SOSPENSIONE art. 100 TULPS - presupposti per CdS 20/1/14
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - sentenza 20 gennaio 2014 n. 249
N. 00249/2014REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2976 del 2008, proposto da:
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
contro
Fanny S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE III, n. 00160/2007, resa tra le parti, concernente sospensione licenza per 120 giorni di un esercizio pubblico.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e udito l’avvocato dello Stato Marchini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - Con decreto del Questore di Milano del 6.7.2005, è stata disposta la sospensione per 120 giorni della licenza per la conduzione dell’esercizio pubblico denominato "Indiana Post", sito in Milano, via Casale, n. 7, ai sensi dell’art. 100 del T.U.L.P.S. (R.D. 18.6.1931, n. 773), per "gravissimo pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini".
Il provvedimento richiama, quale presupposto, la comunicazione del 28.6.2005 trasmessa dal Nucleo Operativo del Comando Compagnia Carabinieri Porta Magenta, da cui risulterebbe che il locale è frequentato assiduamente da pregiudicati coinvolti in traffico di stupefacenti. Si da atto anche del legame tra i due indagati e uno degli amministratori del locale (Sig. Nicola Inserrato), sottoposto ad indagini per il reato di agevolazione nello smercio di sostanze stupefacenti.
2. - Avverso il decreto del Questore la Società ha proposto ricorso che il TAR ha accolto, ritenendo che il provvedimento impugnato non sia motivato adeguatamente con riguardo al "concreto e gravissimo pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini", stante la sopravvenuta archiviazione delle indagini svolte nei confronti del predetto amministratore ed il proscioglimento dalle imputazioni inizialmente formulate a suo carico.
La sentenza ha, altresì, ritenuto che la misura adottata non è proporzionale al fine da raggiungere e che la sospensione avrebbe dovuto essere temporalmente più contenuta, trattandosi di circostanze emerse solo nella fase iniziale delle indagini e considerato che l’art. 9, comma 3, della l. n. 287/1991 prevede una sospensione per soli 15 giorni.
3. - Propone appello il Ministero deducendo l’erroneità delle argomentazioni svolte dal primo giudice e ritenendo che la situazione di fatto esistente al momento in cui fu adottato il provvedimento legittimava l’applicazione dell’art. 100 T.U.L.P.S. e che l’investigazione, nel cui contesto si inseriscono i fatti di causa, ha consentito di risalire alla struttura criminale cui si connettono i canali di approvvigionamento della cocaina in Sud America.
La richiesta di archiviazione, inoltre, non ha confutato la presenza di ragioni di ordine pubblico, ma ha escluso solo che ci fossero elementi sufficienti per chiedere il rinvio a giudizio dell’Inserrato.
Inoltre, la revoca del provvedimento, disposta il 25.7.2006, si fonda sul sopravvenuto cambio di gestione del locale.
Quanto alla durata della sospensione, il Ministero evidenzia che la determinazione è frutto di discrezionalità amministrativa.
4. - All’udienza del 12 dicembre 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è fondato.
2. - Come evidenzia il Ministero, al momento in cui il provvedimento fu emanato, sussistevano i presupposti di fatto, previsti dall’art. 100 T.U.L.P.S., per l’adozione della misura preventiva.
La norma richiede, con clausola di chiusura, che l’esercizio costituisca "un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini", a prescindere, dunque, dai tumulti o gravi disordini che vi siano avvenuti, o dal fatto che il locale sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose.
La finalità perseguita dall'art. 100, T.U.L.P.S. non è solo quella di sanzionare la soggettiva condotta del gestore del pubblico esercizio per avere consentito la presenza nel proprio locale di persone potenzialmente pericolose per l'ordine pubblico, ma anche quella di impedire, attraverso la temporanea chiusura del locale, il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale, ragion per cui si ha riguardo esclusivamente all'obiettiva esigenza di tutelare l'ordine e la sicurezza dei cittadini, anche a prescindere da ogni personale responsabilità dell'esercente.
Ai fini della legittimità della misura, pertanto, è sufficiente che la motivazione dia conto della sussistenza dei presupposti che, a giudizio dell'organo preposto alla tutela dell'ordine pubblico, configurino la situazione di pericolo da prevenire.
Il Collegio ritiene che non sia illogica e insufficiente la motivazione del provvedimento impugnato; né difettino i presupposti di fatto per l’adozione dello stesso.
La situazione descritta nel richiamato rapporto dei Carabinieri del 28.6.2006, dove si dà atto di una complessa e prolungata attività d’indagine, protrattasi dal 2002, a conclusione della quale si è ricostruita un’articolata organizzazione illecita impegnata nel traffico di sostanze stupefacenti, individuati i canali di approvvigionamento e vendita al dettaglio di cocaina, ed il locale "Indiana Post", gestito dalla società ricorrente, veniva individuato tra gli esercizi pubblici frequentati per il reperimento e/o vendita al dettaglio di droga, la frequentazione da parte di pregiudicati arrestati in data 10.6.2005 in esecuzione di ordini di cattura emessi dall’Autorità giudiziaria al termine dell’operazione, costituiscono tutte circostanze di fatto sicuramente idonee a sorreggere un giudizio prognostico di pericolosità con riguardo all’esercizio dell’attività nel detto locale.
Il giudizio di pericolosità viene formulato chiaramente alla luce dei dati in possesso al momento dell’adozione del provvedimento e la successiva archiviazione non è di per sé sufficiente ad inficiare la logicità e attendibilità di quel giudizio, allorché sussistano più elementi concordanti e precisi, rilevabili da atti di indagine circostanziati; difatti, il giudizio di rilevanza penale dei fatti non è richiesto ai fini della valutazione di pericolosità rilevante per l’adozione della misura di polizia.
Si vedano in tal senso, i fatti riportati nella nota dei Carabinieri, dove sono descritti soggetti e comportamenti, contatti telefonici, nonché il ruolo di Inserrato Nicola (uno degli amministratori della società ricorrente) nel rapporto con i pregiudicati interessati allo spaccio di stupefacenti.
Tra l’altro, le circostanze di fatto poste a base del provvedimento non sono state smentite dal provvedimento di archiviazione, sopravvenuto il 17.11.2005, che non ha posto in discussione che il locale fosse divenuto abituale ritrovo di persone pregiudicate o rappresentasse pericolo per l’ordine pubblico.
3. - Quanto alla durata della sospensione, si afferma nell’atto di appello che la durata di 120 gg. non sarebbe illogica, considerata la situazione di grave pericolo prefigurabile al momento di adozione del provvedimento.
Dispone l’art. 9, comma 3, della l. 287 del 25.8.1991, che la sospensione del titolo autorizzatorio, prevista dall'articolo 100 del T.U.L.P.S., non può avere durata superiore a quindici giorni, ma è salva la facoltà di disporre la sospensione per una durata maggiore, quando sia necessario per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica specificamente motivate.
Ritiene il Collegio che la determinazione circa la durata della sospensione muove da una valutazione discrezionale dell'autorità di pubblica sicurezza che - con scelta non sindacabile nel merito - ritiene sussistenti particolari ragioni per una protrazione della misura cautelare oltre i quindici giorni, purchè se ne dia espressamente conto nella motivazione (Consiglio di Stato, sez. VI, 21/05/2007, n. 2534).
Nella fattispecie, tali ragioni, desumibili dal contesto della motivazione del provvedimento, sono così specificamente rappresentate: " Ritenuto che per le ragioni suesposte il locale de quo rappresenta un concreto e gravissimo pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini e, pertanto, al fine di assicurare la tutela di tali primari interessi si rende necessaria l’immediata adozione di un provvedimento di sospensione della licenza di durata superiore al limite previsto dall’art. 9, comma 3, della l. 287/1991".
Attesa la specifica motivazione, che rimanda alla complessiva esposizione in fatto dell’intero provvedimento, non si configura né irragionevole né sproporzionata la determinazione della durata della chiusura dell’esercizio, considerata la gravità dei fatti rappresentati oggetto di indagine, che era effettivamente tale da suscitare un pericolo per la pubblica sicurezza che solo l’impedire la frequentazione della sala per congruo tempo avrebbe potuto prevenire.
4. - In conclusione l’appello va accolto.
5. - Le spese si compensano tra le parti, date le circostanze sopravvenute.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 20/01/2014.
Legittima seconda sospensione art. 100 TULPS se congruamente motivata
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[color=red][b]TAR FRIULI VENEZIA GIULIA – TRIESTE, SEZ. I – sentenza 19 luglio 2016 n. 374[/b][/color]
Paiono, dunque, ragionevoli le conclusioni che il Questore ha tratto dai su indicati riscontri fattuali ovvero l’aver ritenuto (o meglio preso atto) che “nel corso degli ultimi mesi l’esercizio commerciale è diventato punto di riferimento per pregiudicati, persone oziose e persone dedite al consumo di sostanze alcooliche e/o stupefacenti e che (…) la precedente sospensione dell’autorizzazione non risulta ancora soddisfare la finalità dissuasiva della frequentazione malavitosa e indotta dal temporaneo periodo di chiusura dell’esercizio stesso”.
Nel caso in esame, il Collegio ritiene, pertanto, che il provvedimento impugnato sia sorretto da sufficiente e idonea motivazione con particolare riferimento alla tutela e salvaguardia dell’ordine e della sicurezza dei cittadini e che non difettino assolutamente i presupposti di fatto per l’adozione dello stesso, anche sotto il profilo della durata della sospensione disposta.
La sussistenza di una situazione oggettiva idonea a configurare un concreto, attuale e grave pericolo per la collettività, in relazione ai presupposti individuati dall’art. 100 del T.U.L.P.S.. e dall’art. 9, comma 3, della legge n. 287 del 1991, pare, invero, di per sé rinvenibile nell’elevato numero di persone identificate all’interno dell’esercizio in questione risultate gravate da precedenti misure di allontanamento, destinatarie di avviso orale o sottoposte a provvedimento di espulsione dal territorio dello Stato o comunque risultate positive al Sistema di Indagine per svariate tipologie di reato.
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