Vorrei sapere se la disciplina dell'orario delle sale giochi rientra nel'ambito delle competenze del Sindaco perchè alcuni gestori hanno contestato tale potere facendo riferimento a delle sentenze che attribuirebbero tale facoltà solo allo stato.
grazie.
Vorrei sapere se la disciplina dell'orario delle sale giochi rientra nel'ambito delle competenze del Sindaco perchè alcuni gestori hanno contestato tale potere facendo riferimento a delle sentenze che attribuirebbero tale facoltà solo allo stato.
grazie.
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La competenza è del SINDACO. Le sentenze citate (da me riportate nelle news e nel forum) attengono ad ALTRO PROFILO, cioè al potere di determinare l'orario di utilizzo dei giochi (questo sì NON di competenza del Sindaco).
Invece permane la competenza del Sindaco nella determinazione (ragionevole) degli orari delle sale giochi ai sensi del TUEL
scusa ma non colgo la differenza sostanziale...se il Sindaco stabilisce l'orario della sala giochi indirettamente disciplina anche l'orario di utilizzo dei giochi. Visto che la questione riguarda la possibilità di giocare in orari notturni tipo fino alle 2 se il Sindaco stabilisce che le sale giochi devono chiudere alle 24 ha già invaso anche la competenza dello stato.Chiariscimi.
grazie.
scusa ma non colgo la differenza sostanziale...se il Sindaco stabilisce l'orario della sala giochi indirettamente disciplina anche l'orario di utilizzo dei giochi. Visto che la questione riguarda la possibilità di giocare in orari notturni tipo fino alle 2 se il Sindaco stabilisce che le sale giochi devono chiudere alle 24 ha già invaso anche la competenza dello stato.Chiariscimi.
grazie.
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Sì e no. Ma la tua obiezione vale anche per la somministrazione ed il commercio.
Se il Comune fa chiudere un bar alle 24 fa chiudere anche i GIOCHI!!!!!!!!!!!!!!!!
Il problema nato in giurisprudenza riguardava il caso di una sala giochi che poteva stare aperta fino alle 24 ma doveva chiudere i giochi alle 22 (o simile!!).
Questo è stato riconosciuto illegittimo.
OVVIAMENTE nel disciplinare l'orario della sala giochi si disciplinano tutte le attività che si fanno dentro .... ma no lo si può fare separatamente.
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Ecco un esempio di sentenza
N. 00952/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01888/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1888 del 2010, proposto da:
Angelo Scotti e Gi&EM s.r.l., in persona del rappresentante legale p.t., rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso introduttivo, dagli Avvocati Stefano Del Villano e Generoso Bloise, con i quali elettivamente domicilia in Napoli, presso lo studio dell’Avvocato Massimo Romano al Corso Umberto I n. 237;
contro
il Comune di Forio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto di costituzione e in virtù di determina n. 100/2010, dall’Avvocato Giuseppe Maria Puglia, con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla Riviera di Chiaia n. 180;
per l'annullamento
a) dell’ordinanza n. 43 del 26 gennaio 2010 con la quale il Sindaco del Comune di Forio ha limitato l’uso degli apparecchi da gioco di cui al comma 6, dell’art. 110 del T.U.L.P.S.;
b) dell’ordinanza n. 50 del 5 febbraio 2010 con la quale il Sindaco del Comune di Forio ha introdotto ulteriori limiti alla installazione degli apparecchi sub a).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Forio in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2011 il dott. Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, notificato il 2 aprile 2010 e depositato il successivo giorno 10, i ricorrenti, Scotti e GI&EM s.r.l., rispettivamente, l’uno titolare di licenza per l’attività di produzione, importazione, distribuzione e gestione di apparecchi da gioco di cui ai commi 6 e 7, dell’art. 110 del T.U.L.P.S., l’altro, titolare di licenza per un pubblico esercizio ove sono installati apparecchi da gioco, hanno impugnato le ordinanze n. 43/2010 e n. 50/2010 con le quali il Sindaco del Comune di Forio, utilizzando i poteri di cui all’art. 54 del d.lg. n. 267/2000 (T.U.E.L.), ha introdotto disposizioni per limitare l’installazione e l’uso delle macchine da gioco.
Più in particolare, il Sindaco, in considerazione della diffusione degli apparecchi da gioco che consentono vincite in denaro (tipologia di cui al comma 6, dell’art. 110 del citato testo unico) e dell’esigenza di limitarne il più possibile l’accesso da parte del pubblico, ha emanato le due ordinanze impugnate.
Segnatamente, con l’ordinanza n. 43 del 26 gennaio 2010 il Sindaco ha tra l’altro:
- ingiunto ai titolari delle sale da gioco di:
o limitare il numero massimo di apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S.;
o esporre all’interno dell’esercizio la tabella dei giochi proibiti vidimata dal Questore;
o non pubblicizzare l’attività con insegne o cartelli utilizzando il termine casinò o altri analoghi termini che richiamino il gioco d’azzardo
- vietato l’apertura di nuove sale da gioco a una distanza inferiore ai 1000 metri da scuole e ospedali;
- consentito l’installazione di apparecchi solo nelle sale da giochi;
- vietato il rilascio di autorizzazioni per l’occupazione del suolo pubblico per le sale giochi autorizzate anche alla somministrazione di alimenti e bevande;
- impedito l’utilizzo delle aree esterne per l’installazione delle macchinette se queste sono prospicienti la strada o altre aree pubbliche;
- ingiunto di posizionare gli apparecchi in aree specificamente dedicate;
- fissato gli orari massimi di apertura delle sale da giochi (dalla 11.00 alle 01.00);
- disposto gli orari massimi d’uso degli apparecchi da gioco (dalle ore 13.00 alle ore 23.00);
- definito le sanzioni pecuniarie amministrative per le violazioni delle disposizioni anzi dette.
Con l’ordinanza n. 50 del 5 febbraio 2010 il Sindaco ha ritenuto di dover meglio specificare quanto stabilito dall’ordinanza n. 43, disponendo:
- il divieto di installare le macchinette de qua in tutte le attività commerciali diverse dalle sale giochi (salvo per gli esercizi che abbiano comunicato l’inizio attività di giochi leciti in data antecedente il 26 gennaio 2010);
- i limiti massimi in termini di metri quadri e numerici di apparecchi da gioco assentibili in ciascun tipo di esercizio commerciale (sale giochi, bar, ristoranti, alberghi ed esercizi similari);
- il divieto di installare sale giochi in immobili posti a distanza inferiore di mille metri dai luoghi di culto (oltre che da scuole e da ospedali).
I ricorrenti, premesso che con i provvedimenti gravati si introducono regole più stringenti rispetto a quelle stabilite dalla normativa statale, deducono i seguenti motivi di ricorso:
1) incompetenza assoluta e violazione dell’art. 22 della legge n. 289/2002, dell’art. 14 bis del D.P.R. n. 640/1972, dell’art. 2 del decreto interdirettoriale del 27.10.2003 e dell’art. 2 del decreto interdirettoriale del 18.1.2007 in quanto la materia del gioco lecito è interamente disciplinata dalla normativa statale (art. 22 della l. n. 289/2002 e decreti interdirettoriali del 27.10.2003 per bar e ristoranti e decreto interdirettoriale del 18.1.2007 per le sale giochi);
2) violazione dell’art. 54, comma 4 del d.lg n. 267/2000 (T.U.E.L.) ed eccesso di potere per sviamento in quanto difettano i presupposti per l’adozione di ordinanze contigibili e urgenti, non essendo, peraltro, stato compiuto alcuno specifico accertamento circa l’uso patologico delle macchinette de quibus da parte della popolazione;
3) violazione dell’art. 54, comma 4 del d.lg. n. 267/2000 in relazione all’art. 110, commi 9, 10 e 11 del T.U.L.P.S. in quanto il Sindaco introduce un nuovo impianto sanzionatorio che si sovrappone a quello già molto articolato previsto dalla normativa statale;
4) eccesso di potere per carenza di istruttoria in quanto non è documentato in alcun modo la necessità del ricorso a poteri extra ordinem;
5) violazione dell’art. 14 bis della legge n. 640/1972, violazione della convenzione di concessione dell’A.A.M.S. in quanto la disattivazione degli apparecchi da gioco dalle ore 23.00 comporta l’impossibilità di versare il PREU e l’applicazione delle sanzioni previste dalla citata normativa;
6) violazione dell’art. 97 della Costituzione ed eccesso di potere per disparità di trattamento in quanto vengono penalizzati solo gli apparecchi da gioco lecito e non gli altri giochi gestiti dall’A.A.M.S. (Lotto, Superenalotto, Gratta e Vinci, Bingo, Lotterie, scommesse ippiche e sportive).
Si è costituito per resistere al ricorso il Comune di Forio.
La domanda di tutela cautelare è stata accolta con l’ordinanza n. 990 del 7 maggio 2010.
Nell’imminenza dell’udienza del 13 gennaio 2010, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione, l’amministrazione resistente ha depositato una ulteriore memoria difensiva.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va accolto.
Con le impugnate ordinanze il Sindaco di Forio sul presupposto della diffusione degli apparecchi da gioco, di cui al comma 6, dell’art. 110 del T.U.LP.S., che consentono vincite in denaro ha introdotto una dettagliata disciplina del loro utilizzo tesa a limitarne il più possibile l’uso.
In particolare, come esposto in fatto, con l’ordinanza n. 43 del 26 gennaio 2010 il Sindaco ha tra l’altro: ingiunto ai titolari delle sale da gioco di limitare il numero massimo di apparecchi da gioco, vietato l’apertura di nuove sale da gioco a una distanza inferiore ai 1000 metri da scuole e ospedali, impedito l’utilizzo delle aree esterne per l’installazione delle macchinette se queste sono prospicienti la strada, ingiunto di posizionare gli apparecchi in aree specificamente dedicate, fissato gli orari massimi di apertura delle sale da giochi (dalla 11.00 alle 01.00), disposto gli orari massimi d’uso degli apparecchi da gioco (dalle ore 13.00 alle ore 23.00), nonché, definito le sanzioni pecuniarie amministrative per le violazioni delle disposizioni anzi dette. Con la successiva ordinanza n. 50 del 5 febbraio 2010 il Sindaco ha meglio specificato quanto stabilito dall’ordinanza n. 43, vietando l’installazione delle macchinette de qua in tutte le attività commerciali diverse dalle sale giochi (salvo per gli esercizi che abbiano comunicato l’inizio attività di giochi leciti in data antecedente il 26 gennaio 2010) e introdotto limiti massimi in termini di metri quadri e numerici di apparecchi da gioco assentibili in ciascun tipo di esercizio commerciale (sale giochi, bar, ristoranti, alberghi ed esercizi similari).
Al riguardo appaiono fondati e assorbenti i motivi di ricorso con i quali si deduce l’insussistenza dei presupposti per l’emanazione delle ordinanze de quibus anche sotto il profilo della carenza di istruttoria e del difetto di motivazione.
Il sindaco ha introdotto, ai sensi dell’art. 50 e 54 del T.UE.L. e “data la delicatezza” e la “contingibilità del fenomeno” del gioco lecito una articolata disciplina dello stesso, fissando divieti, regole, anche riguardanti altre attività commerciali diverse dalle sale giochi (BAR, Ristoranti, alberghi e simili) e definendo specifiche sanzioni pecuniarie applicabili alle violazioni commesse.
Com’è noto, il potere sindacale di ordinanza fonda sull’art. 54 del T.U.E.L. il quale a seguito delle modifiche operate dal d.l. n. 92/2008 (conv. dalla legge n. 125/2008), stabilisce che “il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”.
E’ indubbio che la riforma operata con il citato decreto n. 92/2008 abbia inteso ampliare i poteri di ordinanza attribuiti al Sindaco. In particolare, la congiunzione “anche” testimonia la volontà del legislatore di consentire provvedimenti atipici anche in mancanza dei tradizionali presupposti della contigibilità e dell’urgenza, ma pur sempre finalizzati alla prevenzione ed eliminazione di gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. A definire il concetto di “incolumità pubblica e sicurezza urbana” è intervenuto il decreto del Ministro degli interni del 5 agosto 2008, n. 33086 ma soprattutto la Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 196/2009 e con riguardo al tema della sicurezza, ha evidenziato che “Il decreto del Ministro dell'interno….ha ad oggetto esclusivamente la tutela della sicurezza pubblica, intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati: non solo la titolazione del decreto-legge n. 92 del 2008 si riferisce alla «sicurezza pubblica», ma, nelle premesse al decreto ministeriale oggetto del presente giudizio, si fa espresso riferimento, come fondamento giuridico dello stesso, al secondo comma, lettera h), dell'art. 117 Cost., il quale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, attiene appunto alla prevenzione dei reati e alla tutela dei primari interessi pubblici sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006, n. 383 del 2005). Lo stesso decreto, poi, sempre nelle premesse, esclude espressamente dal proprio ambito di riferimento la polizia amministrativa locale. Pertanto, i poteri esercitabili dai Sindaci, ai sensi dei commi 1 e 4 dell'art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, non possono che essere quelli finalizzati alla attività di prevenzione e repressione dei reati e non i poteri concernenti lo svolgimento di funzioni di polizia amministrativa nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome”. In proposito la giurisprudenza amministrativa ha condivisibilmente affermato che “il potere in questione può essere esercitato qualora la violazione delle norme che tutelano i beni previsti dal DM del 5 agosto 2008 (situazioni di degrado o isolamento, tutela del patrimonio pubblico e della sua fruibilità, incuria ed occupazione abusiva di immobili, intralcio alla viabilità o alterazione del decoro urbano) non assuma rilevanza solo in sé stessa (poiché in tal caso soccorrono gli strumenti ordinari) ma possa costituire la premessa per l'insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica; in tal caso, venendo in gioco interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale, il Sindaco, in qualità di ufficiale di governo, assume il ruolo di garante della sicurezza pubblica e può provvedere, sotto il controllo prefettizio ed in conformità delle direttive del Ministero dell'interno, alle misure necessarie a prevenire o eliminare i gravi pericoli che la minacciano” (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 06 aprile 2010 , n. 981).
Lasciando alla evoluzione giurisprudenziale l’altra questione relativa alla ampiezza dei poteri sindacali che residuano al di fuori delle ipotesi di contingibilità e urgenza, si osserva che la disposizione, ai fini della attivazione degli stessi, richiede comunque una situazione grave (e, come visto, implicante la necessità di prevenire o reprimere reati). I provvedimenti possono, infatti, essere adottati ai sensi del comma 4 dell’art. 54 solo al “fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli”. La tutela in questo senso è stata sicuramente anticipata passando dal pericolo alla prevenzione del pericolo che, in ogni caso deve essere riconducibile a una situazione caratterizzata da gravità. Trattandosi di poteri straordinari e di provvedimenti atipici l’amministrazione quando vi ricorre, specie se non sussiste il presupposto dell’urgenza, deve compiere un supplementare sforzo istruttorio e motivazionale per evidenziare la gravità e il pericolo della situazione. Nulla di tutto questo è avvenuto nel caso in esame dove non emerge alcuno dei presupposti richiesti dall’art. 54 del T.U.E.L. per ricorrere allo strumento dell’ordinanza sindacale (secondo motivo).
Il sindaco nell’introdurre una disciplina del gioco lecito che si sovrappone del tutto, innovandola, a quella dettata dalla normativa statale, non indica alcuna situazione di grave pericolo potenziale o reale che minaccia la sicurezza pubblica né giustifica in altro modo la necessità di ricorrere ai poteri extra ordinem attribuitigli dal citato art. 54. L’intervento si configura piuttosto come un provvedimento generale di regolazione di un settore commerciale e, pertanto, si colloca al di fuori del perimetro segnato dal comma 4, dell’art. 54, anche nella sua nuova declinazione. E’, infatti, evidente che la diffusione degli apparecchi da gioco leciti non costituisce di per sé una motivazione sufficiente per intervenire al di fuori dell’ordinaria distribuzione delle competenze. Ciò vale naturalmente anche per la disciplina degli orari degli esercizi commerciali contenuta nelle ordinanze de quibus che viene ingiustificatamente dettata in deroga al procedimento ordinario previsto dalla legge. Come ha avuto modo di osservare la giurisprudenza amministrativa “il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, pur dopo il suo ampliamento ad opera del d.l. n. 92 del 2008, convertito con modificazioni in l. n. 125 del 2008, conserva la sua connotazione atipica e residuale, ed è pertanto esercitabile, sussistendone le condizioni, tutte le volte in cui non sia conferito dalla legge il potere di emanare atti tipici, in presenza di presupposti indicati da specifiche normative di settore”. (T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 24 agosto 2010 , n. 4876). E, ancora “il potere sindacale di ordinanza ex art. 54 D.Lgs 267/00, al di fuori dei casi in cui assuma carattere contingibile ed urgente, non può avere una valenza “creativa” ma deve limitarsi a prefigurare misure che assicurino il rispetto di norme ordinarie volte a tutelare l’ordinata convivenza civile, tutte le volte in cui dalla loro violazione possano derivare gravi pericoli per la sicurezza pubblica” (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 06 aprile 2010 , n. 981).
In conclusione, per i motivi sopra evidenziati, il ricorso va accolto restando assorbite le ulteriori censure.
2. Le spese seguono la soccombenza e trovano liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. n. 01888/2010), lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Forio a rifondere ad Angelo Scotti e alla GI&EM s.r.l. le spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento), oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere
Paola Palmarini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)