Data: 2013-12-18 19:04:10

Piano regolatore e preclusione all'insediamento di mere attività commerciali

Piano regolatore e preclusione all'insediamento di mere attività commerciali
Il Consiglio di Stato, con la Sent. n. 5630 depositata il 26 novembre 2013 ha affermato l'impossibilità di un insediamento di natura commerciale in una zona urbanistica "D" destinata espressamente alle attività di produzione. Anche la legge afferma il medesimo principio ma soltanto dall'estate di quest'anno. Perché, infatti, il commercio sia vietato, lo deve stabilire specificatamente il PRG.

EDILIZIA E URBANISTICA
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 26-11-2013, n. 5630

EDILIZIA E URBANISTICA
Concessione per nuove costruzioni
(diniego della)
Piano per gli insediamenti produttivi

Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 8430 del 2011, proposto da

Ma.S.S. Immobiliare di C.L. & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Lavitola e Irene G. Bellavia, ed elettivamente domiciliata presso il primo dei difensori in Roma, via Costabella n. 23, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Palestrina, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Stella Richter e Pasquale Di Rienzo, ed elettivamente domiciliato presso i difensori in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 11, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

e con l'intervento di

Consorzio Prenestino P.I.P., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda bis, n. 1947 del 2 marzo 2011;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Palestrina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2013 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Irene Giuseppa Bellavia e Pasquale Di Rienzo;

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 8430 del 2011, Ma.S.S. Immobiliare di C.L. & C. s.a.s. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda bis, n. 1947 del 2 marzo 2011 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Palestrina per l'annullamento del Provv. n. 9997 del 2003 di rigetto della domanda di concessione edilizia e di risarcimento dei danni subiti.

Dinanzi al giudice di prime cure, la ricorrente società impugnava il diniego opposto dal Comune intimato alla propria domanda di permesso di costruire, presentata nell'ambito dell'area del P.I.P. in esame quale avente causa da una società partecipante all'originario progetto. La vicenda concerneva la richiesta realizzazione di un immobile ad usi produttivi nell'ambito di una zona P.I.P., ritenuta dal Comune non accoglibile in relazione alla previsione di spazi commerciali anziché riferiti a processi produttivi in senso stretto.

Avverso tale statuizione, la società ricorrente, con l'intervento ad adiuvandum del Consorzio P.I.P., aveva dedotto plurimi motivi di violazione di legge ed eccesso di potere, sotto il duplice profilo della violazione delle reali previsioni del P.I.P. e comunque della illegittimità di una tale previsione, mentre il resistente Comune aveva eccepito l'inammissibilità del ricorso e controdedotto la sua infondatezza.

Peraltro, con separato ricorso la ricorrente aveva già ottenuto l'annullamento di un precedente diniego fondato su motivi diversi (con sentenza del T.A.R. del Lazio n. 4877/2004) e che a seguito del nuovo diniego, impugnato con il ricorso in epigrafe, la stessa ricorrente, al fine di non decadere dai finanziamenti regionali, aveva poi presentato una ulteriore domanda di permesso edilizio depennando i previsti spazi ad uso commerciale. Tuttavia, anche la nuova domanda era stata peraltro respinta, con motivazioni analoghe a quelle del primo diniego e già ritenute illegittime dal T.A.R., con un diverso provvedimento fatto oggetto di separato ricorso in prime cure, ancora pendente al momento della pronuncia impugnata.

Il ricorso in epigrafe era peraltro autonomo, tanto che il primo giudice riteneva di poterlo decidere, senza previa riunione né con l'altro ricorso della ricorrente, riguardante in realtà utilità sostanziali diverse, né con l'altro ricorso, di cui al n. 10993/2003, concernente una fattispecie analoga ma non sovrapponibile in quanto in quel caso l'ulteriore domanda è stata accolta dal Comune.

Pertanto, con la sentenza ora gravata, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell'operato della pubblica amministrazione, in relazione all'ostacolo posto dalla normativa tecnica di zona all'autorizzazione della costruzione richiesta.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l'errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, ribadendo le proprie doglianze.

Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Palestrina, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del giorno 8 ottobre 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. - Con il primo motivo di diritto, sotto un primo profilo, viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 delle NTA del Piano per gli insediamenti produttivi del Comune di Palestrina e dell'art. 27 della L. n. 865 del 1971, nonché eccesso di potere per errore dei presupposti e difetto assoluto di istruttoria. Sotto un secondo profilo, si lamenta error in iudicando e in procedendo, per errata valutazione dei presupposti, illogicità e genericità manifeste. In concreto, la parte appellante evidenzia come il Comune prima e il T.A.R. dopo abbiano ritenuto erroneamente che nell'area di piano non fossero compatibili attività commerciali, in violazione della norma primaria a monte e di quella tecnica attuativa a valle.

1.1. - La censura, proposta nella duplice visuale procedimentale e processuale, non appare fondata.

Occorre osservare come la normativa tecnica applicabile all'area in esame abbia un contenuto estremamente stringente, procedendo a delimitare in maniera cogente la tipologia di insediamenti possibili. Si legge infatti nell'evocato art. 2 "Norme, indici e prescrizioni generali per la zona D", comma 1, delle NTA:

"Le aree incluse nella zona sono destinate ad insediamenti produttivi di nuova costruzione. È ivi esclusa l'edificazione di qualsiasi manufatto che non sia in stretta attinenza con il processo di lavorazione, e che non sia destinato alle attrezzature di servizio pubbliche e private previste per tali attività, ad eccezione di una cubatura da destinare a residenza per il personale di custodia".

Come traspare dalla piana lettura del testo, è esistente una preclusione all'insediamento in zona di mere attività commerciali, atteso che la disciplina del piano in esame si riferisce espressamente non alle "attività produttive" (dove non vi è dubbio che tale assunto possa riferirsi anche ad altre attività economiche) ma, in maniera tassativa e stringente, a manufatti collegati alla realizzazione di "processi produttivi" ed alle sole ulteriori attività ad essi strettamente funzionali. È quindi la disciplina tecnica che rende quindi impossibile l'inclusione nella tipologia di attività possibili quella condotta dall'appellante, ossia quella commerciale, intesa nel senso di attività di intermediazione nella circolazione dei beni.

La valutazione operata dal Comune e dal giudice di prime cure appare quindi condivisibile.

2. - Con il secondo motivo di diritto, viene dedotto error in iudicando e in procedendo in relazione al D.P.R. n. 447 del 1998 e alla circolare del Ministero dell'industria n. 530971 del 1999. L'appellante eccepisce che, sulla scorta delle norme evocate, il concetto di insediamento produttivo comprenda necessariamente anche le attività commerciali.

2.1. - La doglianza non è conferente.

La censura dell'appellante si pone su un piano argomentativo diverso da quello concretamente utilizzabile nella circostanza in esame ed è pertanto irrilevante.

Infatti, in questa sede non si discute se esista una nozione generale di attività commerciale e se questa sia o meno compresa in quella di insediamento produttivo. La ratio della presente decisione riguarda unicamente il contenuto della disposizione tecnica qui applicabile, ossia il già citato art. 2 delle NTA e il limite da questa posta all'esercizio di attività commerciali. Quindi, quand'anche il motivo riuscisse a provare che esiste un rapporto di continenza in generale tra la nozione di insediamento produttivo e quella di attività commerciale, non riuscirebbe a incidere sulla natura eccezionale della norma in esame, che rimarrebbe comunque salva.

L'argomentazione sostenuta dal primo giudice non è quindi incisa dalle affermazioni contenute nel motivo di ricorso, che non toccano il disposto normativo in concreto applicabile.

3. - Con il terzo motivo di diritto, viene lamentata violazione del principio di affidamento, eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, nonché error in iudicando e in procedendo. La censura si sofferma sull'affidamento ingenerato dal Comune che, avendo ammesso a partecipare alla selezione anche le imprese commerciali, aveva fatto confidare la parte sulla possibile realizzazione dell'iniziativa.

3.1. - La censura va respinta.

Occorre osservare che il soggetto partecipante alla gara sia stato la società dante causa dell'attuale appellante, la quale è stata inserita nella graduatoria delle imprese assegnatarie approvata con delibera di giunta municipale n. 167 del 1999. La nascita della posizione rilevante in capo all'appellante è invece conseguenza di fatti successivi, ossia dell'acquisto dell'area de qua e della presentazione del progetto edilizio nel 2003, e si colloca quindi in un momento ulteriore, sia proceduralmente che cronologicamente, rispetto all'esito della procedura.

Pertanto, nei ristretti limiti in cui l'affidamento è tutelabile, anche per la configurazione dell'elemento soggettivo che lo sostiene, tale situazione sarebbe predicabile unicamente in relazione al soggetto partecipante alla procedura, ossia il dante causa dell'odierna appellante, e non certo in relazione a quest'ultima, che a tale vicenda è rimasta estranea.

4. - Con il quarto motivo di diritto, non esaminato in prime cure, viene lamentata la violazione dell'art. 5 delle NTA del Piano per gli insediamenti produttivi, nonché eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti e difetto di istruttoria. Viene così evidenziata l'erroneità del diniego al progetto edilizio sotto il profilo della compatibilità dimensionale del manufatto erigendo, atteso che lo stesso, a giudizio dell'appellante, era del tutto conforme alla normativa urbanistica applicabile.

4.1. - La censura non ha rilievo.

Correttamente, il T.A.R. ha potuto omettere di valutare la censura qui riproposta (e peraltro, la cui dimostrazione di fondatezza è rimessa dalla stessa appellante ad un fatto futuro, ossia al deposito in giudizio di documentazione) atteso che, quand'anche fondata, non avrebbe potuto portare ad un esito diverso del ricorso né, anche questo è un profilo rilevante, all'accoglimento di una possibile domanda subordinata risarcitoria.

La censura va quindi respinta per inconferenza.

5. - L'appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l'appello n. 8430 del 2011;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Francesca Quadri, Consigliere

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