Data: 2013-04-29 12:30:45

Contratti di immobili commerciali: occorre l'AGIBILITA' - risarcimento danni

Contratti di immobili commerciali: occorre l'AGIBILITA' - risarcimento danni
T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 27 marzo 2013, n. 685
http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Lecce/Sezione%203/2010/201000125/Provvedimenti/201300685_01.XML
N. 00685/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00125/2010 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso n. 125 del 2010, proposto dalla:
- società Castello Carlo V s.a.s., rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Baldassarre, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Lecce alla via Imperatore Adriano 9;
contro
- il Comune di Lecce, rappresentato e difeso dall’Avv. Laura Astuto, con domicilio eletto in Lecce presso il Municipio;
per l’accertamento
- della nullità o l’annullamento o la risoluzione per inadempimento del contratto stipulato dalla società Castello Carlo V di Fabrizio Turra & C. s.a.s. con il Comune di Lecce in data 11 marzo 2004, registrato il 23 marzo successivo al n. 767 atti pubblici;
- e per il risarcimento dei danni.

Visto il ricorso.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce.
Visti gli atti della causa.
Relatore all’udienza pubblica del 13 dicembre 2012 il Cons. Ettore Manca e uditi gli Avv.ti Baldassarre e Ciulla -in sostituzione dell’Avv. Astuto.
Osservato quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.- Nel ricorso si espone che:
- in data 11 marzo 2004 il Comune di Lecce e la società ‘Castello Carlo V’ sottoscrivevano un contratto avente a oggetto la concessione in uso, allo scopo di realizzarvi un bar, di un “locale di circa 42 mq. sito sul piano delle coperture del nucleo centrale quadrilatero interno del Castello Carlo V” (la concessionaria “derivava” dalla modifica della ragione sociale della società BIPIUBU s.a.s., aggiudicataria della gara in precedenza indetta dall’amministrazione comunale).
- in data 22 luglio 2004, ottenuto il nulla osta igienico - sanitario, la ricorrente acquisiva quindi la disponibilità dei locali.
- dopo appena quattro mesi dall’avvio dell’attività, peraltro, la stessa doveva interromperla per l’assenza del certificato di agibilità del locale e le sue deficienze in tema di sicurezza e fruibilità da parte dei portatori di handicap.
- in data 20 gennaio 2006, quindi, dopo varie diffide al Comune, la ‘Castello Carlo V’ adiva l’A.G.O. chiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni: il Tribunale civile peraltro, con sentenza n. 1208 del 2008, declinava la propria giurisdizione, ritenendo sussistente quella esclusiva del G.A..
2.- Veniva dunque proposto il ricorso in esame, per i seguenti motivi:
- Violazione di legge: artt. 1337, 1338, 1346, 1418, 1175, 1176 e 1375 c.c.. Violazione dei principi di affidamento, correttezza, buona fede, trasparenza e certezza dell’azione amministrativa. Eccesso di potere. Illogicità, perplessità e contraddittorietà manifesta dell’azione amministrativa. Sviamento.
3.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che il ricorso è fondato e va accolto nei sensi e per le ragioni che di seguito si preciseranno.
4.- Deve anzitutto osservarsi come, secondo il preferibile indirizzo della giurisprudenza, nella compravendita o nella locazione (ma lo stesso discorso vale, ovviamente, anche per il caso di concessione onerosa in uso) di immobili destinati all’esercizio di attività commerciali il cedente ha l’obbligo, ai sensi dell’art. 1477 c.c., di procurarne l’agibilità, la cui licenza dev’essere rimessa al cessionario al momento della consegna del bene: si tratta di documento relativo all’uso della cosa ceduta, e, in specie, di un suo requisito giuridico essenziale, il quale incide sull’attitudine della stessa ad assolvere alla propria funzione economico - sociale (fra le molte, Cassazione civile, II, 6 luglio 2011, n. 14899; II, 16 maggio 2011, n. 10756; II, 26 aprile 2007, n. 9976; Tribunale Monza, 31 maggio 2011; Tribunale Pescara, 7 aprile 2011, n. 568).
Di più: tenuto conto, nel caso in parola, della funzione cui il locale doveva assolvere e per la quale era dato e preso in concessione, non può non ritenersi che l’incontestata assenza dell’agibilità (rectius: del certificato e delle condizioni oggettive per il suo rilascio) incidesse decisivamente sulle caratteristiche funzionali dello stesso e, pertanto, desse luogo a una vera e propria ipotesi di aliud pro alio (Cass. Civ., 23 gennaio 2009, n. 1701; Cass. Civ. 11 novembre 2008, n. 26953; Cass. Civ. 10 luglio 2008, 18859).
A maggior ragione ciò valeva nel caso in esame: a cedere l’immobile era difatti il Comune e, dunque, proprio il soggetto competente in materia di agibilità, nella condizione di valutare direttamente e compiutamente la sussistenza o meno dei requisiti prescritti (i quali, se insussistenti, privavano il locale, come già scritto, della propria primaria funzione economica).
4.1 Né, d’altronde, le considerazioni appena svolte risultano superabili in ragione delle clausole, contenute nel disciplinare di gara, secondo cui la ditta aggiudicataria avrebbe dovuto prendere visione del locale e richiedere le autorizzazioni amministrative e sanitarie necessarie per l’espletamento del servizio, senza poter chiamare in causa il Comune per l’eventuale loro mancato ottenimento (art. 3), non potendo le clausole medesime essere riferite a quello che, come già scritto, non era solo un presupposto per lo svolgimento dell’attività commerciale in parola ma, ancor prima, un elemento essenziale dell’oggetto del contratto.
Ciò che vuol dirsi, in altri termini, è che l’assenza delle condizioni per l’agibilità del locale -che, ragionevolmente, poteva non emergere in maniera chiara in sede di sopralluogo- rilevava ex se, incidendo sull’oggetto, sulla causa tipica o, comunque, sull’adempimento del negozio, indipendentemente dal profilo del rilascio della relativa certificazione (la quale, peraltro, neppure ha natura propriamente ed esclusivamente autorizzatoria, consistendo in un atto di accertamento che si limita ad attestare una situazione oggettiva; T.a.r. Toscana, II, 9 maggio 2012, n. 903; T.a.r. Umbria, 18 novembre 2010, n. 512).
5.- Tanto scritto a proposito degli effetti che le condizioni del locale e l’assenza della sua agibilità determinavano con riguardo al sinallagma contrattuale, e, per conseguenza, ritenuta la responsabilità dell’amministrazione comunale, il Collegio ritiene, per la quantificazione del danno risarcibile, di utilizzare il procedimento delineato dall’art. 34, comma 4, c.p.a. (in cui è stato trasfuso, con generalizzazione, l’art. 35, comma 2, d.lgs. n. 80 del 1998: <<In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti>>).
In tali casi, dunque, il giudice si limita ad una condanna in ordine all’an, mentre, con riguarda al quantum, solo stabilisce i criteri cui la pubblica amministrazione deve attenersi per formulare una proposta di risarcimento al soggetto leso.
5.1 Pertanto il Collegio, affermata la responsabilità contrattuale del Comune di Lecce, lo condanna al risarcimento del danno in favore della ricorrente, da determinarsi con i seguenti criteri:
- la società ‘Castello Carlo V’ fornirà al Comune la documentazione probatoria relativa alle spese sostenute e ai dedotti mancati guadagni.
- dalla data in cui tale documentazione perverrà al Comune, quest’ultimo avrà un termine di sessanta giorni per proporre alla controparte il pagamento di una somma a titolo di risarcimento, da quantificarsi: a) alla luce dei documenti probatori effettivamente ricevuti; b) tenendo conto, soltanto, delle spese documentalmente dimostrate; c) tenendo conto, inoltre, soltanto delle spese univocamente ed esclusivamente riferibili all’attività economica in oggetto, per come prevista e regolata dal contratto di concessione in uso e da svolgersi nel locale ivi contemplato; d) sottraendo dalle spese, anche pro parte, quelle recuperate con la cessione dei beni acquistati; e) differenziando, nel calcolo dei mancati guadagni, le diverse stagioni dell’anno; f) utilizzando, ancora quanto al calcolo dei mancati guadagni, criteri riferibili a realtà economiche per quanto possibile analoghe a quella de qua; g) aggiungendo gli interessi legali; h) infine riducendo la somma così ottenuta del 30%, e ciò -ex art. 1227 c.c.- in quanto, con un atteggiamento di maggior attenzione, richiedibile a un operatore professionale, il ricorrente avrebbe potuto evitare, almeno in parte, i danni subiti (a esempio acquisendo informazioni sul se e quando il locale avrebbe avuto l’agibilità ovvero rinunciando ad alcune spese prima di ottenerla).
- se la società ricorrente accetterà la proposta, dalla data dell’accettazione decorreranno, per il Comune, sessanta giorni per procedere al pagamento (altrimenti potrà farsi applicazione dell’art. 34, comma 4, citato, secondo cui: <<se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti>>).
6.- Nei sensi fin qui esposti il ricorso deve dunque essere accolto.
7.- Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella somma complessiva di euro 3.500, oltre agli accessori di legge.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 125 del 2010 indicato in epigrafe, lo accoglie nei sensi indicati in motivazione.
Condanna il Comune di Lecce al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate nella somma complessiva di euro 3.500/00, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 13 dicembre 2012, con l’intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere, Estensore
Gabriella Caprini, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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