Farmacie: il Consiglio di Stato risolve le problematiche interpretative dell'art. 5 d.P.C.M n. 298/1994 concernente il punteggio da assegnare, nei concorsi per sedi farmaceutiche, in relazione ai titoli di esercizio professionali
Nella sentenza in esame il punto centrale della controversia è la corretta interpretazione della disposizione concernente il punteggio da assegnare, nei concorsi per sedi farmaceutiche, in relazione ai titoli di esercizio professionali. L’interessato non ha dedotto che vi sia stato errore nell’individuare, storicamente, la qualità e la durata dei periodi di servizio professionale prestato, né che vi siano stati errori di calcolo; ha invece dedotto che il criterio indicato dalla normativa vigente era stato mal applicato perché mal interpretato. La disposizione oggetto della contestazione è il regolamento approvato con d.P.C.M n. 298/1994, art. 5, comma 3, del seguente tenore: «Ai fini della valutazione dell'esercizio professionale, sono assegnati i seguenti punteggi: a) per l'attività di titolare e direttore di farmacia aperta al pubblico: punti 0,5 per anno per i primi dieci anni; 0,2 per anno per i secondi dieci anni; b) per l'attività di collaboratore di farmacia aperta al pubblico: punti 0,45 per anno per i primi dieci anni; 0,18 per anno per i secondi dieci anni (...)». La commissione giudicatrice, nel caso di specie, ha applicato queste norme intendendo che le espressioni “primi dieci anni”, “secondi dieci anni” si debbano intendere come riferite rispettivamente ai primi e ai secondi dieci anni di attività professionale. In altre parole, ai servizi svolti nei primi dieci anni di attività si assegnano i punteggi più elevati, a quelli svolti nei secondi dieci anni i punteggi meno elevati, in entrambi i casi riferendosi al tipo di attività esercitato in quel periodo di tempo. L’interessato ha invece sostenuto (e il T.A.R. ha condiviso la sua tesi) che si debba valutare prioritariamente l’attività di livello più elevato, a punteggio pieno fino al massimo di dieci anni, e poi a punteggio ridotto per il tempo eccedente i dieci anni; se in tal modo non si totalizzano venti anni, per il periodo residuo si valuta l’attività di livello meno elevato, con gli stessi criteri; e così via, fermo in ogni caso il limite di venti anni complessivi. Il Consiglio di Stato osserva che la disposizione in esame (art. 5, comma 3, del regolamento) è formulata in modo non chiarissimo e si presta a diverse interpretazioni, ciascuna delle quali tuttavia presenta inconvenienti e aspetti critici. In questa luce la soluzione sostenuta dall’interessato e recepita dal T.A.R. può apparire non priva di una sua plausibilità, pur se, come detto, presenta ugualmente qualche aspetto critico. Nondimeno, non si può prescindere dal fatto che la giurisprudenza di questo Consiglio si è da tempo pronunciata in senso conforme al modo di procedere adottato dalla Regione Campania. A tal fine il Collegio richiama la massima della decisione del Consiglio di Stato, sezione V, n. 7350/2005, del seguente tenore: «Nel concorso per l'assegnazione di sedi farmaceutiche di nuova istituzione la valutazione dei titoli di esercizio professionale, secondo le previsioni dell'art. 5 d.P.C.M. n. 298 del 1994 e precisamente i due decenni di riferimento cui la norma concede i punteggi differenziati, ha carattere premiale a favore delle posizioni di servizio utili in quanto acquisite entro il primo ventennio d'attività e, nell'ambito del ventennio, di quelle ottenute nel primo decennio, che ha diritto al punteggio più elevato rispetto al secondo, per qualunque delle attività considerate: ciò vuol dire che l'attività meglio considerata sul piano del punteggio, se esercitata nel secondo decennio, a partire dall'anno di inizio del primo dei servizi utili a punteggio, vale di meno proprio perché acquisita in un tempo più lontano dal principio dell'attività professionale». In senso analogo si era già pronunciata la IV Sezione con decisione n. 5497/2004. Alla luce di queste massime, e' stato accolto l’appello e, in riforma della sentenza appellata, rigettato il ricorso proposto in primo grado.
Fonte: www.gazzettaamministrativa.it
http://www.gazzettaamministrativa.it/opencms/opencms/_gazzetta_amministrativa/_abbonamenti/permission_required.html?resId=6df08d04-f81c-11e2-8ddc-5b005dcc639c
Salve,
il Consiglio di Stato è intervenuto con due sentenze del 19/09/2013 ([url=http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%203/2013/201306164/Provvedimenti/201304667_11.XML]http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%203/2013/201306164/Provvedimenti/201304667_11.XML[/url]4667 e [url=http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%203/2013/201306166/Provvedimenti/201304668_11.XML]http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%203/2013/201306166/Provvedimenti/201304668_11.XML[/url]4668), chiarendo che:
1) il Comune NON è tenuto a giustificare l’istituzione di una sede facoltativa
2) il provvedimento di individuazione delle zone dove ubicare le nuove farmacie è sindacabile solo per gravi ed evidenti errori di valutazione. Peraltro, se la norma dispone che in un Comune debba esservi una farmacia ogni 3300 abitanti, ciò non significa che la popolazione delle singole zone debba corrispondere precisamente a questo numero. È vero che la distribuzione delle farmacie rispetto al territorio ed alla popolazione dev’essere per quanto possibile equilibrata, ma non vi sono vincoli precisi come quello ipotizzato, anche per la ovvia considerazione che nessuno degli utenti è obbligato a servirsi della farmacia alla cui zona appartiene nominalmente la sua residenza; la delimitazione delle zone non ha questa funzione, ma solo quella di vincolare l’esercente a mantenere il suo esercizio all’interno di quel perimetro. D’altra parte nella pianificazione delle zone si deve tener conto anche di fattori diversi dal numero dei residenti: ad esempio le distanze.
3) la competenza ad adottare il provvedimento di individuazione delle zone è della Giunta comunale.
Le sentenze hanno respinto le questioni di costituzionalità e marginalmente sfiorato l’argomento della mancata (o tardiva) acquisizione del parere obbligatorio della A.S.L. e dell’Ordine provinciale dei farmacisti.