Piazzale di attività commerciale: da agricolo a parcheggio: illegittimo!
T.A.R. Toscana, Sezione III, 12 giugno 2013 n. 966
FATTO E DIRITTO
1. La Ditta Pallets srl, odierna ricorrente, svolge attività di commercio e riparazione di “pancali e pallets” presso un fondo artigianale usato come deposito e annesso terreno agricolo, di cui è affittuaria, ubicati in Via Borgo di Casale n. 170/2 e identificati catastalmente al NCEU di Prato al foglio di mappa 56, particella 708 Sub. 2 ed al NCT foglio di mappa 56 particella 111 e 574.
L’area, secondo le previsioni del PRG, è inserita in zona omogenea “E” e compresa nel sistema ambientale “V”, sub sistema “V7” (art.74 NTA).
All’esito di un sopralluogo effettuato in data 3 novembre 2011 (Comunicazione di Violazione Urbanistico edilizia del 4 novembre 2011 Prot. VE 64/2011 con fotografie allegate), la P.M. accertava l’esistenza di abusi edilizi insistenti nei luoghi sopra menzionati.
In particolare le opere abusive ivi rinvenute consistevano nella:
a) “Installazione di tettoia a copertura di una porzione del piazzale retrostante il magazzino deposito in adiacenza al laboratorio, realizzata con struttura metallica, coperta a falda inclinata con pannelli in ondulina plastificata ed avente dimensioni di ml. 7.85 x 3,15 ed altezza variabile da ml 2,90 a 3,65 circa, insistente sulla particella 708 (NCEU Foglio di mappa 56);
b) Cambio di destinazione d’uso da terreno agricolo a deposito a cielo aperto, mediante la trasformazione permanente del suolo tramite posa in opera di conglomerato cementizio nell’aerea retrostante il magazzino, ed in parte nel terreno adiacente, per una superficie totale di mq. 480 circa. Le particelle interessate dalle opere sopra descritte sono la 574 e parte della 111 (NCT Foglio di mappa 56), entrambe con destinazione d’uso a seminativo arboreo.”
Dalla suindicata comunicazione emergeva che al momento del sopralluogo le opere risultavano finite e già concretamente utilizzate; infatti, la realizzazione della tettoia sub a) risaliva al maggio 2007, mentre il piazzale sub b), e contestuale cambio di destinazione del terreno agricolo adiacente all’edificio produttivo, era stato posto in essere nel mese di settembre del medesimo anno.
Acquisiti gli esiti del sopralluogo della PM, l’Amministrazione qualificava i manufatti sopra descritti come interventi di nuova costruzione eseguiti in assenza di permesso di costruire.
Pertanto, in data 12 dicembre 2011, il Servizio Edilizia ed Attività Economiche del Comune di Prato comunicava agli interessati l’avvio del procedimento sanzionatorio.
A seguito della ricezione di tale atto, la ditta Pallets srl inviava, per il tramite del proprio tecnico, una comunicazione datata 29 febbraio 2012 nella quale si dava atto dell’avvenuta demolizione dell’abuso sub a), e cioè la tettoia posta nella porzione retrostante il magazzino, e si preannunciava la presentazione di una domanda di sanatoria volta a regolarizzare l’abuso sub b) e cioè la realizzazione del piazzale cementificato e conseguente mutamento di destinazione d’uso dell’adiacente terreno agricolo.
Peraltro, allo stato, non risulta presentata alcuna domanda di sanatoria per l’intervento sopra descritto, né da parte della ditta ricorrente né da parte della proprietà.
Il 27 settembre 2012, il legale della società ricorrente faceva pervenire una nota all’Amministrazione nella quale, dopo aver ribadito l’avvenuta rimozione della tettoia di cui al punto a) del citato verbale della PM, contestava la qualificazione data all’abuso sub b), sostenendo che il conglomerato cementizio utilizzato per la realizzazione del piazzale non avrebbe comportato alcuna trasformazione permanente del suolo e che dunque l’opera abusiva avrebbe dovuto qualificarsi come mero deposito a cielo aperto, in quanto tale perfettamente compatibile con gli strumenti urbanistici.
In data 13 marzo 2013, l’Amministrazione, ritenuto di non condividere la suindicata prospettazione, concludeva il procedimento sanzionatorio adottando il 13 marzo 2013 l’ordinanza di demolizione, ex art.132 L.R. Toscana n. 1/2005, PG OE/839/2013 oggetto del gravame in esame.
2. Il ricorso è infondato.
Con un primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto impugnato per avere l’Amministrazione con esso ingiunto la demolizione di entrambe gli abusi accertati dalla PM e ciò nonostante che parte delle opere abusive, e in particolare la tettoia di cui al punto a) del verbale citato, fosse già stata integralmente rimossa sin dal 23 gennaio 2012.
La doglianza è destituita di fondamento in punto di fatto.
Infatti, nel provvedimento impugnato si dà espressamente atto della avvenuta demolizione di uno degli abusi e cioè quello sub a), e, pertanto, l’opera di cui è ordinato il ripristino, con minaccia di acquisizione gratuita in caso di mancata ottemperanza, è solo il piazzale cementificato realizzato sul suolo agricolo retrostante il fabbricato ove la ricorrente svolge la propria attività, e cioè solo l’abuso sub b) descritto nel verbale della PM e nella comunicazione di avvio del procedimento.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente contesta la qualificazione data dall’Amministrazione all’abuso sub b), in quanto la posa in opera di conglomerato cementizio non sarebbe tale da determinare una “trasformazione permanente di suolo” inedificato e dunque l’intervento non sarebbe stato soggetto né a permesso di costruire né a titolo edilizio alcuno poiché eseguito in conformità alle previsioni di PRG e in particolare all’art.29 del “piano regolatore comunale”.
Anche tale doglianza è priva di fondamento.
Che l’opera contestata abbia comportato una trasformazione permanente del suolo, come tale soggetta a permesso di costruire ex art.78 comma 1 lettera e) della l.r.1/2005, risulta evidente anche solo dalla descrizione e dalle fotografie dell’intervento fornita dalla PM.
L’abuso contestato alla ricorrente consiste, infatti, nell’aver trasformato un terreno agricolo in un piazzale destinato all’attività commerciale che la Pallets svolge dopo averlo debitamente adattato a tale scopo mediante la posa in opera di conglomerato cementizio.
Si è dunque – come correttamente rilevato dall’Amministrazione nella propria memoria difensiva - al cospetto di un complesso intervento, anche piuttosto impattante da un punto di vista ambientale, che ha comportato la trasformazione permanente di suolo agricolo.
Come tale esso era quindi sicuramente soggetto a permesso di costruire.
La giurisprudenza, diffusamente pronunciatasi sul punto, ha più volte chiarito infatti che anche solo “l’attività di spargimento di ghiaia, su di un’area che ne era precedentemente priva, è soggetta a concessione edilizia, allorché appaia preordinata alla modifica della precedente destinazione d’uso” (Cons. di Stato 2450/2012; in termini, cfr., Cons. di Stato 7343/2007; TAR Liguria 1393/2012; TAR Toscana 887/2007) (pacificamente agricola nel caso di specie), e che è soggetto a concessione edilizia ogni intervento sul territorio sia quando vi sia la realizzazione di opere murarie, sia quando si intenda realizzare un intervento sul territorio che, pur non richiedendo opere in muratura, comporti la perdurante modifica dello stato dei luoghi (cfr., Cons. di Stato 419/2003). Ne discende che, sia la qualificazione dell’intervento, sia il regime sanzionatorio conseguentemente applicato dall’Amministrazione, risultano del tutto corretti.
Né rileva, come peraltro già evidenziato nel provvedimento impugnato, che l’intervento sia compatibile con il PRG.
Infatti, la circostanza che un intervento abusivo sia compatibile con le norme di piano non fa venire meno la sua abusività se realizzato in assenza del titolo che per esso era prescritto.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente, dopo aver premesso che l’intervento posto in essere rientrerebbe tra quelli suscettibili di accertamento di conformità ex art. 140 LR 1/2005, si duole del comportamento tenuto dall’amministrazione la quale avrebbe rifiutato non solo di vagliare la sanatoria ma anche di aiutare la ricorrente a trovare soluzioni alternative che le consentano il proseguimento della propria attività.
Anche questa censura è del tutto destituita di fondamento, in quanto, come già evidenziato, allo stato, non risulta pervenuta all’Amministrazione – né la ricorrente fornisce prova contraria - alcuna domanda di accertamento di conformità ex art. 140 LR 1/2005 volta alla regolarizzazione dell’abuso sanzionato, né sicuramente incombe sull’ente locale il compito di individuare soluzioni alternative rispetto a quelle illegittimamente adottate.
3. Il ricorso va, pertanto, respinto.
4. Quanto alle spese di giudizio, le stesse seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di lite che liquida nella complessiva somma di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Silvio Lomazzi, Consigliere