Salve,
ho visto che è uscita una sentenza della Cassazione (sez. III n. 2340 del 17/1/13) che ha stabilito che gli scarichi idrici degli studi odontoiatrici non sono assimilabili ai domestici ma sono da considerare scarchi industriali....
1) Questo significa che per l'apertura di un nuovo studio professionale odontoiatrico (oltre alla Scia o Aut. LR 51/09) deve essere presentata anche richiesta di autorizzazione allo scarico?
2) Questa sentenza è prevalente sulla normativa (nazionale e regionale) vigente? Perché con il DPR 227/2011 gli scarichi degli "ambulatori medici, studi veterinari o simili, purché sprovvisti di laboratorio di analisi e ricerca" erano stati inseriti nella Tabella 2 dell'Allegato A e cioè fra gli scarichi che generano acque reflue asimilate alle domestiche ... e anche la normativa della Regione Toscana di cui al DPGR 46/R-2008 li inserisce fra gli scarichi assimilati ai domestici ...
3) Se prevale sulla normativa e quindi i dentisti devono acquisire l'autorizzazione allo scarico, per gli esistenti cosa si deve fare?
grazie
Anna
1) Questo significa che per l'apertura di un nuovo studio professionale odontoiatrico (oltre alla Scia o Aut. LR 51/09) deve essere presentata anche richiesta di autorizzazione allo scarico?
[color=red]Sì, la regola è questa. Abbiamo pubblicato questa recentissima sentenza che è disponibile integralmente nel forum su http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=10491.msg20177#msg20177. La sentenza della Corte sembra puntuale.[/color]
2) Questa sentenza è prevalente sulla normativa (nazionale e regionale) vigente? Perché con il DPR 227/2011 gli scarichi degli "ambulatori medici, studi veterinari o simili, purché sprovvisti di laboratorio di analisi e ricerca" erano stati inseriti nella Tabella 2 dell'Allegato A e cioè fra gli scarichi che generano acque reflue asimilate alle domestiche ... e anche la normativa della Regione Toscana di cui al DPGR 46/R-2008 li inserisce fra gli scarichi assimilati ai domestici ...
[color=red]Vero. La sentenza della Corte lo dice espressamente nella parte finale (http://www.lexambiente.it/acque/159-cassazione-penale159/8975-acque-reflui-provenienti-da-studio-odontoiatrico.html) dicendo che anche in presenza di una disciplina regionale sull'assimilazione resta fermo il carattere industriale.
Quindi: va disapplicata la disciplina regionale (quantomeno ai fini penali)[/color]
3) Se prevale sulla normativa e quindi i dentisti devono acquisire l'autorizzazione allo scarico, per gli esistenti cosa si deve fare?
[color=red]FARLI ADEGUARE il prima possibile.[/color]
Non sono d'accordo in punto di diritto: una sentenza della Cassazione non può in alcun modo comportare una disapplicazione di una norma, applicandosi la stessa soltanto al caso specifico, anche perché niente impedisce che tra un mese un'altra sezione della Corte dica esattamente il contrario. Diverso sarebbe se intervenisse una modifica alla disciplina regionale o al codice dell'ambiente, ma in mancanza di questa, non vedo in base a quale titolo di legittimazione si possa obbligare i dentisti (ma per analogia dovrebbero essere a questo punto ricompresi tutti gli studi medici, veterinari e simili, trattandosi tutte di attività non domestiche, nell'accezione individuata dalla Corte) ad adeguarsi in senso contrario a quanto disposto dalla normativa ancora vigente.
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Non sono d'accordo in punto di diritto: una sentenza della Cassazione non può in alcun modo comportare una disapplicazione di una norma, applicandosi la stessa soltanto al caso specifico, anche perché niente impedisce che tra un mese un'altra sezione della Corte dica esattamente il contrario. Diverso sarebbe se intervenisse una modifica alla disciplina regionale o al codice dell'ambiente, ma in mancanza di questa, non vedo in base a quale titolo di legittimazione si possa obbligare i dentisti (ma per analogia dovrebbero essere a questo punto ricompresi tutti gli studi medici, veterinari e simili, trattandosi tutte di attività non domestiche, nell'accezione individuata dalla Corte) ad adeguarsi in senso contrario a quanto disposto dalla normativa ancora vigente.
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Sì, la questione è particolarmente delicata (anche in punto di fine diritto).
Io la vedo così:
1) il Testo Unico dlgs 152/2006 all'art. 101 prevede i criteri generali in materia di scarichi
2) lo stesso articolo definisce gli scarichi assimilati (in via eccezionale), come deroga al criterio generale di classificazione indusatriale degli scarichi
3) al comma 7 punto e) vi ricomprende quelli "aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale"
Il punto fondamentale è che la Cassazione sembra escludere l'esistenza di una legittima disciplina regionale che inserisca gli studi odontoiatrici (e per ora solo quelli) nella previsione di questo punto in quanto NON AVENTI CARATTERISTICHE QUALITATIVE EQUIVALENTI.
Quindi la Cassazione ritiene che lo Stato non abbia "legittimato" le Regioni a stabilire autonomamente le tipologie di scarichi assimilati se essi sono manifestamente non equivalenti in base ai criteri dettati dal Testo Unico.
In questa ottica cosa accade se l'interprete (prima di tutto il dipendente SUAP, poi l'operatore di vigilanza, quindi il giudice) si trova di fronte ad una disciplina regionale che introduce scarichi NON EQUIVALENTI? La deve applicare in quanto fonte del diritto fintanto che non venga annullata o la deve ritenere al di fuori del campo di applicazione dell'art. 101.
La Cassazione (non so se correttamente!) ritiene che NON SI DEBBA APPLICARE.
In questo senso ho suggerito la soluzione della precedente risposta. Ma concordo con Simone Ruffa .... la questione è controversa
****************
D.Lgs. 3-4-2006 n. 152
Norme in materia ambientale.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 aprile 2006, n. 88, S.O.
(commento di giurisprudenza)
101. Criteri generali della disciplina degli scarichi.
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:
a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.
3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4 (344).
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.
7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame (345);
c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.
8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (346), al Servizio geologico d'Italia -Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) (347) e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 5 (348).
9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.
10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità (349) (350) (351).
(344) Comma modificato dall’art. 2, comma 8, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.
(345) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 8, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.
(346) L'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 ha disposto, tra l'altro, che nel presente provvedimento, ovunque ricorrano, le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio», siano sostituite dalle seguenti: «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» siano sostituite dalle seguenti: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».
(347) L'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 ha disposto, tra l'altro, che nel presente provvedimento, ovunque ricorrano, le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» siano sostituite dalle seguenti: «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale», e la parola «APAT» sia sostituita dalla seguente: «ISPRA».
(348) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
(349) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.
(350) Vedi, anche, l'art. 2, D.P.R. 19 ottobre 2011, n. 227.
(351) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 101, comma 7, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 101, comma 7, proposte in riferimento agli artt. 76 e 117 Cost.; ha dichiarato, ancora, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 101, comma 7, proposta in riferimento all'art. 76 Cost.; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 101, comma 7, proposte in riferimento agli artt. 76, 114, 117, primo e terzo comma, e 118 Cost.; ha dichiarato, infine, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 101, comma 7, proposta in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.