Buona sera!
Sono proprietaria, insieme a mio marito, di due appartamenti nello stesso stabile, in cui non risediamo (e che risultano essere la nostra seconda e terza casa). A giorni, dovremmo stilare un contratto di comodato d'uso gratuito per cederli a una associazione culturale che vi svolgerà alcune delle proprie attività, in particolare dei corsi i musica per i propri soci. La destinazione d'uso dell'immobile è residenziale e non vorrmmo modificarla per poter detrarre le spese da noi sostenute per la ristrutturazione, che è stata fatta rispettando tutte le prescrizioni riguardanti un normale abitazione. L'associazione si sta trasformando in APS e sta predisponendo tutta l'insonorizzazione utile per non infastidire i vicini e tutte le misure richieste da DVR e un piano anti-incendio. Pensate che sia tutto in regola? All'avvio dei corsi e delle altre attività sociali (principalmente riunioni tra soci) bisognerà chiedere qualche autorizzazione al Comune?
Grazie anticipatamene e cordiali saluti
Antonella
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Ai sensi dell'art. 32 comma 4 della L. 7-12-2000 n. 383 "Disciplina delle associazioni di promozione sociale" la sede delle [b]associazioni di promozione sociale[/b] ed i locali nei quali si svolgono le relative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.
Per le altre forme di associazioni deve far riferimento al regolamento comunale.
Verifichi anche l'eventuale regolamento di condominio, se gli appartamenti sono soggetti.
L'attività è libera salvo che ci sia somministrazione, che va comunicata al SUAP.
Considerato che nei locali verranno svolte attività rivolte ad una complessità di persone, aggiungerei che deve comunque essere osservata la normativa che disciplina l'accessibilità e le barriere architettoniche.
riferimento id:10716Grazie a entrambi! Sono già stati fatti tutti i lavori per rendere gli spazi accessibili ai diversamente abili; non ci sarà somministrazione di alimenti e bevande e lo stabile di cui fanno parte i due appartaenti che verranno dati in comodato d'uso è indipendente, dunque non ci sono altri residenti.
L'ufficio tecnico del Comune sostiene, però, che in una "residenza" (per quanto seconda casa), non si possa fare altro che "risiedere" ed esclude qualunque altro tipo di "uso"; addiritura, il geometra dell'Ufficio Tecnico ha detto che, nel corso di un eventuale sopralluogo, dovremo mostrare la camera da letto e la cucina (ci sono tutti gli "attacchi", naturalmente, ma senza gli elettrodomestici... e la "camera da letto" non è arredata: potrebbe essere un problema?).
Il sindaco, invece, sstiene che la presenza di una sede associativa in una zona residenziale comporterà notevoli problemi di viablità. l direttivo dell'associazione ha già segnalato ai propri soci tutte le possibili aree vicine alla futura sede, in cui parcheggiare le eventuali automobili. La futura sede , comunque, è dotata di parcheggi interni che verranno messi a disposizione dei soci (soprattutto dei diversamente abili e dei genitori con più bambini molto piccoli). Le strade attigue sono pubbliche, non private, e, a loro volta, otate diun certo numero di parcheggi pubblici. Fino a che punto è possibile che una Amministrazine Comunale osteggi, con reali riscontri formali, lo svolgimento delle attività dell'associazione?
Scusate se mi sono molto dilungata, ma mi sembra di vivere "sotto assedio".
Cordiali saluti
Antonella Moretti
L'amministrazione comunale deve garantire il governo delle leggi contrapponendosi al governo degli uomini. Massimo rispetto per le opinioni del Sindaco e dell'Ufficio ma in questo caso bisogna farsene una ragione perchè lo Stato ha stabilito delle eccezioni. Infrazioni alla viabilità o altro saranno eventualmente sanzionate a tempo debito.
riferimento id:10716Grazie infinite!
Cordiali saluti
Antonella Moretti
ASSOCIAZIONI possono localizzarsi a prescindere dalla destinazione d'uso
[color=red][b]TAR PUGLIA – LECCE, SEZ. I – sentenza 13 settembre 2017 n. 1447 [/b][/color]
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