Data: 2014-04-14 18:57:22

Sospensione di impianto di carburanti - SENTENZA Consiglio di Stato

Sospensione di impianto di carburanti - SENTENZA
Consiglio di Stato, Sentenza n. 1174 del 13 marzo 2014

N. 01174/2014REG.PROV.COLL.
N. 03717/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3717 del 2013, proposto dalla Ipna Petroli
Srl, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati
Giulio Lais e Nicola Lais, con domicilio eletto presso Giulio Lais in Roma, via C.
Monteverdi, n. 20;
contro
Roma Capitale, in persona del sindaco in carica, rappresentata e difesa
dall’avvocato Rosalda Rocchi, dell’Avvocatura comunale, con domicilio in Roma,
via del Tempio di Giove n. 21; ANAS Spa, in persona del presidente in carica,
rappresentata e difesa, per legge, dall'avvocato Carmela Pluchino, dell’Avvocatura
generale dello Sato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione II-ter n. 3067/2013;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e dell’ANAS Spa; Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2013 il Consigliere Carlo
Schilardi e uditi per le parti l’avvocato Giulio Lais, l’avvocato Rosalda Rocchi e
l’avvocato dello Stato Francesco Brigidà;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso al T.A.R. per il Lazio, la Marini s.r.l. impugnava il provvedimento del
Comune di Roma n. 630 del 10.3.2009, con il quale veniva disposta la sospensione
dell'attività dell'impianto per la distribuzione di carburanti, sito in via Salaria al Km
13.593, nonché la revoca dell'autorizzazione relativa alla istallazione e all'esercizio
dell'impianto e la rimozione delle attrezzature interrate e di superficie, con obbligo
di riduzione in pristino delle superfici pubbliche occupate.
La ricorrente esponeva che l'amministrazione comunale, al fine di sottoporre a
verifica ex D.lgs. n. 32/1998 l'impianto di distribuzione di carburanti, con nota
prot. n. 18623/2003, chiedeva all'A.N.A.S. se il tratto di strada dov'era situato il
citato impianto fosse di competenza della stessa A.N.A.S. e, nel qual caso, di
esprimere il parere tecnico vincolante ex art. 61 D.P.R. n. 495/1992.
L'A.N.A.S., in riscontro, con nota prot. n. 1433/2003, rappresentava che
l'ubicazione dell'impianto ricadeva nella propria competenza e che lo stesso,
situato su una strada a quattro corsie, non possedendo i requisiti richiesti nella
propria circolare n. 5/1988 (corsie di accelerazione di m. 75,00 e di decelerazione
di m. 60,00), non veniva considerato sicuro ai fini della circolazione. La stessa
A.N.A.S., pertanto, invitava il Comune di Roma a predisporne, con urgenza, il
trasferimento in altro luogo idoneo e conforme alla normativa vigente in materia.
La Marini s.r.l., a seguito del rilascio, in data 27.11.2003, da parte del Dipartimento VI U.O. n. 2 progettazione e pianificazione generale del Comune di Roma, di un
certificato dove veniva evidenziato che l'area interessata dall'impianto ricadeva nel
perimetro del centro abitato, con nota prot. n. 43971 del 3.12.2003 chiedeva
all'ente il riesame della questione.
Il Comune di Roma trasmetteva la richiesta all'A.N.A.S. che, dopo circa quattro
anni, a seguito di sollecito da parte dello stesso Comune, con nota del 20.3.2008
prot. n. 10115 P, confermava il parere reso nel 2003.
Il Comune di Roma, pertanto, con nota prot. n. 42223 del 23.6.2008, comunicava
alla ricorrente l'avvio del procedimento di revoca e con determinazione dirigenziale
n. 630/2009 adottava il provvedimento di sospensione dell'attività e di revoca
dell'autorizzazione, successivamente confermato con altra determinazione
dirigenziale n. 1186/2012 oggetto di impugnativa con i motivi aggiunti.
Il T.A.R. per il Lazio, a seguito dell'ordinanza istruttoria n. 2853/2009, accertava
che "l'impianto di distribuzione di carburanti risultava inserito in un programma
integrato con destinazione per attività posto al di fuori del centro abitato" e con
sentenza n. 3067 del 30 gennaio 2013, ha respinto il ricorso, ritenendo che
l'ANAS, quale ente proprietario della strada, fosse competente, ai sensi dell'art. 22
c.d.s. e 60 e 61 del D.P.R. n. 495/1992, ad esprimere un parere, vincolante per
l'amministrazione comunale.
Avverso la sentenza ha proposto appello la Ipna Petroli s.r.l., già Marini s.r.l.
Con il primo articolato motivo di censura l'appellante lamenta difetto di
motivazione della sentenza, violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 24 del
D.lgs. n. 285/1992 (codice della strada), degli artt. 60 e 61 del D.P.R. n. 495/1992,
nonché violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990.
L'appellante sostiene che non sarebbe applicabile al caso in esame la circolare
ANAS n. 5/1998, stante l'asserita assenza dei presupposti fattuali e giuridici che
ricondurrebbero la strada in questione alla fattispecie indicata nella predetta circolare. Sul punto, peraltro, l'appellante deduce che, non essendovi stata alcuna
osservazione nel giudizio di primo grado da parte del Comune di Roma e
dell'ANAS, si dovrebbe ritenere "assodato" che il tratto di strada in questioni non
rientri tra quelli previsti dalla circolare n. 5/1988.
L'appellante sostiene, inoltre, che il tratto di strada su cui insiste l'impianto di
distribuzione non sarebbe assimilabile a quello disciplinato dalla circolare n.
5/1988, stante la definizione e classificazione delle strade effettuata dall'art. 2 del
codice della strada. A parere dell'appellante la strada in questione rientrerebbe nella
tipologia indicata alla lettera f) "Strade locali" ed in particolare sarebbe "strada
urbana o extra urbana opportunamente sistemata ai fini di cui al comma 1, non
facente parte degli altri tipi di strade".
L'appellante contesta, altresì, la decisione del T.A.R. per aver il Tribunale disatteso
la censura relativa al rigetto dell'istanza di riesame formulata al Comune di Roma,
come il precedente parere contrario dell'ANAS, non adeguatamente motivato in
asserita violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990.
L'appellante lamenta, inoltre, la contraddittorietà della pronuncia dei giudici di
primo grado laddove in sede cautelare (ordinanza n. 2853/2009), avrebbero
affermato che il tratto di strada interessato "oltre a ricadere all'interno del centro
abitato, ricade, in base al nuovo P.R.G. del Comune di Roma approvato con
deliberazione n. 18/2008, nell'ambito della città da ristrutturare ed è inserita in un
programma integrato con destinazione prevalente per attività", mentre nella
sentenza hanno affermato che l'area in questione sarebbe "collocata al di fuori del
centro abitato" .
Con il secondo motivo di appello la Ipna petroli s.r.l. lamenta che il T.A.R. non
avrebbe esaminato le censure relative alla violazione e/o falsa applicazione del
d.lgs. n. 32 dell'11.2.1998 e degli artt. 12 e 27, comma 2-quater della legge regionale
n. 8/200. L'appellante sostiene che non sarebbero stati svolti accertamenti tecnici in contraddittorio con la titolare dell'impianto e di concerto con l'ente proprietario
della strada, così come richiesto dalla predetta legge regionale n. 8/2001. Inoltre il
Comune di Roma non avrebbe previsto un programma di adeguamento, come
disposto dall'art. 3, comma 2, del D.lgs. n. 32/1998, procedendo direttamente ad
intimare la chiusura e lo smantellamento dell'impianto, senza il rispetto dei termini
previsti dalla legge.
L'appellante ripropone, infine, perché non esaminate dal T.A.R., le doglianze
oggetto del ricorso per motivi aggiunti.
In particolare l'appellante lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e
24 del D.lgs. n. 285/1992 (codice della strada), degli artt. 60 e 61 del D.P.R. n.
495/1992, nonché violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990, nonché eccesso di
potere sotto vari profili per la mancata considerazione di quanto indicato
nell'ordinanza n. 2853/2009.
Si è costituito in giudizio il Comune di Roma che ha chiesto di rigettare l'appello
perché infondato in fatto ed in diritto.
Questo Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2214 dell'11.6.2013, ha accolto
l'istanza di sospensione cautelare, nelle more del giudizio di merito, dell'esecutività
della sentenza di primo grado avanzata dall'appellante.
La causa è stata trattenuta per la decisione all'udienza pubblica del 13 dicembre
2013.
Appare opportuno esaminare, preliminarmente, il motivo di appello con cui la
IPNA Petroli censura la sentenza del T.A.R., laddove è affermata la competenza
dell’ANAS ad assumere il prescritto parere vincolante, perché la strada su cui
insiste l’impianto viene considerata dall’ente fuori del centro abitato e quindi di
proprietà dell’ente stesso.
Ove si ritenesse, come assunto dalla ricorrente, il difetto di competenza
dell’ANAS, sarebbe superfluo, infatti, esaminare la legittimità del parere emesso dall’ente, in quanto adottato in carenza assoluta di potere.
La ricorrente sviluppa la censura richiamando l’ordinanza resa in sede cautelare dal
T.A.R., nella quale la sospensione dell’esecuzione del provvedimento comunale
veniva motivata con il fatto “l’impianto di cui trattasi risulta esistente ed in esercizio
dall’anno 1956 e pertanto da oltre cinque decenni; dall’esame degli atti depositati emerge che la
via Salaria nel tratto interessato (e quindi l’area sulla quale insiste l’impianto) oltre a ricadere
all’interno del centro abitato, ricade, in base al nuovo P.R.G. del Comune di Roma approvato
dal C.C. con la deliberazione n. 18/2008, nell’ambito della città da ristrutturare ed é inserita in
un programma integrato con destinazione prevalente per attività”.
Tale ordinanza sarebbe poi stata contraddetta dalla decisione del giudice di primo
grado.
Anche quanto assunto nella sentenza, che la deliberazione del consiglio comunale
1297/99 collocherebbe l’area in questione fuori del centro abitato, sembrerebbe
contraddetta dal Dipartimento comunale competente e comunque superata dalla
ricordata disposizione del P.R.G..
Le censure non meritano accoglimento.
E’ superfluo ricordare che le valutazioni effettuate in sede di procedimento
incidentale sono in esito ad un esame sommario e limitato alla fase incidentale,
senza alcuna efficacia preclusiva in ordine a quelle che saranno, poi, le motivazioni
e conclusioni della sentenza definitiva.
Nella fattispecie, il T.A.R. ha preso atto che alcuni elementi sostenevano la tesi
della ricorrente circa il posizionamento dell’impianto all’interno del centro abitato
come il disposto del nuovo P.R.G. del Comune di Roma che, seppure con
espressioni di non univoco significato, poteva far ritenere che l’area in questione
fosse interna al centro abitato.
Di conseguenza il tribunale ha accolto l’istanza di sospensione “ai fini del riesame”
della vicenda da parte del Comune, ponendo a base le suddette circostanze. Non è fondata l’affermazione della ricorrente che il T.A.R. si sarebbe pronunciato
in esito ad istruttoria inesistente.
La relazione del 9/12/2012 del Dipartimento attività economiche e produttive di
Roma Capitale da’ compiutamente atto, invero, dell’istruttoria posta in essere dal
Comune a seguito del riesame disposto dal TAR e precisa che ai fini di tale
istruttoria, oltre all’ANAS, sono stati interessati il Dipartimento mobilità e trasporti
– unità operativa programmazione di Roma Capitale, quanto alla ricaduta o meno
dell’impianto nella delimitazione del centro abitato e il Dipartimento
programmazione attuazione urbanistica.
La relazione comunale conclude affermando che, nella specie, si tratta di strada di
competenza ANAS, collocata al di fuori della delimitazione del centro abitato del
Comune di Roma e con destinazione urbanistica programmata “per attività”.
A tale ultimo riguardo, è evidente l’equivoco in cui è incorsa la ricorrente, perché la
qualifica di centro abitato non deriva da un’astratta previsione programmatoria
quale quella soprarichiamata; essa invece dipende dall’assetto attuale del territorio,
come del resto è chiaramente previsto dall’art. 3, comma 1, punto 8, del codice
della strada, che individua gli elementi di fatto necessari per la configurazione del
centro abitato, elementi che pacificamente non ricorrono nella fattispecie.
Il centro abitato è infatti definito “un insieme di edifici delimitato lungo le vie
d’accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un
raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili,
costituito da non meno di 25 fabbricati e da aeree di uso pubblico con accessi
veicolari o pedonali sulla strada”.
E ciò è ulteriormente confermato dalla circolare n. 6709/97 che, dettando le
direttive per l’applicazione del su riportato art. 3 del codice della strada, precisa che
“la delimitazione del centro abitato deve essere effettuata in funzione della
situazione edificatoria esistente o degli edifici in via di costruzione e non di quella ipotizzata dagli strumenti urbanistici”. La circolare specifica, altresì, che il numero
di almeno 25 fabbricati previsti dall’art. 3, comma 1, punto 8 del codice, è
comunque subordinato alla caratteristica principale di “raggruppamento continuo”.
“Pertanto detti fabbricati debbono essere in stretta relazione tra di loro e non
costituire episodi edilizi isolati”.
Del pari, non ha alcun fondamento la censura dell’IPNA Petroli nella parte in cui
la società lamenta, comunque, l’insufficienza dell’istruttoria. Dall’esame degli atti
prodotti risulta, invece, che l’istruttoria disposta dal T.A.R., prevedendo il riesame
della situazione, è stata effettuata dal Comune in modo esauriente e completo, e
all’esito della stessa si è pervenuti ai risultati evidenziati nella sentenza impugnata.
Non appare censurabile, poi, la sentenza, perché non avrebbe preso in
considerazione la circostanza dell’esistenza dell’impianto da oltre cinquant’anni.
Il D.Lgs 32/98 e l’art. 4 comma 4, lett. c della legge 15 marzo 1997, n. 59,
stabiliscono che tutti gli impianti per la distribuzione di carburante sono
assoggettati a verifica ogni quindici anni, verifica che ha per oggetto l’idoneità
tecnica ai fini della sicurezza sanitaria, ambientale e la verifica della permanente
compatibilità con la normativa urbanistica e con le disposizioni a tutela
dell’ambiente, del traffico urbano ed extraurbano, della sicurezza stradale e dei beni
di interesse storico e architettonico e, comunque, con le disposizioni emanate dalle
regioni e dai comuni.
E’ evidente che, nella fattispecie, non può configurarsi una tutela dell’affidamento
del titolare dell’impianto alla sua conservazione, dal momento che il personale
interesse di carattere meramente economico, cede di fronte al superiore interesse
rappresentato dai parametri di valutazione posti a base della compatibilità
dell’impianto, espressamente codificati dal legislatore.
Quindi, anche sotto questo profilo, la sentenza risulta correttamente adottata.
Sono, altresì, da respingere le ulteriori censure oggetto del secondo motivo di appello, circa la presunta violazione degli articoli 1, comma 5, e 3, comma 1, del
D.Lgs 32/98 in ordine alla verifica di compatibilità dell’impianto, per la mancanza
di accertamenti tecnici approfonditi e, comunque, non effettuati in contraddittorio.
Come si è già osservato, risulta in atti, invece, che l’ANAS ha più volte valutato la
situazione dell’impianto, proprio a seguito delle reiterate istanze della MARINI Srl
(ora IPNA Petroli) con piena partecipazione della società a tutte le fasi del
procedimento.
Al riguardo, prendendo in esame le premesse della determinazione dirigenziale n.
630 del 10/07/09 oggetto di impugnazione, risulta che alla ricorrente fu
comunicato in data 14/08/2003 l’avvio del procedimento e la MARINI Srl, con
nota del 18/08/03, replicava di trovarsi“nelle more della predisposizione di
elaborati grafici di adeguamento degli accessi alla normativa ANAS”, mentre, con
nota del 3/12/2003 la Società chiedeva, ancora, il riesame della verifica di
compatibilità dell’impianto.
Quanto alla circostanza che “la pratica rimaneva ferma fino al 23/06/2009”, ciò
riguarda le tempistiche degli uffici comunali e non risulta aver certo danneggiato la
ditta MARINI, che ha potuto per più anni continuato a gestire l’impianto, in
pendenza della verifica, atteso che, effettivamente, solo in data 23/06/2009 il
Comune comunicava la conferma del parere negativo reso dall’ANAS, mentre il
legale della ricorrente insisteva sulla carenza di competenza dell’ANAS ritenendo
che la strada fosse interna al centro abitato.
L’ANAS ha esaminato più volte la situazione dell’impianto a istanza della società e
ciò è prova della piena partecipazione della medesima a tutte le fasi del
procedimento, senza essere prevista, invece, contrariamente a quanto dedotto dalla
IPNA, che la determinazione del Comune fosse da assumere di concerto con la
titolarità dell’impianto.
Inoltre, nel parere tecnico vincolante reso, l’ANAS ha ritenuto non regolarizzabile l’impianto, con conseguente inapplicabilità della previsione di cui all’art. 3, comma
2, del D.lgs 32/98.
D’altronde l’IPNA petroli dopo avere, con la richiamata nota del 18/08/2003,
esplicitamente espresso l’intenzione di predisporre elaborati grafici di adeguamento
degli accessi alla normativa ANAS, non ha più dato alcun seguito a tale intenzione.
Ulteriormente, la IPNA Petroli, nel primo e nel secondo motivo di appello, insiste
nel ritenere che la sentenza impugnata difetterebbe di motivazione circa l’assunta
infondatezza nel merito del ricorso in primo grado.
La ricorrente osserva, in particolare, che a termini dell’art. 2 del codice della strada
il tratto di strada, su cui insiste la stazione di servizio de qua andrebbe classificato
come “strada locale”, con conseguente inapplicabilità della circolare n. 5/88
(richiamata dall’ANAS a sostegno del proprio parere), circolare che riguarderebbe,
invece, le strade statali a quattro corsie, idonee a consentire lo scorrimento veloce
dei veicoli e con caratteristiche particolari, non necessarie nella fattispecie.
L’art. 60 del regolamento di esecuzione del nuovo codice della strada, a suo avviso
stabilisce, in linea generale, con riferimento all’ubicazione delle pertinenze di
servizio, una serie di requisiti, specificati poi all’art. 61 che riguardano le aree di
servizio, requisiti che sarebbero pienamente rispettati dall’impianto oggetto di
contestazione.
La ricorrente perviene a tali conclusioni prendendo in considerazione in primo
luogo la classificazione delle strade, di cui all’art. 2 del codice della strada. Al
riguardo sostiene che il tratto di strada dove è situato l’impianto non rientra nelle
tipologie positivamente identificate come a) autostrade; b) strade extraurbane
principali; c) strade extraurbane secondarie; d) strade urbane di scorrimento; e)
strade urbane di quartiere. Esaminando le caratteristiche delle strade per ogni
singola categoria definite in dettaglio dal successivo comma 3, l’azienda conclude,
quindi, che non rientrando il tratto di strada su cui insiste l’impianto in alcuna delle suddette categorie da a) ad e), essa andrebbe inquadrata nella categoria f) “strade
locali” definita “strada urbana o extraurbana opportunamente sistemata ai fini del
comma 1, non facente parte degli altri tipi di strada”.
Al riguardo, non può che osservarsi che la classificazione richiamata dall’IPNA è
una classificazione di tipo amministrativo che non ha alcun rilievo ai fini
dell’applicazione della circolare n. 5/98 che, ai soli fini della sicurezza della
circolazione, si applica ad impianti in fregio a strade statali a quattro o più corsie.
Le condizioni per l’applicazione della circolare sono del tutto estranee rispetto a
quelle previste per la classificazione amministrativa delle strade e vanno invece
ricollegate al combinato disposto degli artt. 22 del codice della strada e 61 del
regolamento di attuazione, per cui l’ANAS, quale ente proprietario della strada, ha
competenza esclusiva per il rilascio dell’autorizzazione per i passi carrabili e in
particolare a esprimere parere tecnico vincolante per quanto attiene all’installazione
e all’esercizio di impianti di erogazione di carburante.
La circolare n. 5/98 non è altro che la predeterminazione da parte dell’ANAS dei
criteri in base ai quali viene espresso il parere vincolante previsto dalla norma.
Singolare è, inoltre, l’assunto della ricorrente, secondo cui, nel silenzio delle
controparti, si debba ritenere assodata e non controversa l’inapplicabilità della
circolare. In ogni caso, le argomentazioni nel merito dell’IPNA non appaiono,
comunque, rilevanti.
In particolare, si osserva che scopo della circolare in esame è quello di evitare
l’evidente pericolo alla circolazione che sussisterebbe sulle strade a doppia corsia,
qualora per accedere a un impianto di servizio non vi fosse apposita corsia di
decelerazione e, al contrario, apposita corsia di accelerazione per uscirne
In mancanza di tali corsie, i veicoli in marcia sulla corsia interna sarebbero indotti,
infatti, in caso di bisogno di frenata, a spostarsi sulla corsia di sorpasso con
evidente rischio di incidente. Tale risultando la finalità della circolare, appare priva di rilievo la presenza di un
limite di velocità (70 km) ritenuto non confacente; è infatti evidente che il pericolo
che la circolare intende evitare, attraverso la previsione di apposite corsie di
decelerazione e accelerazione, prescinde dalla velocità dei veicoli e la presenza, a
notevole distanza dall’impianto, di altre intersezioni e accessi non giustifica
determinazioni diverse da parte dell’ANAS..
Per quanto attiene, infine, alla riproposizione dei motivi aggiunti in primo grado,
circa la mancata considerazione dell’interesse alla conservazione di un impianto
esistente da oltre cinquant’anni, già si è evidenziato che non è contestabile che,
nella specie, sia prevalente l’interesse pubblico alla sicurezza, più che il lungo
periodo di esistenza dell’impianto, atteso che tutti gli impianti sono assoggettati a
verifica periodica di compatibilità; ciò esclude, anche, qualsiasi esigenza di “tutela
dell’affidamento”.
Egualmente, la circostanza che gli articoli 60 e 61 del regolamento di esecuzione al
codice della strada, prevedano specifici requisiti circa la ubicazione delle pertinenze
delle strade e delle aree di servizio, non assume alcun rilievo, atteso che l’art. 24 del
codice della strada, al 3° comma, prevede la specifica competenza dell’ente
proprietario della strada a fissare tali regole “in modo che non intralcino la
circolazione o limitino la visibilità”.
Fermo restando che gli articoli 60 e 61 del regolamento pongono in risalto
l’esigenza che sia sempre assicurata la sicurezza della circolazione, va ribadito da un
lato che la circolare n. 5/98 prevede requisiti propri, rispetto a quelli richiamati in
sede di classificazione amministrativa delle strade dall’art. 2 del codice e,
comunque, detta classificazione, quando e se adottata, non risulta possa prendere
in considerazione singoli tratti di strada, che invece fanno parte di una unica via di
comunicazione, tanto che il tratto di strada in contestazione non risulta affatto
classificato autonomamente. Privo di pregio è anche l’ulteriore argomento dedotto dalla ricorrente, secondo cui
una circolare non potrebbe derogare a norme di rango superiore quali il codice
della strada e il regolamento di esecuzione, per cui, se codice e regolamento
stabiliscono dei requisiti per le pertinenze e aree di servizio, non sarebbe
ammissibile che una circolare possa derogare a tali previsioni.
L’argomento non è condivisibile.
Si è infatti già posto in luce che la circolare non si contrappone né deroga alle
disposizioni generali regolanti la materia, ma è volta solo a disciplinare in concreto
l’esercizio di un potere-dovere dell’ente proprietario della strada, al quale compete
esprimere un parere vincolante sulla ubicazione e le caratteristiche che devono
possedere le aree di servizio.
Anche questa censura è, quindi, inconferente.
Il ricorso va, pertanto, respinto, ma, stante la complessità interpretativa delle
problematiche esaminate, sussistono equi motivi per la compensazione delle spese
del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente
pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del presente grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2013 con
l'intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Sabato Malinconico, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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