Ciao, una gelateria e una pizzeria, entrambe artigianali, hanno chiesto l'autorizzazione di occupazione di suolo pubblico per installare, nella piazza di fronte ai due esercizi, un gazebo con sedie e tavoli per il consumo dei prodotti da loro venduti, ovviamente senza servizio al tavolo o stoviglie: pensi che sia una cosa fattibile o ci sono degli impedimenti?
Grazie
Non vi è alcun impedimento in quanto ciò è espressamente previsto dall'art. 10, 3°c. della L.R. 22/10/2008 n. 53 recante "Norme in materia di Artigianato".
L’art.cit infatti prevede che l’impresa artigiana possa effettuare “la somministrazione nei locali di produzione e in quelli ad essi adiacenti, utilizzando gli arredi dell’azienda medesima, quale attività strumentale e accessoria alla produzione, con esclusione del servizio di somministrazione assistita e nel rispetto delle vigenti norme igienico sanitarie”.
Tieni conto che il Consiglio di Stato (sentenza n. 5578 del 10/11/2008) è stato di contrario avviso, in quanto, ha ritenuto che per effetto della predisposizione di attrezzature “tipiche” della somministrazione (tra le quali anche i tavoli e le sedie) abbia luogo una trasformazione dell’attività artigiana in attività di somministrazione.
A mio parere, quale che sia l’attrezzatura utilizzata (tavoli, sedie, o la fornitura di stoviglie “a perdere”), o gli spazi occupati dall’attività artigianale, questa continua pur sempre ad effettuare la vendita per il consumo sul posto (o la c.d. somministrazione non assistita) di ciò che produce, sino a quando questa non effettua il servizio al tavolo (raccolta di ordinativi, servizio in senso stretto etc.); in tale ipotesi si ha vera e propria attività di somministrazione, esclusa proprio dalla norma citata.
Ciao, una gelateria e una pizzeria, entrambe artigianali, hanno chiesto l'autorizzazione di occupazione di suolo pubblico per installare, nella piazza di fronte ai due esercizi, un gazebo con sedie e tavoli per il consumo dei prodotti da loro venduti, ovviamente senza servizio al tavolo o stoviglie: pensi che sia una cosa fattibile o ci sono degli impedimenti?
Grazie
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Sottoscrivo al 100% quanto detto da Nicola ed aggiungo soltanto che questa OCCUPAZIONE DI SUOLO PUBBLICO, così come tutte le altre, è regolamentabile dal Comune il quale potrà prevedere limitazioni, vincoli e priorità.
A mio avviso non si può escludere una regolamentazione che dia priorità all'occupazione di esercizi di somministrazione rispetto alle attività artigianali (proprio in virtù del servizio aggiuntivo di somministrazione che possono offrire) o addirittura che neghi il suolo pubblico agli artigiani alimentari (con adeguata motivazione).
In assenza di tale disciplina l'occupazione è possibile.
Già nel 2005 preparai una ordinanza che disciplina tali attività e che è stata usata come bozza da molti comuni.
La allego
Antitrust - LIBERALIZZARE tavoli e sedie nella somministrazione non assistita - avviso al Comune di Lucca
BOLLETTINO N. 51 DEL 9 GENNAIO 2012 pag. 71
Segui qui gli approfondimenti ed i commenti:
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=3667.0
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AS900 – COMUNE DI LUCCA - REGOLAMENTO COMUNALE SUGLI ESERCIZI DI
SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE
Roma 4 gennaio 2012
Sindaco del Comune di Lucca
L’Autorità ha ricevuto una segnalazione, da parte del titolare di un esercizio di vicinato per la
vendita di prodotti di gastronomia nel Comune di Lucca, nella quale si lamentano presunte
distorsioni della concorrenza che deriverebbero dalla recente modifica dell’art. 17 del
Regolamento Comunale sugli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande1, in particolare
laddove la suddetta modifica avrebbe previsto che gli arredi degli esercizi di vicinato non possono
coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione, ossia
tavoli e qualsiasi tipo di seduta.
Inoltre, nella medesima segnalazione sono stati evidenziati gli effetti restrittivi della previsione del
Regolamento comunale nella parte in cui lo stesso dispone che l’apertura di un ristorante sia
condizionata ad una superficie minima di somministrazione pari a 165 m2.
Nel merito, nella sua adunanza del 21 dicembre 2011, l’Autorità ha ritenuto di dover formulare il
presente parere motivato, [color=red]ai sensi dell’articolo 21 bis della legge n. 287/90, così come introdotto
dal decreto legge 6 dicembre 2011, n. 2012, in ordine ai possibili effetti restrittivi della
concorrenza delle suddette previsioni del Regolamento comunale.[/color]
In tale prospettiva, deve essere anzitutto evidenziato come il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito
con la legge 4 agosto 2006, n. 248, all’art. 3 preveda che negli esercizi di vicinato sia consentito il
consumo immediato dei prodotti di gastronomia, utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda e
osservando delle prescrizioni igienico-sanitarie, con la sola esclusione del servizio assistito di
somministrazione.
In merito al contenuto di tale norma, la Circolare esplicativa del Ministero dello Sviluppo
Economico n. 3603/C del 28 settembre 2006 ha poi chiarito che nei locali degli esercizi di vicinato
gli arredi non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di
somministrazione, né può essere ammesso il servizio assistito.
Fermo restando quanto sopra, la medesima Circolare ha infine evidenziato che è “ammissibile […]
l’utilizzo negli esercizi di vicinato di piani di appoggio di dimensioni congrue all’ampiezza ed alla
capacità ricettiva del locale, nonché la fornitura di stoviglie e posate a perdere”.
Pertanto, la Circolare se da un lato ha escluso che negli esercizi di vicinato possa essere ammesso
il servizio assistito, dall’altro non ha espressamente vietato che il consumo sul posto possa
svolgersi attraverso l’utilizzo di sedute.
A quest’ultimo proposito, infatti, in relazione agli arredi degli esercizi di vicinato, la Circolare si è
limitata ad indicare come questi ultimi, svolgendo un’attività di vendita e non tipicamente di
somministrazione, non possano utilizzare gli arredi-tipo di un esercizio di somministrazione, senza
tuttavia introdurre il divieto esplicito di utilizzare una qualsiasi tipologia di seduta, quanto meno in
ausilio al consumo sui piani d’appoggio.
[color=red]In ogni caso, il recente decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre
2011, n. 148, al Titolo II, art. 3, ha espressamente previsto il principio secondo cui l’iniziativa e
l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato
dalla legge, concedendo ai Comuni un anno dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione per adeguare i propri ordinamenti al medesimo principio.[/color]
Ancora più recentemente, il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, all’art. 34, comma 2, ha
previsto che la disciplina delle attività economiche debba essere improntata al principio di libertà
di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse
generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono
giustificare l’introduzione di atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel
rispetto del principio di proporzionalità.
Tanto premesso in punto di diritto, deve rilevarsi come,[color=red] nella misura in cui limita l’esercizio delle
attività economiche degli esercizi di vicinato in assenza di un espresso divieto posto da una norma
di legge (ad esempio, correlato ad esigenze di protezione della salute umana, ecc.), la modifica
apportata al Regolamento comunale appaia in grado di determinare un ingiustificato svantaggio
competitivo a danno di tale tipologia di esercizi commerciali.[/color]
Sul punto, l’Autorità ritiene, dunque, che [color=red]agli esercizi di vicinato non debba essere preclusa la
possibilità di utilizzare i propri arredi, ivi compresi tavoli e sedute, ai fini del consumo immediato
dei prodotti di gastronomia da parte della propria clientela.[/color]
Infine, con specifico riferimento alla previsione del Regolamento comunale secondo cui l’apertura
di un ristorante è condizionata ad una superficie minima di somministrazione pari a 165 m2, si
rileva come la stessa appaia in grado di rappresentare una barriera all’accesso all’attività di
ristorazione, senza che vi siano, peraltro, peculiari ragioni sottese all’opportunità della medesima
previsione.
In merito a tale previsione, l’Autorità ritiene che l’individuazione della superficie da riservare
all’attività economica debba essere rimessa alla libera iniziativa di ciascun soggetto attivo sul
mercato, quando non trovino giustificazione, come nel caso di specie, previsioni che definiscono
per via regolamentare superfici minime di riferimento.
Ai sensi del citato art. 21 bis, comma 2, della legge n. 287/90, codesta amministrazione deve
comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione del presente parere, le
iniziative adottate in relazione alle problematiche sopra evidenziate.
Laddove entro tale termine essa non dovesse conformarsi ai principi concorrenziali sopra espressi,
l’Autorità potrà presentare ricorso entro i successivi trenta giorni.
IL PRESIDENTE
Giovanni Pitruzzella