In data 29 dicembre 2009 il Comune ha approvato la deliberazione n. 41 quale atto di indirizzo per l’autorizzazione in sede fissa per punti vendita non esclusivi di quotidiani e periodici: “In attesa dell’adozione del Piano Comunale di localizzazione dei punti vendita della stampa quotidiana e periodica, l’ufficio procede al rilascio delle autorizzazioni in punti vendita non esclusivi con riferimento a densità della popolazione, caratteristiche urbanistiche e sociali delle zone, entità delle vendite dei quotidiani e periodici negli ultimi due anni, condizioni di accesso nonché esistenza di altri punti vendita non esclusivi; parametri demografici, economici e sociali al fine di verificare l’esistenza delle condizioni di rilascio dell’autorizzazione. L’ufficio è invitato ad adottare l’obiettivo di mantenere la fruibilità del servizio di distribuzione della stampa quotidiana e periodica e di promuovere, attraverso l’abbinamento della vendita di quotidiani e periodici con l’esercizio di altre attività commerciali, processi di integrazione di servizi a vantaggio della maggiore fruibilità degli stessi da parte dei consumatori”.
In data 29 aprile 2010 il comune ha rilasciato autorizzazione per la vendita di quotidiani e periodici in un punto vendita non esclusivo nell’esercizio stagionale di vendita di generi di monopolio già attivo;
in data 24 agosto 2010 il titolare dell’unico punto vendita esclusivo sul territorio comunale ha proposto ricorso al Capo dello Stato per l’annullamento e/o revoca di detta autorizzazione adducendo violazione dell’art. 2, comma 6, del D.Lgs. 170/2001;
In data 19 febbraio 2011 il comune ha rilasciato autorizzazione per la vendita di quotidiani e periodici in un punto vendita non esclusivo in un esercizio “bar” già attivo;
in data 15 giugno 2011 il titolare dello stesso punto vendita esclusivo ha proposto ricorso al Capo dello Stato per l’annullamento e/o revoca di detta autorizzazione adducendo violazione di legge e vizi del procedimento;
in data 24 febbraio 2012 era presentata al comune domanda di apertura di rivendita esclusiva di quotidiani e periodici. L’ufficio commercio in data 23 aprile ha rigettato l’istanza motivando con la mancata adozione del “piano di localizzazione”; al diniego era presentato ricorso al TAR per “violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 3, della Legga 170/2001 e del DLn. 201/2011 convertito in legge 214/2011”.
In data 07 marzo 2013 era emessa sentenza del TAR che accoglieva il ricorso.
In data 05 aprile 2013 era emesso, sulla scorta di apposito parere del Consiglio di Stato del 5 dicembre 2012, Decreto del Presidente della Repubblica che accoglieva il ricorso avverso l’apertura del punto vendita non esclusivo annesso a “bar”;
in data 16 maggio 2013 era emesso, sulla scorta di apposito parere del Consiglio di Stato del 5 dicembre 2012, Decreto del Presidente della Repubblica che accoglieva il ricorso avverso l’apertura del punto vendita non esclusivo annesso a “Rivendita di generi di monopolio”;
I decreti contestavano al Comune che le autorizzazioni all’apertura dei punti vendita non esclusivi difettavano di motivazione per inosservanza del disposto di cui all’art. 2, comma 6, del D.Lgs. 170/2001 in quanto “i comuni hanno l’obbligo di verificare che la collocazione dei punti vendita non esclusivi appaia opportuna alla luce dei predetti parametri e di motivare in ordine alla predetta verifica”; con la deliberazione consiliare n. 41/2009 il Comune si è limitato a “prevedere criteri generali che ripetono quasi letteralmente quanto già espresso dalla norma primaria e non introducono alcuna limitazione ulteriore alla discrezionalità dell’amministrazione. Pertanto è mancato, nel provvedimento impugnato, il necessario riferimento ai criteri di cui all’art. 2, comma 6, del D.Lgs. 170/2001 e quindi sussiste un evidente difetto di motivazione in ordine alla correttezza del procedimento seguito. Né vale obiettare che i dati da cui risultano i parametri di cui al suddetto art. 2, c.6, sono già noti all’amministrazione e da questa facilmente accessibili, visto che il provvedimento non vi fa alcun cenno e, quindi, non può neppure sostenersi esser nato da un’istruttoria semplificata”.
Considerato che la Regione Calabria con deliberazione della Giunta Regionale n. 867, del 29/12/2010 ha disposto che: “Va osservato, in relazione ai piani comunali di localizzazione dei punti di vendita, ai sensi dell’art. art.6 comma 1 della legge n.170/2001, che l’art.3 co.1 lett.b) del d.l. n.223/2006 conv. in l. n.248, tuttora vigente “le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n.114 (e quindi anche la vendita di stampa quotidiana e periodica, non esclusa dall’art.4 comma 2), sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: b) il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio”.
Considerato che la giurisprudenza è intervenuta con disposizioni contrastanti, sebbene in prevalenza tendenti alla liberalizzazione e che il Comune è però stato oggetto di sentenze (come suesposto), si chiede quale debba o possa essere il comportamento da seguire. I soggetti interessati hanno già anticipato che a prescindere dal tipo di provvedimento adottato dall’Amministrazione ricorreranno in giudizio. Se sarà autorizzato un ulteriore punto vendita esclusivo (in ottemperanza alla sentenza del TAR) ricorrerà l’attuale unico titolare di punto vendita esclusivo che già si è visto accolti i ricorsi al Consiglio di Stato per punti vendita non esclusivi; questi ultimi, nonostante la notifica dei DPR hanno preannunciato che ripresenteranno richiesta di autorizzazione in quanto consci di tante sentenze che dispongono in modo diverso ed a loro favore.
Nel caso il Comune volesse dotarsi del “piani comunali di localizzazione dei punti di vendita” quali criteri potrebbe seguire senza incorrere nella violazione della normativa vigente?
Questo caso illustra bene come sia ancora al medioevo la nostra povera Italia sia nel processo di liberalizzazione che nel sistema di giustizia amministrativa.
Ciò premesso a questo punto, inutile piangere sul latte versato, e guardando al futuro TI CONSIGLIO:
1) delibera di liberalizzazione con cui prendi atto delle norme sopravvenute alla citata giurisprudenza
2) con cui dai atto che le procedure sono in SCIA
Applicando la SCIA risolvi 2 problemi:
1) non emetti atti contraddittori o elusivi del giudicato amministrativo
2) eviti ricorsi (la SCIA è inoppugnabile)
Ovviamente potrà nascere un contenzioso fra le parti .... ma saranno "problemi loro".
Quindi consiglio:
1) delibera: http://www.omniavis.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3718:delibera-comunale-per-la-liberalizzazione-versione-del-4-febbraio-2012&catid=111&Itemid=619
2) scia: http://www.omniavis.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3743&Itemid=648
Se serve aiuto scrivi qui o chiamami
intanto ringrazio per la solita sollecita e cortese risposta!
Questo caso illustra bene come sia ancora al medioevo la nostra povera Italia sia nel processo di liberalizzazione che nel sistema di giustizia amministrativa.
Ciò premesso a questo punto, inutile piangere sul latte versato, e guardando al futuro TI CONSIGLIO:
1) delibera di liberalizzazione con cui prendi atto delle norme sopravvenute alla citata giurisprudenza
[color=red]E' la soluzione che avrei adottato dopo aver letto i vari contributi sul forum e in linea con la sentenza del TAR; la soluzione mal si concilia con il parere espresso dal consiglio di stato che non ha dato indicazioni ulteriori rispetto al virgolettato che ho riportato e che in pratica da piena validità all'art. 2 comma 6 del D.lgs. 170/2001 ed alla necessità di redazione del piano.
art. 2, c.6: "Il rilascio dell'autorizzazione, anche a carattere stagionale, per i punti di vendita esclusivi e per quelli non esclusivi deve avvenire in ragione della densita' della popolazione, delle caratteristiche urbanistiche e sociali delle zone, dell'entita' delle vendite di quotidiani e periodici negli ultimi due anni, delle
condizioni di accesso, nonche' dell'esistenza di altri punti vendita non esclusivi"
Ritengo che perché un piano di localizzazione non violi i seguenti i principi del D.L. 223/2006:
• rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio;
• limitazioni quantitative di assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore merceologico alimentare e non alimentare;
• il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale, sub-regionale;
non possa essere redatto in base a 1-densita' della popolazione; 2-dell'entita' delle vendite di quotidiani e periodici negli ultimi due anni; 3-delle condizioni di accesso; 4-dell'esistenza di altri punti vendita non esclusivi
resta il criterio "delle caratteristiche urbanistiche e sociali delle zone" che è di difficile interpretazione e applicazione (valido per esempio per le sale giochi da vietare vicino alle scuole ma impedire la rivendita di giornali per problemi "sociali" lo trovo difficile). Facendo una ricerca di comuni che hanno recentamente approvato un piano: Torino ha utilizzato il criterio dell'"addensamento commerciale"; Fiano Romano divide il comune in zone e utilizza il rapporto punti vendita/residenti. Ma questi criteri non contrastano con l'inapplicabilità di distanze minime?
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[color=red]L'amministrazione comunale chiede all'Ufficio di approntare un "Piano"; vorrebbe liberalizzare i punti "non esclusivi"; distinguere tra aperture stagionali ed annuali (Comune di 1800 abitanti residenti, a vocazione turistica, con popolazione fluttuante di 23000 abitanti nel periodo estivo) consentendo l'apertura di un ulteriore punto vendita esclusivo ma stagionale.
Ogni considerazione e suggerimento è gradito[/color]
2) con cui dai atto che le procedure sono in SCIA
[color=red] La Regione Calabria è intervenuta con la DGR 867/2010: "L’art.71 del testo originario del decreto 170/2011 prevedeva la trasformazione in DIA dell’autorizzazione attualmente prevista per l’apertura di un punto esclusivo e non esclusivo di vendita di quotidiani e periodici.
L’’unanime richiesta della VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati del 10 marzo ne ha determinato la soppressione che veniva motivata ”in considerazione della specificità della distribuzione capillare italiana -consistente ,in particolare,nell’obbligo per le edicole di porre in vendita ,con uguale trattamento, tutti i prodotti editoriali,ha ritenuto di non apportare ,alcuna modifica alla disciplina attualmente vigente in materia,garantendo in tal modo la possibilità di un effettivo accesso all’informazione da parte dei cittadini nonché le necessarie garanzie a favore del pluralismo dell’informazione e nella prospettiva di una complessiva e coerente riforma dell’editoria”. La disciplina resta dunque quella della legge statale n 170/2001".
Potremmo applicare comunque il regime della SCIA? Con quale argomentazione?
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Applicando la SCIA risolvi 2 problemi:
1) non emetti atti contraddittori o elusivi del giudicato amministrativo
2) eviti ricorsi (la SCIA è inoppugnabile)
Ovviamente potrà nascere un contenzioso fra le parti .... ma saranno "problemi loro".
[color=red] Se possibile potrei avere un maggiore chiarimento? Certamente sarà denunciata l'apertura dei punti vendita con richiesta al Comune di intervenire intimando la chiusura; risponderemmo che il tutto è legittimo ed a quel punto scatterà una denuncia al Prefetto? Procura? [/color]