Un circolo ARCI può vendere le schede per ricariche telefoniche? :-\
Se nel caso fosse un pubblico esercizio...cosa deve presentare?
Un circolo ARCI può vendere le schede per ricariche telefoniche? :-\
Se nel caso fosse un pubblico esercizio...cosa deve presentare?
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Circolari del Ministero delle attività produttive n. 557662 del 18 ottobre 2004, n. 557562 del 18 ottobre 2005 e del 14
febbraio 2006.
“tessere telefoniche prepagate”: ai fini dell'applicabilità o meno delle disposizioni che
concernono l'attività commerciale è necessario fare riferimento alla specificità dei rapporti tra
il soggetto che emette le tessere e quello che le distribuisce. Se il distributore percepisce una
percentuale, un aggio od un qualunque tipo di corrispettivo in proporzione al valore o alla
quantità di tessere telefoniche vendute alla propria clientela, detta attività non può essere
ricondotta a quella di commercio. Se, invece, il distributore acquista in nome e per conto
proprio le tessere per poi rivenderle, può detta attività ricomprendersi fra quelle commerciali.
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Roma, 18/10/2004
Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Prot. N. 557662 Allegati
Al Comune di Roma
Corpo della polizia Municipale
U.O. VI° Municipio
Ufficio Polizia Amministrativa
Via Torre Annunziata, 1
00177 – Roma
OGGETTO: Quesito relativo all’attività di vendita di schede telefoniche.
Codesto Comune a seguito di una comunicazione ai sensi dell’art. 7 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “ per esercizio di vicinato per la vendita di generi
non alimentari all’interno di attività di call center consistente di fatto nella vendita di
schede telefoniche”, chiede di conoscere “ se detta attività debba essere considerata
come vendita di un bene di consumo o se debba intendersi una prestazione di servizio
offerta dall’operatore telefonico (..)”.
Con riferimento a quanto sopra, si fa presente quanto segue.
Si precisa, preliminarmente, che le norme vigenti in materia di esercizio
dell’attività commerciale non impediscono la coesistenza nel medesimo ambito
spaziale di attività di vendita di prodotti non alimentari e attività di call center.
Fermo quanto sopra, si osserva altresì che non risulta alla scrivente l’esistenza
di un quadro normativo autonomo in materia di distribuzione e commercializzazione
di schede telefoniche, dal che discende la necessità di fare riferimento alla specificità
dei rapporti tra il soggetto che le emette e quello che le distribuisce ai fini
dell’applicabilità o meno delle disposizioni che concernono l’attività commerciale.
A tal fine va innanzitutto evidenziato che le tessere, da un punto di vista
giuridico, consentono di identificare nel possessore l’avente diritto alla prestazione
contenuta e precisata nella scheda medesima, alla stessa stregua di una
incorporazione del diritto alla prestazione, avendo la funzione di agevolare la
fruizione del servizio e quindi con natura intrinseca certamente diversa da quella del
prodotto-merce.________ 5
Su quanto sopra evidenziato non ha conseguenze, ad avviso della scrivente, la
sola disposizione vigente che fa riferimento alla vendita di “ tessere prepagate per
servizi vari”, ossia l’art. 56, comma 9, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375,
e relativo allegato 9, come modificato dal decreto ministeriale 17 settembre 1996, n.
561.
Detta disposizione, infatti, che consente ai titolari della tabella riservata ai
rivenditori di generi di monopolio di vendere, unitamente ai prodotti elencati nel
predetto allegato, le menzionate tessere, non cambia la natura giuridica delle
medesime né la connotazione giuridica dei rapporti sottostanti la loro
commercializzazione .
Di conseguenza, la scrivente non ritiene che le tessere prepagate possano
considerarsi un prodotto merce in senso proprio e quindi assoggettato alla disciplina
commerciale.
Quanto sopra, considerato che ai sensi dell’art. 4 del predetto decreto n. 114,
l’attività di vendita al dettaglio consiste nell’ “(..) attività svolta da chiunque
professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree
private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al
consumatore finale”.
Ciò significa che solo se il dettagliante acquistasse in nome e per conto proprio
le schede per poi rivenderle, potrebbe detta attività ricomprendersi fra quelle
commerciali, in conformità all’art. 4, comma 1, lett. b).
Diversamente, ove il distributore/dettagliante percepisca una percentuale, un
aggio od un qualunque tipo di corrispettivo in proporzione al valore o alla quantità di
schede dallo stesso distribuite alla propria clientela, detta attività non può essere
ricondotta a quella di commercio.
Con riferimento a quanto sopra va rilevato altresì che l’attività in questione, ad
avviso della scrivente non potrebbe essere assimilata neanche a quello soggetta ai
sensi dell’art. 115 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Tulps), all’apposita licenza il cui
rilascio è affidato a far data dal 1° gennaio 2001 al Comune competente per territorio
per effetto del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Si rammenta che ai sensi dell’art. 205 del regolamento di esecuzione del R.D.
n. 773, emanato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, sono da ricomprendersi tra le
agenzie di affari “le imprese, comunque organizzate, che si offrono come
intermediarie nell’assunzione o la trattazione di affari altrui, prestando la propria
opera a chiunque ne faccia richiesta”.________ 6
Inoltre, come evidenziato dal Consiglio di Stato (sez. IV, 2 aprile 1996, n. 440),
ai fini della definizione di un’attività come agenzia di affari ai sensi del citato art. 205,
non assumono rilevanza né la circostanza che l’agente non disponga del potere di
impegnare direttamente il soggetto nel cui interesse opera, né le dimensioni
dell’apparato organizzativo, richiedendosi solo che la struttura sia funzionale
all’attività di intermediazione che l’impresa intende svolgere.
Detta situazione, comunque, non si può determinare nel caso in cui un’impresa
eserciti, in maniera prevalente, un’attività di vendita di prodotti o un’attività di
somministrazione di alimenti e bevande.
In tal caso, infatti, l’impresa inevitabilmente manterrebbe la connotazione
giuridica che deriva dallo svolgimento dell’attività principale alla quale la sua
struttura è finalizzata, ossia nei casi citati, quella di vendita o di somministrazione.
Va rilevato, altresì, che l’erogazione del servizio tipico di agenzia implica la
corresponsione di una provvigione che rappresenta il corrispettivo di un’attività che è
di intermediazione e che quindi si limita a porre in contatto e ad agevolare la
conclusione di un affare tra due parti.
Nel caso di vendita di una scheda telefonica, invece, l’acquirente non
corrisponde direttamente alcuna provvigione ma paga semplicemente un importo
prestabilito che non è il costo di una intermediazione ma di un servizio, direttamente
accessibile con l’acquisto di un prodotto, di cui l’acquirente potrà beneficiare, nel caso
di specie la telefonata.
In conseguenza di quanto sopra la vendita di schede telefoniche non può che
connotarsi come un servizio rivolto alla clientela da parte di un’impresa che è
funzionalmente e strutturalmente commerciale o dedita alla somministrazione, e che
quindi non necessita della licenza di cui all’art. 115 del TULPS.
Tale analisi è, peraltro, confortata dalla previsione di cui alla tabella speciale
dell’allegato 9 del D.M. n. 375 del 1988, citata in premessa, ove si consideri che i
titolari di vendite di generi di monopolio rimangono comunque assoggettati alla
normativa che li riguarda anche se provvedono alla vendita di tessere prepagate alla
loro clientela.
Il Direttore Generale
(Mario Spigarelli)