Le ASP possono localizzarsi OVUNQUE a prescindere dalla destinazione d'uso
[color=red][size=14pt][b]T.A.R. Toscana, Sezione III, 18 ottobre 2013 n. 1404[/b][/size][/color]
FATTO E DIRITTO
L’associazione La Vallata in data 18 luglio 2012 presentava al Comune di Vaiano una s.c.i.a. per la ristrutturazione di un immobile artigianale con cambio di destinazione d’uso a circolo sportivo, in catasto al foglio 13, particella 191, sub 502, in zona omogenea D “tessuti produttivi consolidati in situazioni marginali e misti”, UTOE 2 “Macrolotto di Gabolana”, area di produzione, terziario Tc2; l’Amministrazione tuttavia, in data 10 agosto 2012, emetteva ordinanza di sospensione dei lavori e di contestuale rimozione delle opere già realizzate, ex art.84 della L.R. n.1 del 2005, per contrasto dell’intervento con l’art.36.3, comma 2 delle NTA del RU, essendo ammesse in zona solo destinazioni commerciali (media distribuzione, artigianato di servizio) e direzionali (uffici), disciplina da rispettare anche per le associazioni di promozione sociale di cui agli artt.7 e 32 della Legge n.383 del 2000; il successivo 5 ottobre 2012 il Soggetto pubblico rinnovava l’ordinanza di demolizione.
L’interessata impugnava le suddette determinazioni, unitamente alla disciplina urbanistica comunale di riferimento, censurandole per violazione degli artt.2, 3, 9, 18, 97 Cost., degli artt.55, 58, 59, 69, 84, 84 bis, 129 della L.R. n.1 del 2005, degli artt.1, 7, 32 della Legge n.383 del 2000, degli artt.3, 6, 7, 10, 19 della Legge n.241 del 1990, del D.M. n.471 del 2001, dell’art.1365 c.c., delle NTA del RU del 2007, delle NTA del PS del 2004, per illegittimità derivata, per eccesso di potere sotto il profilo della carenza di presupposti, di istruttoria e di motivazione, della contraddittorietà, del travisamento, della perplessità e manifesta illogicità.
La ricorrente in particolare ha fatto presente che il Comune avrebbe semmai dovuto richiedere all’Associazione di integrare la propria documentazione, avendo dubbi sua natura; che la sede dei circoli sportivi, quali la ricorrente medesima, è compatibile con qualsiasi destinazione urbanistica, risultando la disciplina comunale sul punto integrata dalla legge statale; che come circolo sportivo la ricorrente è iscritta all’Associazione Nazionale Comunità Sociali e Sportive (ANCOS), a sua volta iscritta nell’apposito registro nazionale delle associazioni di promozione sociale; che dunque anche la ricorrente risulta in via automatica iscritta nel suddetto registro; che inoltre, anche volendo considerare la funzione di interesse pubblico della destinazione, era stato stipulato un contratto di comodato come titolo di utilizzo temporaneo dell’immobile; che altresì la destinazione a circolo sportivo non è espressamente vietata dalla disciplina urbanistica comunale, non incompatibile con la destinazione di zona, in definitiva ammessa dal PS; che comunque specifiche destinazioni dovevano essere fissate nel piano di distribuzione e di localizzazione delle funzioni, quale strumento attuativo in conformità colla legislazione regionale e il PS; che era mancata anche la comunicazione di avvio del relativo procedimento; che i suddetti vizi si trasmettevano, anche in via derivata, sulla seconda ordinanza.
Con decreto n.687 del 2012 veniva accolta la domanda della ricorrente per l’adozione di una misura cautelare provvisoria, in relazione all’ingiunzione demolitoria.
L’Amministrazione si costituiva in giudizio per la reiezione del gravame, deducendo nel merito l’infondatezza del medesimo, anche per asserite carenze per gli standard a parcheggio, per difformità edilizie, costituenti abusi riscontrati nel fabbricato esistente, in assenza inoltre dei dovuti accertamenti di compatibilità paesaggistica.
Con ordinanza n.740 del 2012 il Tribunale accoglieva la domanda cautelare presentata dalla ricorrente.
La predetta Associazione inoltre con memoria ribadiva i propri assunti, sostenendo che il Comune non poteva integrare ex post la motivazione dei provvedimenti emessi, ovvero nel corso del giudizio e al di fuori di un apposito procedimento e poi provvedimento amministrativo.
Con ulteriore memoria l’Amministrazione insisteva nelle proprie difese, aggiungendo che vi era stato un pronunciamento negativo sull’intervento da parte dei Vigili del Fuoco e che era in atto un tentativo per aggirare la disciplina preclusiva comunale.
Seguivano le repliche delle parti, con deduzione da parte dell’Amministrazione della tardività del deposito dei documenti ad opera della ricorrente in data successiva al 30 aprile 2013, ex art.73 c.p.a..
Nell’udienza dell’11 giugno 2013 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.
Il Collegio rileva in primo luogo che, ai fini del decidere, non viene presa in esame, perché tardiva, la documentazione prodotta oltre il termine perentorio di quaranta giorni liberi prima dell’udienza, ex art.73, comma 1 c.p.a. (cfr., tra le altre, Cons. Stato, IV, n.916 del 2013, TAR Marche, n.260 del 2013).
Va aggiunto che non può del pari e in ogni caso tenersi conto delle memorie difensive dell’Amministrazione, laddove le stesse integrano in sede giudiziale e al di fuori di un apposito procedimento amministrativo e del conseguente provvedimento, le motivazioni delle determinazioni impugnate (cfr., in ultimo, Cons. Stato, V, n.1808 del 2013).
Nel merito il ricorso è fondato e va pertanto accolto, per le assorbenti ragioni di seguito esposte, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
[b]Invero è necessario evidenziare al riguardo che, in base al combinato disposto degli artt.7, comma 3 e 32, comma 4 della Legge n.383 del 2000, l’iscrizione nel registro nazionale delle associazioni di promozione sociale a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel medesimo, tra l’altro, dei circoli affiliati e che le sedi ed i locali nei quali si svolgono le relative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal D.M. 2 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica (cfr., in caso analogo, TAR Puglia-Lecce, I, n.1653 del 2008); che dunque sul punto la legislazione statale determina un eterointegrazione della disciplina comunale, con prevalenza sulla stessa; che nel caso di specie l’associazione di promozione sociale La Vallata, quale circolo sportivo, risulta affiliata all’ANCOS, del pari associazione di promozione sociale (cfr. all.4, 6 al ricorso), a sua volta iscritta nel relativo registro nazionale, pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; che dunque ne discende l’automatica iscrizione nel predetto registro anche della ricorrente; che pertanto l’intervento in esame, volto a fissare la sede dell’attività dell’interessata nel Comune di Vaiano (cfr. s.c.i.a. all.8 al ricorso), risulta compatibile con tutte le destinazioni d’uso omogenee di cui al D.M. 2 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica impressa in concreto all’area in questione dall’Amministrazione (cfr. già TAR Toscana, III, ord. n.740 del 2012). [/b]
Le spese di giudizio, fermo restando quanto statuito sul punto in fase cautelare, seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso n.1494/2012 indicato in epigrafe e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in €2.000,00 (Duemila/00) oltre a IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Riccardo Giani, Consigliere
Silvio Lomazzi, Consigliere, Estensore
Buonasera, sono un Professionista in edilizia che opera nel Comune di Prato, vorrei porvi una domanda relativa all'oggetto della presente discussione, premetto che ho già inviato una Mail con lo stesso quesito al vostro indirizzo info@omniavis.it ma credo che la cosa possa essere di utilità pubblica e pertanto, sperando di fare cosa gradita, lo riporto anche qui cercando di spiegarmi nel migliore dei modi...
La sentenza del TAR Toscana qui riportata ritengo non esaurisca, o almeno non nel mio preciso caso, ogni dubbio sull'interpretazione dell'articolo 32 co. 4 della L.383/2000 e mi spiego: nella descrizione del ricorso, nelle righe iniziali, si evince chiaramente che l'Associazione ricorrente, al momento dell'ordinanza di sospensione e ingiunzione a demolire da parte dell'amministrazione Comunale, aveva già presentato al Comune la S.c.i.a. per ristrutturazione e cambio di destinazione d'uso, pertanto il motivo del contendere si caratterizzava nella sola incompatibilità tra la destinazione d'uso di progetto (circolo sportivo) e quelle previste nel Regolamento Urbanistico del Comune e sotto questo punto di vista la sentenza non lascia dubbi di sorta a favore del ricorrente; ma, a mio avviso per poter ritenere che le associazioni di promozione sociale [u]si possano insediare ovunque[/u], c'è bisogno di un ulteriore chiarimento, che è poi il problema che sto incontrando nel mio caso specifico e per il quale chiedo il vostro aiuto: appurato che la sentenza ammette il mutamento della destinazione d'uso ai sensi del citato art.32 co.4 anche laddove il regolamento urbanistico locale non lo consentirebbe, mi chiedo e vi chiedo, sarebbe lecito ritenere che ai sensi dello stesso articolo non sia necessario nemmeno richiedere il cambio di destinazione d'uso e pagamento dei relativi oneri urbanistici? il mio comune richiede il cambio di destinazione con pagamento di oneri ma a questo punto mi chiedo se sia una richiesta legittima... leggendo un po' in giro, e parlando con chi si è già imbattuto nel problema credo che il reale nodo della questione sia più questo del precedente, in quanto va ad intaccare in modo nemmeno troppo leggero le tasche di chi ha già molto da spendere per l'avvio di una nuova attività; so che ci sono associazioni in causa con molti Comuni e che c'è una carenza generalizzata di normativa locale sul punto e proprio per questo vorrei capire quale potrebbe essere la giusta strada da intraprendere anche attraverso l'orientamento medio di chi ha già trattato la questione.
grazie buonasera.
Buonasera, sono un Professionista in edilizia che opera nel Comune di Prato, vorrei porvi una domanda relativa all'oggetto della presente discussione, premetto che ho già inviato una Mail con lo stesso quesito al vostro indirizzo info@omniavis.it ma credo che la cosa possa essere di utilità pubblica e pertanto, sperando di fare cosa gradita, lo riporto anche qui cercando di spiegarmi nel migliore dei modi...
La sentenza del TAR Toscana qui riportata ritengo non esaurisca, o almeno non nel mio preciso caso, ogni dubbio sull'interpretazione dell'articolo 32 co. 4 della L.383/2000 e mi spiego: nella descrizione del ricorso, nelle righe iniziali, si evince chiaramente che l'Associazione ricorrente, al momento dell'ordinanza di sospensione e ingiunzione a demolire da parte dell'amministrazione Comunale, aveva già presentato al Comune la S.c.i.a. per ristrutturazione e cambio di destinazione d'uso, pertanto il motivo del contendere si caratterizzava nella sola incompatibilità tra la destinazione d'uso di progetto (circolo sportivo) e quelle previste nel Regolamento Urbanistico del Comune e sotto questo punto di vista la sentenza non lascia dubbi di sorta a favore del ricorrente; ma, a mio avviso per poter ritenere che le associazioni di promozione sociale [u]si possano insediare ovunque[/u], c'è bisogno di un ulteriore chiarimento, che è poi il problema che sto incontrando nel mio caso specifico e per il quale chiedo il vostro aiuto: appurato che la sentenza ammette il mutamento della destinazione d'uso ai sensi del citato art.32 co.4 anche laddove il regolamento urbanistico locale non lo consentirebbe, mi chiedo e vi chiedo, sarebbe lecito ritenere che ai sensi dello stesso articolo non sia necessario nemmeno richiedere il cambio di destinazione d'uso e pagamento dei relativi oneri urbanistici? il mio comune richiede il cambio di destinazione con pagamento di oneri ma a questo punto mi chiedo se sia una richiesta legittima... leggendo un po' in giro, e parlando con chi si è già imbattuto nel problema credo che il reale nodo della questione sia più questo del precedente, in quanto va ad intaccare in modo nemmeno troppo leggero le tasche di chi ha già molto da spendere per l'avvio di una nuova attività; so che ci sono associazioni in causa con molti Comuni e che c'è una carenza generalizzata di normativa locale sul punto e proprio per questo vorrei capire quale potrebbe essere la giusta strada da intraprendere anche attraverso l'orientamento medio di chi ha già trattato la questione.
grazie buonasera.
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NON HO DUBBI nel ritenere che la normativa prevede la compatibilità dell'attuale destinazione, SENZA NECESSITA' ALCUNA DI CAMBIO DI DESTINAZIONE D'USO.
La norma (e la sentenza lo chiarisce) non vuole che si passi alla destinazione commerciale .... ma che si mantenga l'attuale destinazione (reisdenziale, artigianale, direzionale, ecc....) fintanto che i locali sono usati da una ASP
[color=red]Invero è necessario evidenziare al riguardo che, in base al combinato disposto degli artt.7, comma 3 e 32, comma 4 della Legge n.383 del 2000, l’iscrizione nel registro nazionale delle associazioni di promozione sociale a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel medesimo, tra l’altro, dei circoli affiliati e che le sedi ed i locali nei quali si svolgono le relative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal D.M. 2 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica (cfr., in caso analogo, TAR Puglia-Lecce, I, n.1653 del 2008); che dunque sul punto la legislazione statale determina un eterointegrazione della disciplina comunale, con prevalenza sulla stessa; che nel caso di specie l’associazione di promozione sociale La Vallata, quale circolo sportivo, risulta affiliata all’ANCOS, del pari associazione di promozione sociale (cfr. all.4, 6 al ricorso), a sua volta iscritta nel relativo registro nazionale, pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; che dunque ne discende l’automatica iscrizione nel predetto registro anche della ricorrente; che pertanto l’intervento in esame, volto a fissare la sede dell’attività dell’interessata nel Comune di Vaiano (cfr. s.c.i.a. all.8 al ricorso), risulta compatibile con tutte le destinazioni d’uso omogenee di cui al D.M. 2 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica impressa in concreto all’area in questione dall’Amministrazione (cfr. già TAR Toscana, III, ord. n.740 del 2012).
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Apprezzo la sua sicurezza e sarei ben felice che fosse come lei scrive perchè mi sarebbe di grande aiuto, ma mi trova in disaccordo...e tengo a precisare che il mio disaccordo non è riferito all'interpretazione che lei da della norma, anche perchè son qui proprio per farmi un'idea precisa in merito e quindi non potrei dissentire, ma il mio disaccordo è riferito all'argomentazione che porta a suffragio della sua interpretazione, mi spiego:
in quale punto la sentenza esporrebbe quanto da lei asserito? non mi fraintenda non sono qui per criticare ma solo ed esclusivamente per capire...
al momento dell'ordinanza di sospensione la società ricorrente aveva già presentato scia edilizia per ristrutturazione e cambio di destinazione d'uso;
[i]"L’associazione La Vallata in data 18 luglio 2012 presentava al Comune di Vaiano una s.c.i.a. per la ristrutturazione di un immobile artigianale con[b] cambio di destinazione d’uso[/b] a circolo sportivo..."[/i]
in seguito l'amministrazione sospende le opere in quanto si accorge del contrasto tra la richiesta di mutamento di destinazione (a circolo sportivo) con quanto dettato nelle vigenti NTA (che per la zona permettono solo destinazione commerciale e direzionale)
"[i]...l’Amministrazione tuttavia, in data 10 agosto 2012, emetteva ordinanza di sospensione dei lavori... ...per contrasto dell’intervento con l’art.36.3, comma 2 delle NTA del RU, [b]essendo ammesse in zona solo destinazioni commerciali (media distribuzione, artigianato di servizio) e direzionali (uffici)[/b][/i]"
quindi in questo preciso caso, a mio modesto parere, questo era il reale oggetto del contendere, ovvero, la compatibilità dell'intervento richiesto (cambio di destinazione da artigianale a circolo sportivo) con le vigenti Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Urbanistico e NON l'obbligatorietà o meno della richiesta di cambio di destinazione; infatti il TAR si esprime in maniera pertinente come segue:
[i]"...che pertanto [b]l’intervento[/b] in esame, volto a fissare la sede dell’attività dell’interessata nel Comune di Vaiano (cfr. s.c.i.a. all.8 al ricorso), risulta compatibile con tutte le [b]destinazioni d’uso omogenee di cui al D.M. 2 aprile 1968[/b]...[/i] il DM citato si riferisce alle zone territoriali omogenee del regolamento urbanistico del comune e il TAR ritiene che l'intervento sia [u]compatibile[/u] con tutte le destinazioni d'uso previste, ma il fatto che l'intervento sia ritenuto compatibile non implica in automatico che lo sia senza dover effettuare un cambio di destinazione e pagare i relativi oneri al comune ..cioè la questione è l'ammissibilità del cambio di destinazione non la sua obbligatorietà...
poi prosegue..
[i] "...indipendentemente dalla destinazione urbanistica impressa in concreto [b]all’area in questione dall’Amministrazione[/b]."[/i] qui, il TAR, a mio avviso, si riferisce alla destinazione urbanistica di piano regolatore o per meglio dire Regolamento Urbanistico, ovvero le destinazioni ammissibili citate (commerciale e direzionale) e quindi anche in questo caso risponde alla questione di compatibilità tra l'intervento richiesto di mutamento di destinazione d'uso e le destinazioni urbanistiche ammissibili riportate nel Regolamento Urbanistico del Comune e NON pone in discussione la necessità o meno della pratica di cambio di destinazione d'uso e pagamento dei relativi oneri al Comune.
le ripeto sono qui per capire... se lei non ha dubbi, come scrive, cortesemente aiuti anche me a togliermi quelli che mi sono rimasti... :) la ringrazio per l'interessamento e la saluto cordialmente.
Apprezzo la sua sicurezza e sarei ben felice che fosse come lei scrive perchè mi sarebbe di grande aiuto, ma mi trova in disaccordo...e tengo a precisare che il mio disaccordo non è riferito all'interpretazione che lei da della norma, anche perchè son qui proprio per farmi un'idea precisa in merito e quindi non potrei dissentire, ma il mio disaccordo è riferito all'argomentazione che porta a suffragio della sua interpretazione, mi spiego:
in quale punto la sentenza esporrebbe quanto da lei asserito? non mi fraintenda non sono qui per criticare ma solo ed esclusivamente per capire...
al momento dell'ordinanza di sospensione la società ricorrente aveva già presentato scia edilizia per ristrutturazione e cambio di destinazione d'uso;
[i]"L’associazione La Vallata in data 18 luglio 2012 presentava al Comune di Vaiano una s.c.i.a. per la ristrutturazione di un immobile artigianale con[b] cambio di destinazione d’uso[/b] a circolo sportivo..."[/i]
in seguito l'amministrazione sospende le opere in quanto si accorge del contrasto tra la richiesta di mutamento di destinazione (a circolo sportivo) con quanto dettato nelle vigenti NTA (che per la zona permettono solo destinazione commerciale e direzionale)
"[i]...l’Amministrazione tuttavia, in data 10 agosto 2012, emetteva ordinanza di sospensione dei lavori... ...per contrasto dell’intervento con l’art.36.3, comma 2 delle NTA del RU, [b]essendo ammesse in zona solo destinazioni commerciali (media distribuzione, artigianato di servizio) e direzionali (uffici)[/b][/i]"
quindi in questo preciso caso, a mio modesto parere, questo era il reale oggetto del contendere, ovvero, la compatibilità dell'intervento richiesto (cambio di destinazione da artigianale a circolo sportivo) con le vigenti Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Urbanistico e NON l'obbligatorietà o meno della richiesta di cambio di destinazione; infatti il TAR si esprime in maniera pertinente come segue:
[i]"...che pertanto [b]l’intervento[/b] in esame, volto a fissare la sede dell’attività dell’interessata nel Comune di Vaiano (cfr. s.c.i.a. all.8 al ricorso), risulta compatibile con tutte le [b]destinazioni d’uso omogenee di cui al D.M. 2 aprile 1968[/b]...[/i] il DM citato si riferisce alle zone territoriali omogenee del regolamento urbanistico del comune e il TAR ritiene che l'intervento sia [u]compatibile[/u] con tutte le destinazioni d'uso previste, ma il fatto che l'intervento sia ritenuto compatibile non implica in automatico che lo sia senza dover effettuare un cambio di destinazione e pagare i relativi oneri al comune ..cioè la questione è l'ammissibilità del cambio di destinazione non la sua obbligatorietà...
poi prosegue..
[i] "...indipendentemente dalla destinazione urbanistica impressa in concreto [b]all’area in questione dall’Amministrazione[/b]."[/i] qui, il TAR, a mio avviso, si riferisce alla destinazione urbanistica di piano regolatore o per meglio dire Regolamento Urbanistico, ovvero le destinazioni ammissibili citate (commerciale e direzionale) e quindi anche in questo caso risponde alla questione di compatibilità tra l'intervento richiesto di mutamento di destinazione d'uso e le destinazioni urbanistiche ammissibili riportate nel Regolamento Urbanistico del Comune e NON pone in discussione la necessità o meno della pratica di cambio di destinazione d'uso e pagamento dei relativi oneri al Comune.
le ripeto sono qui per capire... se lei non ha dubbi, come scrive, cortesemente aiuti anche me a togliermi quelli che mi sono rimasti... :) la ringrazio per l'interessamento e la saluto cordialmente.
[/quote]
Salve,
la premessa fondamentale è che questo forum serve ad esporre posizioni personali che NON SONO MAI CERTEZZE (nel mondo del diritto amministrativo italiano ciò è impossibile).
Io però amo esprimere posizioni chiare e precise, per evitare fumosi interventi che sostengono sia una tesi che l'altra.
Quindi ribadisco: PER ME NON CI SONO DUBBI sulla compatibilità con qualunque destinazione d'uso delle sedi delle APS che svolgono somministrazione.
Ciò NON in base alla sentenza (la sentenza non costituisce fonte del diritto, anche se aiuta) ma al disposto normativo che appare chiaro e puntuale e che trova conferma in altri settori (es. per le attività ricettive extra-alberghiere).
Approfondimenti:
http://www.edkeditore.it/edk/webform.nsf/14833a1d6245a44ac12571ff002f13ac/472dcf1acf72c727c1257a34004e9b56?OpenDocument
http://www.marilisabombi.it/home/default.asp?sezione=mostra_contributi&id=678&tipo=criviste
[quote]
Salve,
la premessa fondamentale è che questo forum serve ad esporre posizioni personali che NON SONO MAI CERTEZZE [/quote]
ovviamente
[quote](nel mondo del diritto amministrativo italiano ciò è impossibile).[/quote]
purtroppo lo so...
[quote]Io però amo esprimere posizioni chiare e precise, per evitare fumosi interventi che sostengono sia una tesi che l'altra.
Quindi ribadisco: PER ME NON CI SONO DUBBI sulla compatibilità con qualunque destinazione d'uso delle sedi delle APS che svolgono somministrazione.
Ciò NON in base alla sentenza (la sentenza non costituisce fonte del diritto, anche se aiuta) ma al disposto normativo che appare chiaro e puntuale e che trova conferma in altri settori (es. per le attività ricettive extra-alberghiere).
Approfondimenti:
http://www.edkeditore.it/edk/webform.nsf/14833a1d6245a44ac12571ff002f13ac/472dcf1acf72c727c1257a34004e9b56?OpenDocument
http://www.marilisabombi.it/home/default.asp?sezione=mostra_contributi&id=678&tipo=criviste
[/quote]
ok, al di la della sentenza del TAR Toscana che ribadisco a mio parere, non chiarisce completamente il problema, per i motivi sopra esposti, capisco la sua posizione, e condivido pienamente l'interpretazione che lei da alla norma anche alla luce del vero intento del Legislatore che è quello di promuovere ed agevolare le attività di promozione sociale; tra l'altro leggendo le sentenze e la risoluzione del Ministero, molto più chiarificatrici del TAR Toscana, mi rendo conto che i due Tribunali ed il Ministero sono di nostro stesso orientamento; ma rimane il fatto, ed è un dato di fatto riscontrabile presso la mia ed altre Amministrazioni Comunali, che l'Art.32 co.4 della Legge 383/2000, per come è formulato, lascia spazio alle interpretazioni che puntualmente i Comuni recepiscono nella maniera più conveniente (per loro) ed il comune cittadino che abbia la voglia di fare qualcosa di buono si vede costretto ad esporsi economicamente, rivolgersi al TAR, con la triste possibilità di vedersi rigettare il ricorso e veder vanificare tutti gli oneri sostenuti...puro sfogo personale. la ringrazio per l'interessamento e la saluto cordialmente.