Data: 2013-08-29 10:19:06

Il PREAVVISO DI RIGETTO occorre sempre e non può essere sanato ex post

Il PREAVVISO DI RIGETTO occorre sempre e non può essere sanato ex post
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 6 agosto 2013 n. 4111
N. 04111/2013REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5051 del 2011, proposto da:

Camillo Imbimbo, rappresentato e difeso dall'avvocato Silvio Bozzi, con domicilio eletto presso lo studio legale Recchia e associati in Roma, corso Trieste, 88;

contro

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Capitaneria di porto-Guardia costiera di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita nella presente fase di giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE II n. 240/2011, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2013 il Cons. Claudio Boccia e uditi per le parti l’avvocato Silvio Bozzi e l’avvocato dello Stato Paolo Grasso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso n. 475 del 2008, proposto innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, l’ingegner Camillo Imbimbo, proprietario di una casa di abitazione edificata su proprio terreno situato sul litorale del comune di Centola (Sa), impugnava la nota prot. n. 03.03.02/1877/307Z del 25 gennaio 2008 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Capitaneria di Porto - Guardia Costiera di Salerno recante il rigetto della domanda con la quale l’istante chiedeva, previa declassificazione ai sensi dell’art. 35 cod. nav., l’acquisto di 80 mq. di area appartenente al demanio marittimo (part. 157, foglio 47), su cui aveva ottenuto nel 1964 apposita concessione per il mantenimento di un muro frangiflutti costruito a difesa dell’abitazione stessa dall’azione del mare.

L’interessato impugnava altresì il dispaccio n. MTra/Dinfr/510 Class. l. 13 del 14 gennaio 2008 con cui il predetto dicastero aveva manifestato l’opportunità di non apportare modifiche alla natura giuridica della zona oggetto della richiesta d’acquisto, per la quale era da ritenersi più idoneo il mantenimento dello strumento della concessione.

2. Con sentenza n. 240 del 2011 il Tar per la Campania respingeva il ricorso, rilevando in particolare l’inammissibilità e l’infondatezza della censura relativa alla violazione delle norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241 del 1990 nonché l’infondatezza della doglianza con la quale veniva rilevata l’erroneità e l’illegittimità della determinazione amministrativa, che non avrebbe valutato la ricorrenza dei presupposti per l’attivazione del procedimento di declassificazione ex art. 35 cod. nav..

Secondo il giudice di prime cure, infatti, l’istante non avrebbe fornito alcuna prova sulla sussistenza dei presupposti per l’attivazione del procedimento di declassificazione e cioè dell’inservibilità a fini pubblici del bene de quo.

3. Avverso la citata sentenza, l’ingegner Imbimbo ha presentato appello (ricorso n. 5051 del 2011), deducendo i seguenti motivi di gravame: error in iudicando. Falsa applicazione dell’art. 35 cod. nav., violazione degli articoli 1, 3, 7, 8, 9, 10, 10-bis della legge n. 241 del 1990; difetto di istruttoria; sviamento di potere; difetto di motivazione. Falsa applicazione dell’art. 35 cod. nav.; eccesso di potere per sviamento e difetto d’istruttoria. Difetto di motivazione.

Nello specifico l’appellante ha contestato le statuizioni contenute nella sentenza impugnata rilevando che la fattispecie de qua avrebbe dovuto essere inquadrata nell’ambito di quanto previsto dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 - essendo il procedimento iniziato ad istanza di parte - e che, conseguentemente, l’Amministrazione avrebbe avuto il dovere di anticipare al privato le ragioni per cui intendeva rigettare l’istanza in esame.

Quanto precede nella considerazione che non sarebbe stato possibile applicare alla fattispecie di cui è causa l’art. 21-octies della stessa legge, avendo il provvedimento emanato dall’Amministrazione un carattere discrezionale e non vincolato come richiesto per l’applicazione della norma da ultimo citata.

L’appellante ha, altresì, rilevato che, anche a voler considerare applicabile alla presente fattispecie l’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, l’Amministrazione avrebbe dovuto fornire in giudizio, per rendere irrilevante l’omissione della comunicazione di preavviso di rigetto dell’istanza, la prova rigorosa e decisiva dell’inutilità dell’apporto dell’interessato, dimostrando cioè che le proprie scelte erano sostanzialmente e oggettivamente vincolate (Cons. di Stato, Sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1362).

Quanto al secondo profilo l’appellante ha evidenziato che il giudice di prime cure non ha fornito alcun elemento per confermare la correttezza della motivazione assunta dall’Amministrazione per giustificare il proprio diniego.

Prescindendo, infatti, dalle considerazioni relative all’apporto che la partecipazione del privato avrebbe potuto dare al procedimento, l’Amministrazione si trovava di fronte ad una situazione, attestata dalla pluriennale storia amministrativa della concessione, che offriva di per sé sufficienti elementi per valutare la predetta istanza.

Viceversa l’Amministrazione, di fronte ad un uso privato di un bene demaniale perdurante da più di 40 anni e la cui utilizzazione era stata autorizzata, tramite il rinnovo della concessione fino al 31 ottobre 2014, si era limitata a motivare il diniego all’istanza proposta dall’appellante, dichiarando di "ritenere più congrua la sua regolamentazione, come finora avvenuto, con idoneo strumento concessorio".

Non indicando le ragioni che l’hanno indotta alla scelta contraria alla declassificazione, l’Amministrazione si sarebbe posta in contrasto con i principi che regolano la tutela dell’affidamento che richiedono una approfondita motivazione quando l’autotutela avviene dopo un lungo periodo di tempo (Cons. di Stato, Sez.V, 18 ottobre 1996, n. 1253), legittimando, come nel caso di specie, l’aspettativa dell’interessato a vedere motivate le ragioni del diniego alla sua istanza.

4. All’udienza del 25 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. In proposito osserva il Collegio che la vicenda per cui è causa va inquadrata nell’ambito di quanto disposto dall’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990, essendo il procedimento stato attivato ad istanza di parte.

Com’è noto detto articolo stabilisce che "nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda".

Quanto precede non ha avuto luogo nella circostanza di cui è causa.

Ciò non può essere considerato conforme alle finalità del citato disposto normativo, volto a far conoscere alle Amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell’istruttoria espletata, quelle ragioni, fattuali e giuridiche, dell’interessato che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale, derivante, appunto, dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo e determinando una possibile riduzione del contenzioso fra le parti.

Il giudice di prime cure ha ritenuto superabile tale situazione richiamando orientamenti giurisprudenziali secondo cui l’atto emanato in assenza della comunicazione prevista dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 sarebbe illegittimo solo nell’ipotesi in cui l’interessato provi in giudizio che, qualora avesse partecipato al procedimento, avrebbe avuto, con la presentazione di osservazioni e documenti, la possibilità di avere "un’incidenza causale nel provvedimento terminale" e richiamando quegli orientamenti giurisprudenziali che, in relazione al disposto dell’art. 21-octies della medesima legge, hanno ritenuto inammissibile il motivo con cui si lamenta la mancata comunicazione se l’istante non ha nemmeno allegato le circostanze che intendeva sottoporre all’Amministrazione.

Ritiene il Collegio che tale orientamento del giudice di prime cure (che, peraltro, per ciò che riguarda l’art. 10-bis è da considerarsi minoritario, come affermato nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 22 maggio 2001, n. 2823) non sia condivisibile, innanzitutto, in virtù della dizione testuale del medesimo art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 che impone prima dell’emanazione del provvedimento negativo la comunicazione all’interessato dei motivi che hanno indotto l’Amministrazione ad assumere tale orientamento ed in secondo luogo perché, come affermato da consolidati orientamenti giurisprudenziali, da cui il Collegio non rinviene ragioni per discostarsi, il ricorso alle disposizioni contenute nell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 può aver luogo solo nell’ipotesi in cui le violazioni formali dell’atto non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo e cioè nel caso in cui l’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto emanato (Cons. di Stato, Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2548).

Essendo i provvedimenti di sdemanializzazione "connotati da accentuati profili di discrezionalità (Cons. di Stato, Sez. VI, 22 novembre 2011, n. 8119) il predetto art. 21-octies non può trovare applicazione ed il provvedimento impugnato deve essere annullato in quanto illegittimo, essendo risultata preclusa alla parte interessata la partecipazione al procedimento e la garanzia a poter presentare eventuali controdeduzioni (Cons. di Stato, Sez. IV, 19 gennaio 2012, n. 128).

Come confermato dalla giurisprudenza rimane, tuttavia, fermo il potere dell’Autorità competente, in sede di esecuzione della decisione, di riavviare il procedimento con l’adozione dell’atto di cui al citato art. 10-bis, la cui omissione ha provocato l’illegittimità del provvedimento impugnato (Cons. di Stato, Sez. IV, 19 gennaio 2012, n. 128).

La fondatezza della censura relativa alla violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 - che comporta l’accoglimento dell’appello e, conseguentemente, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso in primo grado - esime il Collegio dall’esame delle ulteriori censure presentate dall’appellante.

6. In relazione ai particolari profili della causa le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 5051 del 2011), come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi indicati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado, annullando la nota del Ministero dei Trasporti - Capitaneria di Porto - Guardia Costiera di Salerno n.03.03.02/1877/307 Z del 25 gennaio 2008.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Claudio Boccia, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 06/08/2013.

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