Apertura di un poliambulatorio e LIBERALIZZAZIONE - CdS 1674/2014
N. 01674/2014REG.PROV.COLL.
N. 04905/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4905 del 2013, proposto dalla:
Regione Lazio, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Rosa Maria Privitera, con domicilio eletto in Roma, via Marcantonio Colonna n. 27;
contro
Chea S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Cristina Di Massimo e Alessandra Dipatrizi, con domicilio eletto presso Alessandra Dipatrizi in Roma, Piazza Adriana n. 5;
nei confronti di
Roma Capitale, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Pier Ludovico Patriarca e Fiammetta Lorenzetti, con domicilio eletto in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Azienda Sanitaria Locale Roma C, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Barbara Bentivoglio, Gabriella Mazzoli e Maria Cristina Natandoi, con domicilio eletto presso la sede dell’Azienda Sanitaria, in Roma, via Primo Carnera n. 1;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III Quater, n. 3778 del 15 aprile 2013, resa tra le parti, concernente l’autorizzazione alla realizzazione di un poliambulatorio in ampliamento di un laboratorio di analisi già autorizzato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Chea S.r.l., di Roma Capitale e dell’Azienda Sanitaria Locale Roma C;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati Rosa Maria Privitera e Cristina Di Massimo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La società Chea, autorizzata all’erogazione di prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale, ha impugnato davanti al T.A.R. per il Lazio il provvedimento con il quale la Regione Lazio ha espresso, in data 27 luglio 2012, parere non favorevole alla richiesta di autorizzazione alla realizzazione di un Poliambulatorio in ampliamento di un Laboratorio di analisi cliniche già autorizzato.
2.- Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III Quater, con sentenza n. 3778 del 15 aprile 2013 ha accolto il ricorso.
3.- La Regione Lazio ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.
Secondo la Regione, infatti, l’art. 6 della legge regionale n. 4 del 2003 impone la valutazione del fabbisogno non solo per le strutture che chiedono di essere accreditate ma anche per quelle che chiedono di poter erogare servizi sanitari in regime privatistico. La Regione ha poi aggiunto che, nella fattispecie, il parere negativo della Regione era stato determinato dalla circostanza che era risultata accertata la sufficienza delle strutture accreditate, per il periodo 2010/2012.
All’appello si oppone la società Chea che ne ha chiesto il rigetto.
4.- L’appello non è fondato.
5.- Si deve, al riguardo, ricordare che l’art. 8 ter della legge 502 del 30 dicembre 1992, aggiunto dall'art. 8, comma 4, del d. lgs. n. 229 del 19 giugno 1999 (poi modificato dall'art. 8 del d. lgs. n. 254 del 28 luglio 2000), ha previsto che la realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie sono subordinate al rilascio di apposite autorizzazioni. Le autorizzazioni, in particolare, sono necessarie per la costruzione di nuove strutture, l'adattamento di strutture già esistenti e la loro diversa utilizzazione, l'ampliamento o la trasformazione nonché il trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate.
5.1.- Fra le strutture sanitarie per le quali è richiesta l’autorizzazione, il comma 1, lett. b) dell’art. 8 ter indica anche, per quel che qui rileva, le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio.
5.2.- Il successivo comma 3 dell’art. 8 ter della legge 502 del 1992 prevede poi che, a tal fine, il Comune, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni, acquisisca la verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione. Verifica che è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture.
5.3.- In attuazione di tale disposizione la Regione Lazio, con la legge n. 4 del 3 marzo 2003, ha previsto, all’art. 5, di disciplinare, con provvedimento della Giunta regionale, i requisiti minimi, anche integrativi rispetto a quelli indicati dal D.P.R. 14 gennaio 1997, per il rilascio delle autorizzazioni, ed ha dettato, all’art. 6, la disciplina del procedimento autorizzativo, facendo rinvio ad apposito successivo regolamento per l’individuazione di modalità e i termini per effettuare la verifica di compatibilità rispetto al fabbisogno di assistenza risultante dall'atto programmatorio di cui al precedente articolo 2, comma 1.
5.4.- Con gli articoli 4 e segg. del Regolamento n. 2 del 26 gennaio 2007, la Regione ha quindi individuato tali modalità e i termini del procedimento, stabilendo, in particolare, all’art. 5, che «con cadenza almeno trimestrale, la Regione procede anche avvalendosi, qualora previsto dell’atto programmatorio, dell’azienda USL territorialmente competente, alla verifica di compatibilità di cui all’articolo 6, comma 2 della l.r. 4/2003, in relazione alle richieste di autorizzazione alla realizzazione inviate dai comuni interessati, tenendo conto delle strutture pubbliche e private già operanti sul territorio».
6.- Sulla base di tali disposizioni, e facendo riferimento al Piano dei fabbisogni approvato con decreto Commissariale n. 17 del 2010, la Regione, con atto in data 27 luglio 2012, ha espresso il suo parere negativo sulla richiesta avanzata dalla società Chea al fine di ampliare un laboratorio di analisi cliniche già autorizzato.
La Regione ha, in proposito, sostenuto che, «relativamente all’offerta di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, i dati di fabbisogno oggetto di valutazione di cui al suindicato decreto risultano immutati quanto alla quantità dei soggetti erogatori già autorizzati precedentemente al decreto stesso» ed ha aggiunto che la verifica di compatibilità, rispetto ai dati di fabbisogno assistenziale di cui al suddetto decreto n. 17 del 2010, evidenzia «la sufficienza delle strutture provvisoriamente accreditate che sono pertanto considerate quale fabbisogno regionale».
7.- Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene che, come ha affermato il T.A.R. per il Lazio nell’appellata sentenza, il diniego non possa ritenersi legittimo per difetto di motivazione e di istruttoria.
Infatti, come ha correttamente affermato il giudice di primo grado, richiamando la precedente sentenza di questa Sezione n. 550 del 2013, non possono ritenersi «valide le ragioni asseritamente ostative al rilascio dell’autorizzazione richiesta, consistenti nel richiamo alla “dichiarata sufficienza delle strutture provvisoriamente accreditate”», venendo da un lato in considerazione l’offerta di servizi in regime privatistico, senza un incremento degli operatori che godono di accreditamento, e dall’altro la circostanza che il decreto commissariale n. 17 del 2010, richiamato nel diniego, «è risalente nel tempo e non individua con carattere di attualità il fabbisogno di assistenza sul territorio per le specifiche prestazioni».
8.- Alle ragioni già indicate dal T.A.R., sulla base della richiamata precedente sentenza di questa Sezione n. 550 del 29 gennaio 2013 (sostanzialmente in termini è anche Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4788 del 26 settembre 2013), occorre aggiungere che un’istruttoria non meramente formale ma volta ad accertare l’effettiva compatibilità della struttura con il contesto assistenziale (anche di zona) di riferimento sarebbe stata tanto più necessaria se si tiene presente il forte impulso che al libero esercizio delle attività economiche (ed anche all’ampliamento di quelle esistenti) è stato dato dal d. l. n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito in legge n. 27 del 24 marzo 2012 (c.d. decreto liberalizzazioni).
Ai sensi dell’art. 1 di tale decreto, non solo sono abrogate (dalla data di entrata in vigore dei successivi decreti attuativi) le norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionate alle finalità pubbliche perseguite (comma 1), ma devono, in ogni caso, «essere interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato» le diposizioni recanti «divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche» (comma 2), ammettendosi, per quel che interessa, «solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute».
9.- Ora, a prescindere da ogni questione sulle modalità con le quali si potrà procedere alla concreta attuazione delle suindicate disposizioni anche nel settore sanitario, oggetto di specifica regolamentazione ai fini della tutela della salute che, come si è accennato, può giustificare (anche) la previsione di limiti all’esercizio della libera attività economica, in ogni caso, nella fattispecie, proprio ed anche in attuazione di tali principi, sarebbe stata necessaria una effettiva (e concreta) valutazione sull’opportunità di concedere l’autorizzazione richiesta dalla società Chea per l’ampliamento delle attività sanitarie del suo ambulatorio, tenendo conto non solo della situazione effettiva dell’offerta nell’area territoriale della ASL interessata ma anche della circostanza che la richiesta non prevedeva ulteriori oneri per il servizio sanitario pubblico.
10.- Fermo restando la necessità di dover verificare la qualità dei servizi offerti e la loro diffusione, mediante una razionale e capillare distribuzione sul territorio, e fermo restando (ovviamente) la necessità della verifica del possesso di tutti i requisiti, di carattere personale e strutturale, necessari per l’esercizio dell’attività sanitaria.
11.- In conclusione, per le considerazioni esposte, l’appello deve essere respinto e l’appellata sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III Quater, n. 3778 del 15 aprile 2013, deve essere confermata.
12.- Si ritiene di dover comunque disporre la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze anche del grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 9 gennaio e del 19 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)