrittiva ed invasiva della libertà di iniziativa economica privata consenta di tutelare efficacemente gli anzidetti valori (cfr. per un precedente T.A.R. Lazio Roma, sez. II-ter – 18/10/2013 n. 9016).
Il richiamo ai beni architettonici, ambientali e di decoro è nel caso esaminato insufficiente, poiché il principio di proporzionalità esige una minuziosa ponderazione comparativa tra il risultato da perseguire e il metodo adoperato. In particolare, come sottolineato nella sentenza di questa Sezione 4/11/2010 n. 4557, <<esso impone in primo luogo di verificare la "idoneità" del provvedimento, ovvero il rapporto tra il mezzo adoperato e l’obiettivo perseguito: in virtù di tale parametro l'esercizio del potere è legittimo solo se la soluzione adottata consenta di raggiungere l'obiettivo. Impone poi di verificare la sua "necessarietà", ovvero l’assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo ma tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo: in tal senso la scelta tra tutti i mezzi astrattamente idonei deve cadere su quella che comporti il minor sacrificio. Impone infine di verificare la "adeguatezza", cioè la tollerabilità della restrizione che comporta per il privato: sotto tale profilo l'esercizio del potere, pur idoneo e necessario, è legittimo solo se rispecchia una ponderazione armonizzata e bilanciata degli interessi, in caso contrario la scelta va rimessa in discussione>>. Nello specifico detto percorso non è stato osservato dall’amministrazione nella scelta di inibire il Centro storico ad alcune tipologie di attività commerciali, in quanto non sono state minimamente indagate modalità alternative meno impattanti sull’iniziativa economica, come quelle che ammettono l’esercizio dell’attività favorendo un accesso discreto agli apparecchi da parte degli utenti.
Questa Sezione, nella sentenza 5/6/2012 n. 996 ha evocato il precedente di questo Tribunale 2/8/2007 n. 722, il quale ha affrontato un caso che presenta profili di analogia con quello di cui è causa. La disposizione censurata in quella sede precludeva in toto l'insediamento di nuovi esercizi pubblici per la somministrazione di alimenti e bevande (anche a seguito di trasferimento) nell'ambito delle aree residenziali della zona del Centro storico caratterizzate da una grave e perdurante situazione di turbativa. Questo Tribunale ha osservato che le sacrosante esigenze invocate dall'amministrazione (diritto al riposo dei cittadini, specie nelle ore notturne) "risultano meritevoli di tutela in rapporto alle condizioni di fatto in cui operano i singoli esercizi e alle eventuali nuove istanze di trasferimento, mentre un aprioristico divieto tout court esige un'indagine analitica di ogni Via e Piazza interessata ed un esame comparativo delle attività ivi presenti e della composizione della popolazione residente, alla luce degli accertamenti compiuti dagli organi di vigilanza. E' altresì doveroso osservare che problemi di grande spessore sociale come quello rappresentato nella relazione comunale - nella specie di inciviltà ed inosservanza delle regole nonché dell'abuso di alcolici di taluni gruppi giovanili - non possono essere unilateralmente risolti inibendo una tipologia di iniziativa economica, tenuto peraltro conto che i livelli sonori dei locali appaiono accertabili dagli organi pubblici con idonei strumenti tecnici, senza che le paventate difficoltà di verifica possano avallare la scelta di incidere direttamente sull'attività che intende insediarsi. È altresì noto che ogni amministrazione comunale può agire, nei confronti di questo genere di locali, regolando le eventuali iniziative di musica dal vivo, con la prescrizione di limiti alle emissioni acustiche e di orari massimi di svolgimento dell'intrattenimento". La pronuncia ha aggiunto che "L'anzidetta disposizione viola inoltre il principio di proporzionalità che consiste nel rispetto dell'equilibrio tra gli obiettivi perseguiti e mezzi utilizzati secondo il canone dell'imposizione al privato della soluzione più "mite" ed ha ottenuto una particolare attenzione all'ordinamento comunitario ..." e che "Nella fattispecie la decisione intrapresa, di inibire i trasferimenti di sede nella zona del Centro storico, interferisce con il principio di libertà di iniziativa economica privata, ed il risultato finale da realizzare - la tutela della qualità della vita dei residenti - poteva essere ugualmente garantito con la misura meno drastica e più garantista già attuata in precedenza, valutando in concreto l'impatto dell'attività nel contraddittorio con le parti coinvolte. Ciò non avrebbe impedito il perseguimento del fine, ma avrebbe assicurato un giudizio sulla fattispecie specifica e una congruente decisione finale, da assumere quindi non già a livello di pianificazione bensì in sede attuativa mantenendo il necessario spazio discrezionale".
E’ dunque illegittima la previsione "preclusiva" di determinate attività dal Centro storico.
2.1 Appare viceversa immune da vizi la che la distinta previsione ostativa, che impone ad alcune attività una distanza minima 400 metri dai luoghi cd. "sensibili". La tutela della salute umana in senso ampio (per gli alunni delle scuole, di minore età e dunque maggiormente vulnerabili), ed il rispetto per il decoro e la dignità umana (per i soggetti che frequentano cimiteri, ospedali e case di cura, caserme, luoghi di culto) è compatibile con un accettabile sacrificio per l’iniziativa economica, consistente nello spostamento dell’esercizio in altra zona del territorio: il bilanciamento dell’interesse economico con gli evocati valori in conflitto può ragionevolmente risolversi con la prevalenza dei secondi: in effetti la statuizione comunale non ha natura espulsiva ma soltanto limitativa, e risponde a finalità di prevenzione sociale riconducibili al valore della salute costituzionalmente garantito. L’impossibilità – dedotta dalla ricorrente – di insediare la propria attività a distanza di 400 metri da uno dei luoghi sensibili indicati è del tutto sfornita di un minimo di supporto probatorio.
3. Infondati sono anche gli ulteriori profili afferenti all’ambito temporale della disposizione e alla disparità di trattamento. Infatti la novella regolamentare è entrata in vigore il 7/1/2013, e il deposito della SCIA in data 9/1/2013 ha reso la segnalazione sussumibile nell’alveo delle nuove previsioni. Per quanto riguarda il differente regime delle nuove attività, esso appare connaturato alle rinnovate scelte dell’amministrazione, la quale diversamente opinando non potrebbe mai mutare il quadro regolamentare del proprio assetto territoriale.
In conclusione il ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto, nei limiti sopra indicati.
Le spese di giudizio possono essere tuttavia compensate, per la parziale soccombenza reciproca.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente FF
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
Mara Bertagnolli, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 07/05/2014.