Data: 2013-06-03 04:45:44

MSV: obbligatorio lo strumento urbanistico - illegittimo diniego TAR

MSV: obbligatorio lo strumento urbanistico - illegittimo diniego
TAR SICILIA - CATANIA, SEZ. I - sentenza 29 maggio 2013 n. 1556

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N. 01556/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01349/2010 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1349 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
R.B. Immobiliare Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Seminara, con domicilio eletto presso lo stesso, in Catania, Corso delle Province, 203;
contro
Il Comune di Torregrotta, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Marchese, con domicilio di legge presso la Segreteria del Tribunale;
per l'annullamento
-del provvedimento del Responsabile della 4^ Area Territorio e Ambiente del Comune di Torregrotta di cui alla nota prot. n. 3791 del 26.2.2010;
-di ogni atto connesso e consequenziale.
Nel primo ricorso per motivi aggiunti:
-del provvedimento del Responsabile della 4^ Area Territorio e Ambiente del Comune di Torregrotta di cui alla nota prot. n. 21100 del 23.11.2010.
Nel secondo ricorso per motivi aggiunti:
-del provvedimento del Responsabile della 4^ Area Territorio e Ambiente del Comune di Torregrotta, registro determinazioni n. 246 del 26.9.2011, registro generale n. 570 del 27.9.2011.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Torregrotta;
Vista la relazione del verificatore incaricato con O.C.I. n.1342/2012;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2013 il dott. Salvatore Schillaci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il ricorso introduttivo la società ricorrente impugna la nota prot. n. 3791 del 26.2.2010 del Responsabile della 4^ Area Territorio e Ambiente del Comune di Torregrotta, con la quale era stata rigettata l’istanza della stessa del 30.12.2009 volta ad ottenere l’autorizzazione al cambio di destinazione d’uso, da “artigianale” a “commerciale”, dell’immobile assentito con Concessione Edilizia n.2325 del 4.01.2008, in virtù della quale parte ricorrente aveva realizzato un edificio ( costituito da un piano cantinato e due elevazioni fuori terra) in territorio del Comune di Torregrotta c.da Timoniere, ricadente in zona D2 del P.R.G.
Di tale atto impugnato, recante la seguente motivazione: “il mutamento di destinazione d’uso in questione non rispetta le norme urbanistiche vigenti di questo Ente, in quanto nelle zone D2 del vigente strumento urbanistico è possibile solo insediare attività industriali-artigianali”., parte ricorrente ha chiesto l’annullamento per violazione dell’art.10 bis L.241/90 per mancato preavviso di rigetto, e, nel merito, per : violazione dei principi in materia di commercio; erronea applicazione del vigente programma di fabbricazione del Comune di Torregrotta e delle norme in materia di destinazione urbanistica e di mutamento di destinazione d’uso; eccesso di potere per difetto di esame e di pubblico interesse; illogicità manifesta.
In pendenza di giudizio, lo stesso responsabile del procedimento, con provvedimento n.393 del 23-7-2010, annullava, in autotutela, il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo e, indi, con successiva nota prot. n. 17574 del 30.9.2010, pervenuta alla ricorrente il 19.10.2010, comunicava l'avvio del procedimento teso al diniego della chiesta autorizzazione, assegnando alla ditta ricorrente il termine di quindici giorni per la presentazione di deduzioni. Entro il detto termine, la ditta ricorrente presentava le proprie deduzioni, insistendo nelle stesse prospettazioni e richieste contenute nel ricorso introduttivo.
Senza dare riscontro alle deduzioni della ricorrente, ritenute depositate in ritardo, il Dirigente responsabile, con successiva nota prot. n. 21100 del 23.11.2010, reiterava il diniego con la medesima motivazione, opponendo la destinazione artigianale della zona D2 in cui ricade il fabbricato della ricorrente e la mancata previsione nello strumento urbanistico di zone a destinazione commerciale ( “…ritenuto che le osservazioni e le motivazioni addotte a giustificazione della richiesta della R.B. immobiliare di cambio di destinazione d’uso da artigianale a commerciale….…non sono accettabili in quanto in contrasto con le norme di P. di F.”).
La ricorrente impugnava quest’ultimo provvedimento con il primo ricorso per motivi aggiunti (contenente domanda cautelare) chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
1)Violazione dei principi del procedimento (art.10 bis L.241/90 e s.m.i.); eccesso di potere per difetto di esame e di motivazione.
2)Violazione dei principi in materia di commercio. Erronea applicazione del vigente programma di fabbricazione del Comune di Torregrotta e delle norme in materia di destinazione urbanistica e di mutamento di destinazione d’uso. Eccesso di potere per difetto di esame e di pubblico interesse. Illogicità manifesta.
Prima della udienza di trattazione, il Responsabile del procedimento, al quale peraltro, con l’accoglimento della domanda cautelare, era stato ordinato di dare riscontro alle deduzioni depositate tempestivamente dalla ricorrente, emetteva un ulteriore provvedimento di rigetto, registro determinazioni n.246 del 26.09.2011, registro generale n.570 del 27.09.2011, con cui pronunciava il diniego definitivo sulla richiesta di cambiamento di destinazione d’uso dell’immobile della ricorrente.
La ricorrente impugnava il detto provvedimento con un secondo ricorso per motivi aggiunti, reiterando le censure proposte nel primo ricorso per motivi aggiunti e proponendo le seguenti nuove censure:
1)Violazione dell’art. 3 L.241/90; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; erronea applicazione dell’art.10 L.R. 37/85;
2)Erronea applicazione dell’art. 15 L. 47/85; eccesso di potere per difetto di presupposto e di esame; violazione del divieto di aggravio del procedimento; sviamento di potere.
Con OCI n. 1342/2012 veniva disposta verificazione.
Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dei ricorsi per inammissibilità, improcedibilità, inoppugnabilità, e, comunque, per infondatezza.
Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2013, la causa è stata assegnata a sentenza.
DIRITTO
Il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, avendo il Comune intimato provveduto all’annullamento d’ufficio del provvedimento impugnato con il detto ricorso.
Ritiene altresì il Collegio di poter passare direttamente all’esame del secondo ricorso per motivi aggiunti, in quanto il provvedimento ivi impugnato - n.570 del 27.09.2011 emesso dal Responsabile della 4°Area Territorio e Ambiente del Comune intimato - reitera e conferma, anche se per certi aspetti con motivazione più ampia, il precedente provvedimento di diniego prot. n. 21100 del 23.11.2010 opposto con il primo ricorso per motivi aggiunti, che, pertanto, viene dichiarato anch’esso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
SECONDO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI
Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità, di improcedibilità e inoppugnabilità proposte dal Comune intimato. E invero:
a)la presunzione che la ricorrente, ritirando la concessione, abbia accettato la destinazione artigianale dell’immobile, e quindi resa inoppugnabile tale destinazione, è priva di fondamento logico-giuridico, poiché, se la detta concessione impedisce una destinazione diversa non autorizzata, certo non preclude che l’Amministrazione comunale, attraverso un legittimo procedimento, che magari riconsideri le esigenze di programmazione espresse più volte dal consiglio comunale in tema di aree commerciali, possa rivisitare la destinazione urbanistica dell’intero agglomerato di c.da Timoniere ed esitare favorevolmente una istanza di cambio di destinazione d’uso di un immobile;
b)né il rilascio del certificato di agibilità, che attesta la conformità dell’opera alla concessione rilasciata, implica acquiescenza e il venir meno dell’interesse della ricorrente al cambio di destinazione d’uso, che invece, in via di principio, può essere chiesto in ogni tempo dal proprietario dell’immobile.
Passando all’esame del ricorso proposto con i secondi motivi aggiunti, il Collegio ritiene opportuno richiamare la situazione dei luoghi e lo stato di piano di fabbricazione del Comune di Torregrotta, così come risultano essere stati accertati dal verificatore nella sua relazione alle pagine 20-21-22, e indi passare all’esame delle censure nodali che assistono il detto ricorso.
Nella relazione di verificazione:
a)viene confermata la “la corrispondenza dell’ubicazione dell'immobile nelle aree di proprietà della ricorrente per come riportate catastalmente, la congruenza dimensionale del lotto e del fabbricato rispetto alle elaborazioni grafiche prodotte da parte ricorrente e acquisite dall'Amministrazione";
b)viene specificato che l’accesso all’immobile della ricorrente avviene “da viabilità di servizio secondaria alla viabilità comunale denominata viale Europa” e che l’ubicazione del detto immobile ricade "nella periferia del centro abitato di Torregrotta in prossimità di viale Europa";.
c)e, dal punto di vista urbanistico, viene rilevato che “il Comune di Torregrotta è dotato di programma di fabbricazione risalente al 1974 nel quale sono individuate le zone omogenee di cui al D.M. 2-4-1968 n. 1444”, ma che nel piano di fabbricazione e nella allegata tabella dei tipi edilizi “non risultano previste zone territoriali aventi specifica destinazione commerciale” (cfr: pag. 24).
Quanto al caso di specie, il verificatore, esaminando il progetto della ricorrente, ha rilevato inoltre che “il progetto per cambio di destinazione d'uso da artigianale a commerciale proposto dalla R.B. Immobiliare riprende, senza alcuna differenza di previsioni progettuali rispetto a quelle assentite con la concessione edilizia n. 2325/08, l'ubicazione del fabbricato, mentre diversifica la destinazione degli spazi esterni destinando una superfìcie complessiva pari a mq 2500 a parcheggio pertinenziale” ( cfr: pag. 51).
Violazione dei principi in materia di commercio. Erronea applicazione del vigente programma di fabbricazione del Comune di Torregrotta e delle norme in materia di destinazione urbanistica e di mutamento di destinazione d’uso. Eccesso di potere per difetto di esame e di pubblico interesse. Illogicità manifesta”.
La censura è fondata.
Nel provvedimento di diniego impugnato, il Comune afferma (tra l’altro) che le deduzioni fornite dalla ditta istante nella propria nota, assunta al prot. n.19448 del 3.11.2010, non possono trovare condivisione perché in contrasto con la disciplina legislativa regionale e regolamentare in materia urbanistica, per cui, vertendosi in sede di mera esecuzione della programmazione regolamentare esistente…. è necessario uniformarsi alle NTA del P di F vigente nel Comune, che per la zona D2 prevede soltanto la destinazione industriale e/o artigianale e che, comunque, le dette NTA assicurano la libertà di impresa in quanto nella zona B è consentita l’attività commerciale.
Prima di esaminare la superiore censura, è conducente evidenziare che con l’entrata in vigore del D.l.vo n.114/1998, i poteri pianificatori e decisionali del Comune sono stati sensibilmente ridotti rispetto alla pregressa disciplina in materia.
Il legislatore, infatti, attribuisce un ruolo determinante alla Regione in materia di programmazione della rete distributiva, assegnando a questa (art. 6 del D.lvo n.114/98) la definizione degli indirizzi generali per l'insediamento delle attività commerciali e la fissazione dei criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale.
Le ragioni del trasferimento dell'attività programmatoria dal Comune alla Regione vengono individuate nel consistente innalzamento delle dimensioni degli esercizi a seguito della creazione di grandi centri commerciali con area di gravitazione a livello extra-comunale ed impatti urbanistico-territoriali e socio-economici a larghissimo raggio, evidenziandosi pure che la programmazione di tali grandi strutture a livello comunale si è dimostrata assolutamente inadeguata richiedendo più elevati modelli di riferimento e di organizzazione.
Quanto sopra va letto non come fissazione di limiti alla potestà regolamentare dei Comuni ma come obbligo di quest’ultimi a non derogarvi.
E’ la stessa legge (art. 6 comma 5, d.lvo. n. 114, cit.) a prevedere che i Comuni sono tenuti ad adeguare i propri strumenti urbanistici ed i regolamenti di polizia locale alle disposizioni regionali. E anche altri riferimenti normativi, contenuti nel citato D.l.vo n.114/98, portano a riferire l'obbligo di adeguamento della normativa comunale alle regole di programmazione regionale:
a)l'art. 8 dispone che i criteri per il rilascio delle autorizzazioni all'apertura, trasferimento ed ampliamento delle medie strutture di vendita, vengano determinati anche sulla base delle disposizioni regionali e degli obiettivi indicati dal precedente art. 6;
b)l'art. 9 prevede, poi, che l'esame della domanda di autorizzazione all'apertura di grandi strutture di vendita sia effettuata in base alla conformità dell'insediamento ai “criteri di programmazione di cui all'art. 6”.
In presenza di un'attività di programmazione e di indirizzo così incisiva, l'autonomia dei Comuni si riduce alla applicazione concreta dei principi e dei criteri fissati dalla Regione e quindi, nella sostanza, all'adeguamento delle regole generali ed astratte alla concreta realtà del territorio comunale.
Le regole specifiche disciplinanti l'attività locale diventano, quindi, necessariamente applicazione dei principi generali stabiliti dalla Regione.
L'orientamento formatosi in sede di applicazione dei principi contenuti nell'art. 1, legge. n. 241/90, secondo cui essi costituiscono anche parametri di legittimità degli atti amministrativi, dovendo questi essere valutati in base ai canoni della proporzionalità e della ragionevolezza, evidenzia che la violazione delle norme di programma stabilite dalla Regione determina l'illegittimità degli atti del procedimento ad esse non conformi e di quelli conclusivi se non idonei al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Coglie nel segno quindi la censura di parte ricorrente che impugna il provvedimento conclusivo di diniego di illegittimità per violazione dei principi in tema di commercio, erronea applicazione del vigente p. di f. del Comune di Torregrotta e delle norme in materia di destinazione urbanistica e di mutamento di destinazione d’uso.
E invero “la pretesa di un Comune di non consentire su tutto il territorio comunale l'apertura di medie strutture di vendita si pone in inevitabile contrasto con i parametri costituzionali relativi all'uguaglianza (art. 3 cost.) e alla libertà di intrapresa (art. 41 cost.); al tempo stesso i precetti contenuti negli art. 6 e 8, d.lg. 31 marzo 1998 n. 114, che prevedono rispettivamente l'adozione di criteri per l'individuazione di aree da destinare agli insediamenti commerciali anche di medie strutture e l'adozione da parte del Comune di criteri per il rilascio delle relative autorizzazioni, vanno collegati con il principio di libera concorrenza che costituisce il parametro di riferimento dell'intera materia e vanno pertanto interpretati nel senso di vietare qualsiasi misura che inibisca l'applicazione generale e coerente del principio stesso” ( TAR Torino Piemonte, Sez. II, sentenza n.32 del 12 gennaio 2012).
Nella fattispecie di giudizio risulta che il Comune intimato, in aperta violazione dei principi dettati dalla d.Lvo n.114/98, non ha adeguato il proprio strumento urbanistico ed i regolamenti di polizia locale alle disposizioni regionali, ha emesso un provvedimento non conforme alle dette disposizioni e ha violato principi di rango costituzionale come appunto quelli in materia di libertà di impresa.
Violazione dell’art. 3 L.241/90; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; erronea applicazione dell’art.10 L.R. 37/85”.
Anche la superiore censura è fondata.
Il diniego del Comune si limita in effetti a richiamare, nelle premesse, la nota della ricorrente (assunta al prot. n.19448 del 3.11.2010), ma non risponde alle articolate deduzioni della stessa, deducendo genericamente che dichiara di non condividerla, essendo obbligato ad uniformarsi alla disciplina legislativa regionale e regolamentare, vertendosi “non nella sede di programmazione urbanistica ma nella sede di mera esecuzione della programmazione regolamentare già esistente” …..” per cui è necessario uniformarsi alle NTA del P di F vigente nel Comune, che per la zona D2, prevede soltanto la destinazione industriale e/o artigianale. Al riguardo, richiama in proposito il comma 1 dell’art. 10 della L.R. n.37/1985, che disciplina la variazione di destinazione d’uso degli immobili nella Regione Siciliana e indi l’art. 15 della L. n.47/85, che disciplina le varianti in corso d’opera.
Rilevato che entrambi i riferimenti normativi non sono pertinenti in quanto, l’art. 10 L.r. n.37/85 vieta, nelle zone territoriali omogenee D) di cui al D.M. 2 aprile 1968, il mutamento di destinazione dall’uso industriale e artigianale a quello residenziale, e non il mutamento di destinazione all’uso commerciale, e in quanto l’art.15 L.n.47/85 riguarda la sanatoria delle costruzioni che presentano irregolarità edilizie, per cui non può riferirsi all’immobile della ricorrente che è stato realizzato secondo la previsione progettuale accordata dal Comune, il diniego comunale, motivato perché l'immobile da adibire ad uso commerciale ricade in zona industriale, è illegittimo.
A riguardo il contrasto con le prescrizioni urbanistiche non è elemento che possa da solo impedire il conseguimento della chiesta autorizzazione, perché l'interesse pubblico in materia di commercio è di diversa natura ed implica criteri valutativi differenti. Le valutazioni di incompatibilità di insediamenti commerciali in zona industriale non vanno effettuate in astratto ma previo accertamento ed esplicitazione di un effettivo motivo di incompatibilità tra nuovo esercizio commerciale e zona industriale. Tale precisa esplicitazione di concreta incompatibilità nella specie, sia perché si trattava di un mutamento di destinazione d’uso da artigianale in commerciale relativamente ad un fabbricato legittimamente realizzato in z.t.o., sia perché, come rilevato dalla stessa ricorrente (e non contestato sul punto dal Comune intimato) e accertato in sede di verificazione, insistono nella stessa zona D2 alcuni insediamenti commerciali, si rendeva necessaria e imponeva all’amministrazione, a supporto del diniego ora gravato, una esaustiva motivazione (invece carente) in ordine ad un reale contrasto.
Sul punto la giurisprudenza ha affermato che “le valutazioni di incompatibilità di insediamenti commerciali in zona industriale non vanno effettuate in astratto ma previo accertamento ed esplicitazione di un effettivo motivo di incompatibilità tra nuovo esercizio commerciale e zona industriale”(cfr TAR Pugli, II, n.335/2002). Peraltro, anche in materia di mutamento di destinazione di un immobile per allocarvi una attività commerciale, la giurisprudenza, valorizzando il precetto costituzionale contenuto nell’art. 42, ha affermato “che possono ritenersi ammissibili quei mutamenti che, nell’ottica di un arricchimento dei contenuti degli strumenti urbanistici di pianificazione e fermo restando il rispetto dei principi generali di base, non comportino uno stravolgimento così significativo della destinazione di zona ed una incompatibilità intollerabile rispetto alla ratio della previsione originaria dello strumento urbanistico di regolazione del territorio” (cfr TAR Puglia, Lecce, I, sent. n.1041/2002).
Conclusivamente il Collegio, condividendo il tenore delle pronunce giurisprudenziali citate e rilevato che il Comune, prima di emettere il provvedimento di diniego, avrebbe dovuto valutare ex se, ai fini della concreta compatibilità o meno del cambio di destinazione d’uso, tutti i dati poi acclarati in sede di verificazione ( situazione dei luoghi, risalenza nel tempo del piano di fabbricazione del Comune di Torregrotta,congruenza dimensionale del lotto e del fabbricato della ricorrente, ubicazione in zona territoriale omogenea ricadente nella periferia del centro abitato di Torregrotta in prossimità di viale Europa con accesso da viabilità di servizio secondaria alla viabilità comunale denominata viale Europa, corrispondenza del progetto per cambio di destinazione d'uso, da artigianale a commerciale, proposto dalla R.B. Immobiliare con le previsioni progettuali assentite con la concessione edilizia n. 2325/08, ma con diversificazione degli spazi esterni, ove viene destinata una superficie complessiva di mq 2500 a parcheggio pertinenziale) ritiene fondato il ricorso proposto e pertanto lo accoglie.
Il Collegio si astiene dall’esaminare la legittimità del diniego di autorizzazione sotto il profilo evidenziato dal verificatore, e cioè in relazione alla circostanza che il cambio di destinazione d’uso proposto dalla ricorrente non poteva trovare accoglimento perché prevede le aree a parcheggio in zona E, in quanto tale profilo, essendo estraneo ai motivi di diniego del provvedimento impugnato ( tant’è che il Comune non solo ha approvato l’allocazione di parcheggi nella zona E, ma ha dato altresì atto dell’esistenza di altri insediamenti commerciali nella stessa zona), è stato irritualmente introdotto nel presente giudizio, ledendo il principio del contraddittorio e il diritto di difesa, attesa anche la circostanza che nella specie è inapplicabile il disposto del comma 2° dell’art. 21 octies L.241/90, trattandosi, come sopra evidenziato, di motivi di annullamento non esclusivamente afferenti alla violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti ed non essendo quindi palese che il contenuto dispositivo del provvedimento (di diniego) non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, come testimoniano al riguardo il tormentato iter procedimentale, l’intervenuta approvazione da parte dell’autorità tecnica comunale dei proposti parcheggi e la necessità, in sede di giudizio, di disporre le operazioni di verificazione.
Infine la proposta domanda del risarcimento del danno non può allo stato trovare ingresso sia perché al riguardo non vengono forniti elementi di prova e sia perché il Comune dovrà rideterminarsi in esito alle statuizioni della presente decisione (come del resto ammette la stessa ricorrente in seno alla memoria depositata il 28.01.2013).
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così statuisce:
1)dichiara improcedibili il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti:
2)accoglie il secondo ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla gli atti con lo stesso impugnati;
3)condanna il Comune di Torregrotta al pagamento, in favore della società ricorrente, dei compensi del giudizio, che si liquidano in complessivi € 1.800,00(milleottocento/00), oltre il rimborso del contributo unificato, iva, cpa e le spese di verificazione nella misura che verrà liquidata con separato decreto presidenziale.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Schillaci, Presidente FF, Estensore
Maria Stella Boscarino, Consigliere
Dauno Trebastoni, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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