GIOCHI VLT - COMUNE può impugnare licenza art. 88 se non rispetta luoghi sensibili
Consiglio di Stato, sent. 4498/2013.
N. 04498/2013REG.PROV.COLL.
N. 08847/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8847 del 2012, proposto dal Comune di Bolzano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Merini, Bianca M. Giudiceandrea e Giampiero Placidi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Flaminia, 79;
contro
la Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Michele Costa, Renate von Guggenberg, Laura Fadanelli, Stephan Beikircher e Lukas Plancker, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Bassano del Grappa, 24;
nei confronti di
la s.r.l. Studio Games, in persona del legale rappresentante pro tempore Aldo Bassani, quest’ultimo anche in proprio, rappresentati e difesi dagli avvocati Stephan Vale e Andrea Nervi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Sallustiana, 26;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DI BOLZANO, n. 358/2012, resa tra le parti e concernente: autorizzazione alla raccolta di giocate tramite apparecchi da gioco denominati video lottery terminal - VLT;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Placidi, Costa e Busetti, quest’ultimo per delega dell’avvocato Nervi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano respingeva (a spese compensate) il ricorso n. 31 del 2012, proposto dal Comune di Bolzano avverso il provvedimento del Presidente della Provincia autonoma di Bolzano del 21 novembre 2011, rilasciato in favore dell’istante Bassani Aldo, quale legale rappresentante della s.r.l. Studio Games, ed avente ad oggetto l’autorizzazione alla raccolta di giocate tramite gli apparecchi da gioco appartenenti alla tipologia di cui all’art. 110, sesto comma, lett. b), r.d. 18 giugno 1931, n. 773, denominati VLT (c.d. Videolottery, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione telematico e che sono collegate in rete), nel locale sito in Bolzano, via Resia n. 27, per violazione della disciplina provinciale di cui all’art. 5-bis l. prov. 13 maggio 1992, n. 13, e 11, comma 1-bis, l. prov. 14 dicembre 1988, n. 58, che stabiliscono l’osservanza di una distanza di 300 m degli esercizi e della sale da giochi e di attrazione, dagli istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale.
L’adito T.r.g.a respingeva il ricorso sulla base dell’assorbente rilievo in diritto, che le c.d. “sale dedicate”, nelle quali potevano essere installati gli apparecchi VLT, non erano qualificabili né come pubblici esercizi (per gli effetti di cui all’art. 11 l. prov. 14 dicembre 1988, n. 58), né come sale pubbliche da giochi (per gli effetti di cui all’art. 5-bis l. prov. 13 maggio 1992, n. 13), e che, nell’ordinamento della Provincia di Bolzano, solo con la legge provinciale 21 dicembre 2011, n. 15, entrata in vigore il 28 dicembre 2011, eppertanto dopo il rilascio dell’impugnata autorizzazione, era stato introdotto il comma 2-bis dell’art. 5-bis l. prov. 13 maggio 1992, n. 13, con cui le limitazioni alla localizzazione delle sale da gioco e di attrazione, di cui al primo comma dello stesso articolo di legge, erano state estese “ad ogni tipo di esercizio dedicato al gioco tramite apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche” (v. così, testualmente, la nuova disposizione normativa), con conseguente inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio, sul presupposto della qualificazione della norma citata come innovativa, e non interpretativa.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello il Comune di Bolzano, deducendo l’erronea applicazione degli artt. 5-bis l. prov. 13 maggio 1992, n. 13, 11, comma 1-bis, l. prov. 14 dicembre 1988, n. 58, e 88 e 110 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, e la conseguente erronea esclusione dell’applicabilità, alla fattispecie dedotta in giudizio, delle limitazioni di localizzazione delle “sale dedicate” ad apparecchi VLT.
L’appellante Comune di Bolzano chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di primo grado.
3. Si costituiva in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, contestando la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione e proponendo appello incidentale avverso le statuizioni reiettive delle eccezioni di inammissibilità del ricorso originario, sollevate dall’Amministrazione provinciale in primo grado, sotto vari profili.
4. Costituendosi in giudizio, gli originari controinteressati contestavano la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione e riproponendo le eccezioni e difese di primo grado. Gli stessi interponevano, altresì, appello incidentale avverso le statuizioni di rigetto delle eccezioni di tardività ed inammissibilità del ricorso originario, sollevate in primo grado.
5. All’udienza pubblica del 9 aprile 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.
6. Ritiene la Sezione che destituiti di fondamento sono gli appelli incidentali (da affrontare in via preliminare, poiché investono questioni pregiudiziali di rito), mentre merita accoglimento l’appello principale proposto dal Comune di Bolzano.
6.1. In reiezione dei motivo d’appello incidentale ed a conferma dei capi della sentenza, con i quali sono state respinte le eccezioni di tardività e inammissibilità dell’originario ricorso del Comune, sollevate in primo grado dagli odierni appellanti incidentali sotto vari profili, è sufficiente rilevare che:
- l’impugnata autorizzazione provinciale risulta essere stata comunicata al Comune di Bolzano il 9 dicembre 2011 [v. il timbro apposto sul documento n. 2) prodotto dal Comune in primo grado], con la conseguente tempestività della notificazione del ricorso di primo grado alle controparti, in data 6 febbraio 2012, mentre difetta di prova l’esatta data di un’asserita conoscenza effettiva, da parte dell’organo competente, in data anteriore;
- al nulla-osta comunale del 15 luglio 2011 può attribuirsi mera valenza urbanistica riguardante la destinazione d’uso del locale, essendo esso stato rilasciato in risposta a correlativa richiesta di parere inoltrata dall’Amministrazione provinciale all’ufficio urbanistico del Comune, mentre non vi si può scorgere una sorta di acquiescenza preclusiva dell’interesse all’impugnazione sotto profili diversi da quelli urbanistici, occorrendo all’uopo una manifestazione univoca di volontà del competente organo comunale, nella specie mancante;
- il Comune, quale ente esponenziale della comunità locale, deve ritenersi legittimato attivo ad impugnare l’autorizzazione provinciale, a tutela degli interessi incisi dalla violazione dei limiti di localizzazione della sala da gioco in ambito comunale, con conseguente infondatezza anche del correlativo profilo d’inammissibilità dedotto dagli odierni appellanti incidentali;
- il T.r.g.a. ha, infine, correttamente escluso l’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione del nulla-osta rilasciato dal concessionario Lottomatica Videolot Rete s.p.a. allo svolgimento dell’attività di raccolta di giocate mediante apparecchi VLT in apposita “sala dedicata”, essendo l’interesse al ricorso legato esclusivamente alla localizzazione dell’esercizio nella locale via Resia 27, quale individuata nell’impugnata autorizzazione provinciale, in quanto non rispettoso della distanza di 300 m dai luoghi individuati dalla normativa provinciale come “sensibili”.
6.2. Scendendo alla disanima dell’appello principale proposto dal Comune, sostanzialmente incentrato su un unico, complesso, motivo d’impugnazione, si osserva che lo stesso è fondato.
6.2.1. Giova precisare, in linea di fatto, che con l’impugnato provvedimento del Presidente della Provincia del 21 novembre 2011 - rilasciato nell’esplicazione dei poteri di cui al combinato disposto degli artt. 20 dello Statuto di autonomia approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (secondo cui i Presidenti delle due Province autonome esercitano le attribuzioni spettanti all’autorità di pubblica sicurezza, tra l’altro, in materia di esercizi pubblici), e 88 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (che disciplina la licenza per l’esercizio delle scommesse), in favore degli originari controinteressati ed odierni appellanti incidentali Aldo Bassani e Studio Games s.r.l. - è stata autorizzata la raccolta di giocate tramite gli apparecchi da gioco appartenenti alla tipologia di cui all'art. 110, comma 6, lett. b), r.d. 18 giugno 1931, n. 773, denominati VLT, con mescita di cibi, bevande alcoliche e superalcoliche, “nell’esercizio ‘sala dedicata’ con sede in Bolzano, via Resia 27”, con espresso divieto di accesso ai minori di anni 18 [v. doc. 2) del fascicolo del Comune di Bolzano].
6.2.2. In linea di diritto, giova premettere che l’art. 11, comma 1-bis, l. prov. 14 dicembre 1988, n. 58 (Norme in materia di esercizi pubblici), inserito dall’art. 2, comma 2, l. prov. 22 novembre 2010, n. 13 (Disposizioni in materia di gioco lecito), prevede che “i giochi leciti non possono essere messi a disposizione di un raggio di 300 m da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o soci-assistenziale” e che “la Giunta provinciale può individuare altri luoghi sensibili, in cui i giochi non possono essere messi a disposizione”.
L’art. 5-bis l. prov. 13 maggio 1992, n. 13 (Norme in materia di pubblico spettacolo), inserito dall’art. 1, comma 1, l. prov. 22 novembre 2010, n. 13, al primo comma, prevede che, “per ragioni di tutela di determinate categorie di persone e per prevenire il vizio del gioco, l’autorizzazione di cui all’art. 1, comma 2, per l’esercizio di sale da gioco e di attrazione non può essere concessa ove le stesse siano ubicate in un raggio di 300 m da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o soci-assistenziale”. Il secondo comma stabilisce che “con delibera della Giunta provinciale possono essere individuati altri luoghi sensibili in cui non può essere concessa l’autorizzazione per l’esercizio di sale da gioco e attrazione, tenuto conto dell’impatto della stessa sul contesto urbano e sulla sicurezza urbano nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete pubblica”, mentre il quarto comma dispone che “l’esercente deve prestare idonee garanzie, affinché sia impedito l’accesso ai minorenni a giochi vietati ai minorenni ai sensi del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”.
La Corte Costituzionale, con sentenza del 10 novembre 2011, n. 300, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dei citati artt. 1 e 2, comma 2, l. prov. 22 novembre 2010, n. 13, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la materia dell’“ordine pubblico e della sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale”, rilevando che:
- le nuove disposizioni incidono in senso esclusivamente limitativo sul risalente e non discusso potere del Presidente della Giunta provinciale, di autorizzare l’esercizio di sale da giochi e di attrazione, già previsto dall’art. 1, comma 2, legge prov. Bolzano n. 13 del 1992, vietando, in particolare, l’offerta in zone cosiddette “sensibili” di giochi leciti;
- in particolare, le disposizioni oggetto del giudizio – le quali si inseriscono in corpi normativi volti alla regolamentazione degli spettacoli e degli esercizi commerciali, dettando precipuamente limiti alla collocazione nel territorio delle sale da gioco e di attrazione e delle apparecchiature per giochi leciti – sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio-assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica;
- le evidenziate caratteristiche valgono a differenziare le disposizioni impugnate dal contesto normativo, in materia di gioco, di cui già si era occupata la Corte Costituzionale (sentenze n. 72 del 2010 e n. 237 del 2006), rendendo la normativa provinciale in esame non riconducibile alla competenza legislativa statale in materia di “ordine pubblico e sicurezza”, che, per consolidata giurisprudenza costituzionale, attiene alla “prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico”, inteso questo quale “complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità nazionale” (v., ex plurimis, sentenza Corte Cost. n. 35 del 2011);
- gli interessi pubblici primari, che vengono in rilievo ai fini considerati, sono, unicamente, gli interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile, poiché, diversamente opinando, si produrrebbe una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico, tale da porre in crisi la stessa ripartizione costituzionale delle competenze legislative, con l’affermazione di una preminente competenza statale potenzialmente riferibile a ogni tipo di attività, sicché – anche se la disciplina normativa attiene a un bene giuridico fondamentale – può ugualmente sussistere la potestà legislativa regionale o provinciale;
- in particolare, le disposizioni provinciali censurate hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell’ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti;
- le disposizioni impugnate, infatti, non incidono direttamente sulla individuazione e sulla installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni e, dall’altro, influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate.
Con l’art. 4, comma 2, l. prov. 21 dicembre 2011, n. 15 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno 2012 e per il triennio 2012-2014), nel sopra citato art. 5-bis l. prov. 13 maggio 1992, n. 13, è stato inserito il comma 2-bis, il quale testualmente recita: “Per le finalità di cui al comma 1, le limitazioni spaziali e temporali sono estese ad ogni tipo di esercizio dedicato al gioco tramite apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche”.
La disposizione legislativa è entrata in vigore il 28 dicembre 2011, dopo il rilascio dell’impugnata autorizzazione provinciale del 21 novembre 2011.
6.2.3. La questione centrale della presente controversia è costituita dalla qualificazione della disposizione da ultimo citata come norma di interpretazione autentica ed a valenza ricognitiva, come tale applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, oppure come norma ad efficacia innovativa, introduttiva di un nuovo precetto valevole solo per il futuro.
Ritiene il Collegio che non possa essere condivisa la soluzione cui è pervenuto il T.r.g.a., attributiva alla disposizione in esame della valenza di norma innovativa.
Infatti, a prescindere dalla formulazione letterale di una disposizione legislativa, alla stessa deve essere attribuita natura di norma d’interpretazione autentica (o valenza ricognitiva), quando, pur rimanendo immutata la formulazione letterale della disposizione interpretata, se ne chiarisca e precisi il significato, giacché è necessario e sufficiente che la scelta ermeneutica imposta dalla legge interpretativa rientri tra le varianti di senso compatibili col tenore letterale del testo interpretato, stabilendo un significato che ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore (v., ex plurimis, Cons. St., ad. plen., 24 luglio 1997, n. 15), sicché le leggi interpretative vanno definite tali in relazione al loro contenuto normativo, nel senso che la loro natura va desunta da un rapporto fra norme che sia tale, che la sopravvenienza della norma interpretativa non faccia venir meno la norma interpretata, ma l’una e l’altra si saldino fra loro dando luogo ad un precetto normativo unitario.
Si aggiunga che costituisce, ormai, ius receptum, che il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore (v., ex plurimis, Corte Cost. n. 271/2011 e n. 209/2010).
Tenuto conto di tali principi, enunciati dalla Corte Cost. per esaminare la legittimità costituzionale della ‘successiva’ disposizione interpretativa (o a valenza ricognitiva), si deve affrontare la questione centrale nel presente giudizio, e cioè quale fosse il quadro normativo vigente alla data di emanazione dell’atto impugnato in primo grado.
Orbene, nel caso di specie, le “sale dedicate” agli apparecchi di gioco VLT, di cui al novellato art. 110, sesto comma, lett. b), r.d. 18 giugno 1931, n. 771 (T.U.L.P.S.), ed alla disciplina attuativa dettata dal decreto direttoriale del 22 gennaio 2010 (emanato dal Direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato), devono ritenersi comprese nel novero degli esercizi pubblici, disciplinati dal capo secondo (artt. 86 - 100) del T.U.L.P.S. (rilevante nel giudizio, poiché l’impugnata autorizzazione è stata emanata ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S.).
Infatti, deve qualificarsi pubblico esercizio, ai sensi del T.U.L.P.S. e della disciplina provinciale dettata in materia, ogni luogo di esercizio di un’attività d’impresa, avente ad oggetto una prestazione d’opera o di servizio rivolta al pubblico, il quale vi possa accedere liberamente (mentre irrilevante è il divieto di accesso a determinate categorie di persone, quali i minori d’età, trattandosi di limitazione inerente alle modalità di esercizio dell’attività, non incidente sulla sua natura).
Quali pubblici esercizi, le “sale dedicate” erano, dunque, assoggettate ai divieti di localizzazione posti dall’art. 11, comma 1-bis, l. prov. 14 dicembre 1988, n. 58, già prima della relativa espressa “estensione” ad opera della nuova disposizione normativa, assurgente dunque a valenza ricognitiva/interpretativa di un precedente significato normativo già presente nell’ordinamento.
Per altro verso, le“sale dedicate” in questione rientrano, quale species, nel genus delle “sale da gioco e di attrazione”, soggette alla disciplina della l. prov. 13 maggio 1992, n. 13, e dunque, anche per questa via, attratte nell’orbita del divieto di localizzazione contenuto nel comma 1 dell’art. 5-bis, ancora prima dell’espressa formulazione del relativo enunciato normativo con riguardo alle “sale dedicate”, nel nuovo comma 2-bis che, anche sotto tale profilo, è qualificabile come disposizione di natura interpretativa con valore ricognitivo.
6.2.4. Il sopra delineato quadro normativo si sottrae alle censure di incostituzionalità e di contrasto con il diritto dell’Unione Europea, paventate dagli originari controinteressati e da ritenersi manifestamente infondate, in quanto:
- il contrasto con l’art. 117 Cost. è stato, ormai, escluso dalla richiamata sentenza n. 300/2011 della Corte Costituzionale;
- non sono ravvisabili le dedotte violazioni dei principi della ragionevolezza, della libertà d’iniziativa economica e della libera concorrenza, poiché le disposizioni censurate si basano su un ragionevole bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti, non incidendo direttamente sulla individuazione e sulla installazione dei giochi leciti, bensì su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni, e, dall’altro, influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate;
- la Corte di Giustizia europea ha specificato che, in subiecta materia, eventuali restrizioni alla disciplina europea sono giustificate da esigenze imperative connesse all’interesse generale, come ad esempio la tutela dei destinatari del servizio e dell’ordine sociale, la protezione dei consumatori, la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco medesimo (v. in tal senso, ex plurimis, sentenza 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11; sentenza 19 luglio 2012, nelle cause riunite C-213/11, C-214/11 e C-217/11), con conseguente legittima introduzione, da parte degli Stati membri (e delle loro articolazioni ordinamentali), di restrizioni all’apertura di locali adibiti al gioco, a tutela della salute di determinate categorie di persone maggiormente vulnerabili in funzione della prevenzione della dipendenza dal gioco (interesse fondamentale, salvaguardato dallo stesso Trattato CE), al contempo escludenti la loro qualificazione come “regole tecniche” necessitanti di una previa comunicazione alla Commissione Europea, ai sensi della direttiva CE 98/34.
6.2.5. Per le esposte ragioni, e tenuto conto che, in linea di fatto, non è contestato che nel raggio di 300 m dalla sala autorizzata con l’impugnato provvedimento provinciale sono situate due strutture, di natura scolastica e socio-assistenziale (il liceo ‘Pascoli’ e, rispettivamente, la struttura semi-residenziale ‘Polo socio-educativo di via Mozart’), rientranti tra i luoghi sensibili limitativi della localizzazione degli esercizi e sale di raccolta di giochi leciti, in accoglimento dell’appello principale e in reiezione degli appelli incidentali, l’appellata sentenza deve essere riformata, con accoglimento del ricorso di primo grado ed il conseguente annullamento del provvedimento ivi impugnato.
6.3. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio integralmente compensate tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 8847 del 2012), provvede come segue:
- respinge gli appelli incidentali;
- accoglie l’appello principale e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado n. 31 del 2012, annulla l’impugnata autorizzazione provinciale del 21 novembre 2011;
- dichiara le spese del doppio grado di giudizio integralmente compensate tra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)