•L’art. 2, c. 3, del d. lgs. 170 stabilisce che i punti di vendita non esclusivi sono tutti quelli di cui alle lettere dalla a) alla f) e quindi anche ….. le rivendite di carburanti e di oli minerali con il limite minimo di superficie pari a mq. 1.500, le medie e grandi strutture di vendita e centri commerciali con un limite minimo di superficie di vendita pari a mq. 700, nonché gli esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati, con un limite minimo di superficie di mq. 120;
La domanda è la seguente: per aprire un punto di vendita non esclusivo presso un distributore di carb., ovvero una media struttura di vendita, o presso un esercizio con prevalente vendita di libri, mediante SCIA,occorre comunque rispettare i suddetti limiti di superficie di 1.500 – 700 e 120 mq?
Personalmente ritengo di no, anche sulla base della sentenza del Consiglio di Stato, n. 1945 del 9 aprile 2013, a meno che il Comune con apposita deliberazione, non abbia individuato zone del territorio “vincolate”, cioè dove l’apertura di edicole non è libera ma contingentata in base, tuttavia, ad accertati imperativi motivi di interesse generale attinenti la tutela della salute, del patrimonio artistico e architettonico, dell’ordine pubblico, dell’ambiente, ecc. Siffatte ipotesi per le edicole risulterebbero impossibili da motivare!
La disposizione, ritengo venga dall’art. 34 c.2 del decreto legge n.201/11, e s.m.i. secondo cui: “La disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità".
Nella sostanza penso che dopo Monti anche questa tipologia di attività sia liberalizzata, potendosi applicare ad essa la SCIA con la verifica dei normali requisiti soggettivi di onorabilità nonché quelli oggettivi riferiti ai locali di esercizio; agibilità e destinazione d'uso conforme.
Questa è la mia opinione, speriamo che qualcuno più esperto e titolato di me la confermi ovvero la smentisca.
Confermo! Sia i punti vendita esclusivi che non esclusivi non sono sottoposti a specifiche condizioni, tanto meno le vecchie condizioni di ampiezza dei distrbutori, esercizi commerciali ecc. In sintesi, dovranno essere rispettati i normali requisiti per le attività commerciali. Resta inteso che un esercizio congiunto di vendita della stampa con altra tipologia di attività è generalmente ammesso.
Riporto un passo della recente sentenza del TAR Lombardia, Milano n. 326/2014
[i]Ciò premesso e venendo ora allo specifico tema inerente alla vendita della stampa quotidiana e periodica, la giurisprudenza ha più volte manifestato l'opinione secondo cui l'attuale quadro normativo consente di ritenere che non siano più vigenti i limiti derivanti dalla pianificazione locale e dal conseguente contingentamento della rete commerciale. Le norme che impongono il rispetto di distanze minime tra punti vendita esclusivi di quotidiani e periodici, a questa stregua, non solo sono in contrasto con i principi comunitari in materia di concorrenza tra le imprese e di libertà di stabilimento (cfr. Corte giust. UE, 11 marzo 2010, C-384/2008, 16 febbraio 2012, C-107 /11), essendo rivolte a garantire agli operatori commerciali del settore una ormai non più riconoscibile protezione dai rischi della libera concorrenza; bensì confliggono pure con la recente legislazione dello Stato (cui è riservata ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. e della Costituzione). Già il D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248), all'art. 3, aveva disposto che le attività commerciali di cui al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (nel cui ambito è annoverabile pure l'attività di distribuzione e vendita di giornali e riviste, come provato dal disposto dell'art. 13 del decreto, che esclude per essa solo l'applicazione delle disposizioni di cui al titolo IV, relative agli orari di apertura e di chiusura al pubblico) fossero svolte liberamente, senza obbligo di rispettare distanze minime tra esercizi della stessa tipologia. I successivi interventi normativi (art. 31 del D.L. n. 201 del 2011 convertito con L. n. 214 del 22 dicembre 2011, modificato dal D.L. n. 69 del 21 giugno 2013convertito dalla L. n. 98 del 9 agosto 2013) hanno ulteriormente consacrato, quale principio generale dell'ordinamento nazionale, la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla "t[/i][i]utela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano e dei beni culturali" (cfr. Consiglio di Stato, n. 1945/2013; Consiglio di Stato n. 4337/2013; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 23.9.2011 n.1674).[/i]