Data: 2013-05-02 07:01:47

ANTENNE: illegittima la richiesta di un CANONE ANNUO

ANTENNE: illegittima la richiesta di un CANONE ANNUO

T.A.R. Lazio Roma, Sezione II, 9 aprile 2013 n. 3579

FATTO

Premette in fatto la società odierna ricorrente di essere gestore di telefonia cellulare GSM in forza di licenza individuale rilasciata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in data 14 marzo 2001, la quale costituisce dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere necessarie allo svolgimento del servizio.
Al fine di realizzare la propria rete di impianti necessari a garantire la progressiva copertura del territorio nazionale con il proprio segnale radiotelefonico, fornendo il servizio agli utenti secondo determinati standards minimi di qualità, la società ricorrente ha richiesto al Comune di San Cesareo la concessione edilizia per l’installazione di una stazione radio base, assentita in esito al parere favorevole espresso dalla Commissione Edilizia, con riferimento alla quale è stato richiesto, con la gravata nota, il pagamento del canone annuo di lire 20.0000.000, versato dalla ricorrente con riserva di ripetizione.
Avverso tale richiesta di pagamento di un canone annuo ed al fine di ottenere quanto versato deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:
I – Violazione dell’art. 23 della Costituzione. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, difetto di motivazione, falsità della causa, sviamento. Violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 della Costituzione).
Nel precisare parte ricorrente come il pagamento del canone annuo sia stato richiesto sulla base dell’art. 3, punto 4, del Regolamento comunale per l’installazione degli impianti di trasmissione radiotelevisiva, della rete di telefonia mobile e per gli apparecchi di ricezione nei centri urbani, approvato con delibera C.C. n. 4 del 26 gennaio 2001, lamenta come non sia in alcun modo indicato il fondamento normativo della pretesa, né vi sia una prestazione a carattere continuativo e periodico che possa giustificarla, considerato peraltro che l’impianto andrebbe ad insistere sulla proprietà di privati e non su aree di proprietà del Comune.
Sottolinea, inoltre, parte ricorrente, come qualsiasi prestazione patrimoniale può essere imposta solo in base alla legge.
II – Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 9 della legge n. 10 del 1977, dell’art. 4, comma 3, della legge n. 249 del 1997, dell’art. 6, commi 25 e 26, del D.P.R. n. 318 del 1997, dell’art. 231 del D.P.R. n. 156 del 1973. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, sviamento.
Afferma parte ricorrente come l’art. 3 della legge n. 10 del 1977 subordini il rilascio della concessione edilizia al pagamento di un contributo commisurato all’incidenza delle opere di urbanizzazione ed al costo di costruzione, risultando pertanto estraneo rispetto a tale previsione il pagamento di un canone annuo svincolato dagli indicati parametri.
Ai sensi dell’art. 9 della citata legge, inoltre, la concessione è gratuita per le opere di urbanizzazione, quali sono le stazioni base funzionali alla prestazione di un servizio pubblico normativamente ricondotto tra quelli essenziali.
III – Violazione e falsa applicazione del D.M. n. 318 del 1998, della legge n. 36 del 2001, del D.P.R. n. 616 del 1977, della legge n. 833 del 1978, della legge n. 59 del 1997, del D.Lgs. n. 112 del 1998 e dell’art. 1, comma 15, della legge n. 249 del 1997. Incompetenza.
Afferma parte ricorrente come la materia inerente la disciplina degli impianti di trasmissione sia di esclusiva competenza statale, residuando in capo ai Comuni funzioni residuali di carattere applicativo delle disposizioni statali in materia di campi elettromagnetici, non derogabili, con conseguente lamentata incompetenza del Comune intimato ad introdurre il pagamento di canoni o prestazioni patrimoniali a carico del gestore.
Chiede, quindi, parte ricorrente l’annullamento della gravata nota e della norma del regolamento che ne costituisce il fondamento, nonché l’accertamento del proprio diritto alla restituzione di quanto versato a titolo di canone annuo.
L’intimata Amministrazione Comunale, nonostante la rituale notifica del ricorso, non si è costituita in giudizio.
Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha insistito nelle proprie deduzioni, ulteriormente argomentando.
Alla pubblica udienza del 6 marzo 2013 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso la nota, meglio descritta in epigrafe nei suoi estremi, con cui l’intimata Amministrazione Comunale ha richiesto alla società ricorrente il versamento del canone annuo di lire 20.000.000 a fronte del rilascio della concessione edilizia per l’installazione di una stazione radio base per la prestazione del servizio radiomobile, nonché avverso l’art. 3, punto 4, del Regolamento comunale per l’installazione degli impianti di trasmissione radiotelevisiva, della rete di telefonia mobile e per gli apparecchi di ricezione nei centri urbani, approvato con delibera C.C. n. 4 del 26 gennaio 2001, che prevede il pagamento di tale canone annuo a fronte della concessione edilizia per l’installazione di antenne ricetrasmittenti per telefonia mobile.
Chiede, altresì, parte ricorrente l’accertamento del proprio diritto alla restituzione di quanto versato a titolo di canone annuo.
Il ricorso è fondato e va accolto per le seguenti considerazioni.
La gravata nota regolamentare ricollega il pagamento del canone annuo al rilascio della concessione edilizia cui sono soggette le installazioni di antenne ricetrasmittenti per telefonia mobile, impianti similari e relative pertinenze tecnologiche.
In relazione a tale previsto nesso tra il rilascio della concessione edilizia ed il pagamento di un canone annuo, viene in rilievo, quale parametro sulla cui scorta positivamente delibare in ordine all’illegittimità della gravata disposizione, l’art. 3 della legge n. 10 del 1977, il quale subordina la concessione edilizia al pagamento di un contributo commisurato all’incidenza delle opere di urbanizzazione e al costo di costruzione, dovendo quindi escludersi che, ai sensi della normativa statale applicabile, il rilascio della concessione edilizia possa essere subordinato o comunque ricollegato al pagamento di un canone annuo che risulta estraneo rispetto alla natura di corrispettivo di diritto pubblico commisurato all'aumento del carico urbanistico di zona ed ai costi di costruzione.
E’, pertanto, evidente il carattere arbitrario del previsto canone annuo, avente carattere periodico e continuativo, il quale non trova alcun fondamento nella normativa statale e prescinde peraltro, nella sua quantificazione, dal calcolo dell’incidenza dell’opera sui costi di urbanizzazione e di costruzione.
Né è possibile evincere una qualche causa giustificatrice della pretesa, non essendovi alcuna controprestazione gravante sull’Amministrazione Comunale che possa legittimare la corresponsione di un canone annuo, tenuto altresì conto che il terreno sul quale insiste l’impianto risulta essere di proprietà di privati, e non del Comune.
L’assenza di una causa giustificatrice del previsto canone annuo che possa allo stesso conferire carattere di corrispettivo nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, conduce ad ascrivere tale canone nel novero delle prestazioni patrimoniali la cui previsione, a fini impositivi, è tuttavia riservata alla legge, precluso essendo quindi all’intimata Amministrazione Comunale la possibilità di introdurre prestazioni patrimoniali, quale il contestato canone annuo, in assenza di una previsione di legge.
La contestata previsione, unilateralmente adottata dal Comune per via di un atto regolamentare, nel tradursi in una prestazione imposta, risulta inoltre illegittima per difetto della copertura legislativa richiesta dall’art. 23 della Carta fondamentale.
Prevede tale norma che “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” istituendo così una riserva di legge, qualificata di tipo relativo, essendo sufficiente che la legge determini la c.d. base legislativa indicante i presupposti, i soggetti passivi e il nucleo della prestazione patrimoniale da porre a carco dei privati, correlativamente potendo demandare alla potestà regolamentare la definizione dei profili di dettaglio e delle modalità di attuazione del prelievo.
La riserva di legge in parola deve, dunque, ritenersi rispettata anche in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l'ambito di discrezionalità dell'amministrazione purché la concreta entità della prestazione imposta sia chiaramente desumibile dagli interventi legislativi che riguardano l'attività dell'amministrazione (Corte Costituzionale, 14 giugno 2007, n. 190).
Nell’alveo della garanzia apprestata dalla predetta norma costituzionale la dottrina e la giurisprudenza della Corte pacificamente riconducono non solo le prestazioni patrimoniali di natura tributaria ma anche quelle di diversa natura come i contributi (Corte Costituzionale, 14 giugno 2007 n. 190 ; 26 febbraio 1998, n. 26) e, in genere, tutte le prestazioni patrimoniali determinate con atto unilaterale autoritativo, alla cui adozione non concorra la volontà del privato (Corte costituzionale, 14 giugno 2007, n. 190; 31 maggio 1996, n. 180), qualificando la giurisprudenza della Corte costituzionale come prestazione imposta anche un canone per un'utilizzazione di beni demaniali che, pur avendo a base un negozio fra la p.a. ed il privato, sia imposto autoritativamente per la fruizione di un bene pubblico (Corte Costituzionale, 10 giugno 1994, n. 236).
Poste le brevi coordinate interpretative appena tratteggiate, ritiene il Collegio che non possa essere esclusa la natura di prestazione patrimoniale imposta, ai sensi e per gli effetti della copertura e della riserva di legge scolpita all’art. 23 della Costituzione, al previsto canone annuo cui è sottoposta la concessione edilizia per l’installazione degli impianti di che trattasi.
Invero, richiamandosi quanto testé ricordato, ovverosia che il Giudice delle leggi annette natura di prestazione patrimoniale imposta ex art. 23 Cost., in genere, a tutte le prestazioni patrimoniali determinate con unilaterale atto autoritativo alla cui adozione non concorra la volontà del privato (Corte costituzionale, 14 giugno 2007, n. 190; 31 maggio 1996, n. 180 ), il carattere di prestazione imposta deve essere alla censurata norma regolamentare conferito se non altro in considerazione della fonte che lo contiene, che è un atto generale, ossia un Regolamento locale approvato con deliberazione di Consiglio comunale.
Richiedendo l’art. 23 della Costituzione che ogni prestazione patrimoniale imposta sia legittimata da una fonte normativa avente valore di legge, nella specie insussistente, la censurata disposizione regolamentare risulta illegittima anche sotto tale profilo.
Ritiene, dunque, il Collegio che la riserva relativa di legge recata dall’art. 23 Cost. richiede per il contestato canone annuo cui è soggetta la concessione edilizia per l’installazione di impianti di telefonia, di cui alla gravata norma regolamentare, una copertura legislativa, in difetto della quale detta norma è illegittima.
In ragione delle superiori considerazioni il ricorso va, quindi, accolto, stante la rilevata illegittimità della gravata previsione regolamentare del pagamento di un canone annuo a fronte del rilascio di una concessione edilizia per l’installazione di antenne ricetrasmittenti per telefonia mobile, impianti similari e pertinenze tecnologiche, il che conduce all’annullamento della relativa norma.
Va parimenti disposto l’annullamento della gravata nota con la quale è stato richiesto alla società ricorrente il versamento del canone annuo, riverberandosi sulla stessa in via derivata i medesimi vizi che affligono la norma regolamentare.
Ne discende, ulteriormente, il diritto della società ricorrente ad ottenere la ripetizione delle somme versate a titolo di canone annuo, oltre agli interessi come per legge, con corrispondente condanna dell’intimata Amministrazione Comunale al relativo pagamento.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Roma - Sezione Seconda
definitivamente pronunciando sul ricorso N. 11279/2001 R.G., come in epigrafe proposto, così statuisce:
- lo accoglie e, per l’effetto, annulla la gravata nota del 18 giugno 2001 e la disposizione di cui all’art. 3, comma 4, del Regolamento comunale approvato con delibera C.C. n. 4 del 26 gennaio 2001;
- accerta il diritto della società ricorrente ad ottenere la ripetizione delle somme versate a titolo di canone annuo, oltre agli interessi come per legge;
- condanna l’intimata Amministrazione Comunale al pagamento, a favore del ricorrente, delle spese di giudizio, che liquida forfettariamente in € 1.000,00 (mille).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Elena Stanizzi, Consigliere, Estensore
Carlo Polidori, Consigliere

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